Mieloma multiplo: bene mezigdomide in aggiunta a desametasone


Mieloma multiplo ricaduto/refrattario: arrivano risultati promettenti per il nuovo immunomodulante mezigdomide in aggiunta a desametasone

Mieloma multiplo: arrivano risposte promettenti e durature con il bispecifico elranatamab nei pazienti triplo- o penta-refrattari

Secondo i dati di uno studio di fase 1/2 da poco pubblicato sul New England Journal of Medicine, denominato CC-92480-MM-001, in pazienti con mieloma multiplo recidivante/refrattario pesantemente pretrattati il trattamento con mezigdomide (un nuovo immunomodulante noto anche con la sigla CC-92480) in aggiunta a desametasone ha prodotto risposte incoraggianti, con un profilo di sicurezza costituito principalmente da effetti avversi mielotossici.

Con un follow-up mediano di 6,3 mesi (range: 0,6-33,1), nei 77 pazienti trattati nella coorte di fase 1 di dose-escalation,si è osservato un tasso di risposta obiettiva (ORR) del 25% (IC al 95% 16%-36%), con un tasso di risposta completa dell’1%, un tasso di risposta parziale molto buona del 12% e un tasso di risposta parziale del 12%. È stata osservata una risposta minima nel 5% dei pazienti, una stabilizzazione della malattia nel 44% e una progressione della malattia nel 22%, mentre non è stato possibile valutare la risposta nel 4% dei pazienti.

Con un follow-up mediano di 7,5 mesi (range: 0,5-21,9), nei 101 pazienti trattati nella coorte di fase 2 di dose-expansion l’ORR è risultato del 41% (IC al 95%,31%-51%), con un tasso di risposta completa stringente del 2%, un tasso di risposta completa del 3%, un tasso di risposta parziale molto buona del 20% e un tasso di risposta parziale del 16%. I tassi di risposta minima, stabilizzazione della malattia e progressione della malattia sono risultati rispettivamente del 6%, 39% e 10%, mentre non è stato possibile valutare la risposta nel 5% dei pazienti.

«Questo studio ha confermato che la potente degradazione del substrato osservata negli studi preclinici sulla mezigdomide si è tradotta in efficacia clinica nei pazienti con mieloma recidivante e refrattario, anche quelli con malattia refrattaria a lenalidomide e pomalidomide», scrivono gli autori dello studio, coordinati da Paul G. Richardson, leader del programma clinico e direttore della ricerca clinica presso il Jerome Lipper Multiple Myeloma Center del Dana-Farber Cancer Center e professore di medicina presso l’Università di Harvard entrambi a Boston.

Nella coorte di dose-escalation, gli eventi avversi più comuni sono stati neutropenia (di qualsiasi grado: 81%; di grado 3: 23%; di grado 4: 48%), anemia (61%; 38%; 0%), trombocitopenia (51% ; 12%; 12%), infezioni/infestazioni (74%; 36%; 4%) e affaticamento (40%; 10%; 0%). Le tossicità dose-limitanti (DLT) più comuni sono state neutropenia e neutropenia febbrile. Sei pazienti sono morti per ragioni diverse dalla progressione della malattia, mentre gli eventi avversi hanno portato a tre decessi, causati da una polmonite da rinovirus, un’influenza e un ascesso cerebrale associato a meningoencefalite causata da un’infezione da Listeria. Solo l’ascesso cerebrale è stato considerato correlato al trattamento in studio. Inoltre, due pazienti sono deceduti a causa di una malattia maligna che non soddisfaceva i criteri specifici dell’International Myeloma Working Group per la progressione della malattia.

Nella coorte di dose-expansion, gli eventi avversi più comuni sono stati a neutropenia (di qualsiasi grado: 77%; di grado 3: 22%; di grado 4: 54%), anemia (52%; 35%; 1%), trombocitopenia (43 %; 14%; 14%), infezioni/infestazioni (65%; 29%; 6%) e affaticamento (36%; 5%; 0%). Cinque decessi sono stati attribuiti a eventi avversi, tra cui una polmonite da Pneumocystis jiroveci (in due pazienti), una polmonite (in un paziente), COVID-19 (in un paziente) e shock settico (in un paziente). Due pazienti sono morti a causa della malattia maligna e uno per una causa sconosciuta. Il decesso dovuto alla causa sconosciuta e quello dovuto alla polmonite da Pneumocystis jiroveci sono stati considerati correlati al trattamento.

Mezigdomide, immunomodulante di nuova generazione
La mezigdomide è un farmaco immunomodulante (IMiD) che agisce sulla proteina cereblon, così come gli IMiD lenalidomide e pomalidomide, ma appartiene a una nuova classe di degradatori proteici, quella dei cosiddetti CELMoD (acronimo di cereblon E3 ligase modulatory drug).

In un editoriale di commento allo studio, Jake Shortt, della Monash University di Clayton, in Australia, spiega che cereblon agisce come adattatore del substrato per un complesso proteico (il complesso E3 ubiquitina ligasi) che ‘marca’ le proteine substrato con l’ubiquitina, segnalandone la disponibilità alla degradazione da parte del proteasoma (degradazione proteica mediata dall’ubiquitina). Gli IMiD inibiscono l’autoubiquitinazione di cereblon e la sua degradazione da parte del proteasoma, stabilizzandone così l’espressione.

L’espressione di cereblon è essenziale per l’attività antimieloma degli IMid, spiega l’editorialista; tuttavia, ad essere critica per la sopravvivenza delle cellule mielomatose non è direttamente questa proteina, bensì due suoi substrati, i fattori di trascrizione Ikaros and Aiolos, che vengono ubiquitinati dal complesso ubiquitina ligasi-cereblon e quindi degradati. Oltre ad essere fattori critici per la sopravvivenza delle cellule del mieloma, Ikaros and Aiolos sopprimono la produzione di interleuchina 2 da parte delle cellule T, il che spiega la capacità degli IMiD di uccidere le cellule mielomatose e contemporaneamente stimolare le cellule T.

I CELMoD (mezigdomide e un altro composto chiamato iberdomide) sono stati disegnati in modo da avere maggiore potenza e selettività nei confronti di cereblon rispetto agli IMiD convenzionali, ottenendo una maggiore stimolazione immunitaria. La mezigdomide, in particolare, è stata specificamente disegnata per ottenere una degradazione rapida, potente, e profonda di Ikaros and Aiolos.

La degradazione di Ikaros and Aiolos indotta dalla mezigdomide produce effetti citotossici potenziati sulle cellule mielomatose in vitro, comprese quelle resistenti alla lenalidomide e alla  pomalidomide e quelle in cui cerebrlon è sottoregolata, oltre che un’attività di stimolazione immunitaria diretta da parte delle cellule T e natural killer. Inoltre, mezigdomide ha mostrato potenti effetti sinergici quando utilizzata in combinazione con desametasone e altri agenti anti-mieloma in vitro. Da qui il razionale preclinico per lo studio CC-92480-MM-001.

Lo studio CC-92480-MM-001
Lo studio CC-92480-MM-001 .(NCT03374085) è uno studio multicentrico internazionale, in aperto. Nella fase di dose-escalation dello studio Richardson e i colleghi hanno arruolato pazienti di almeno 18 anni di età con mieloma multiplo recidivante/refrattario che erano già stati sottoposti ad almeno tre linee di terapia, tra cui lenalidomide, pomalidomide, un inibitore del proteasoma, un glucocorticoide e un anticorpo anti-CD38. I pazienti dovevano essere andati incontro a una progressione della malattia durante i 60 giorni successivi alla dose finale della loro ultima terapia anti-mieloma; inoltre dovevano avere un performance status ECOG compreso tra 0 e 2 e un’adeguata funzionalità midollare, renale e cardiaca. I pazienti arruolati nella parte di dose-expansion dovevano avere, inoltre, una malattia refrattaria a lenalidomide e/o pomalidomide, un glucocorticoide, un inibitore del proteasoma e un anticorpo anti-CD38.

Nella fase 1 sono state valutate quattro schedule di somministrazione di mezigdomide più desametasone: due con trattamento continuo e due con trattamento intensivo-intermittente. Le schedule con trattamento continuo prevedevano 10 giorni di terapia, seguiti da 4 giorni di riposo, e poi la ripetizione di questo schema (schedula da 10 giorni), oppure 21 giorni consecutivi di trattamento, seguiti da 7 giorni di riposo (schedula da 21 giorni) e poi la ripetizione di questo schema. I pazienti trattati con una schedula intensiva-intermittente hanno ricevuto il trattamento per 3 giorni, seguiti da 11 giorni di pausa, ripetendo poi questo schema (schedula da 3 giorni), oppure 7 giorni di trattamento, seguiti da 7 giorni di pausa, quindi ripetuti (schedula da 7 giorni). Mezigdomide è stata somministrata fino a una dose massima tollerata di 1 mg.

Nella fase 2, i pazienti sono stati trattati con mezigdomide 1 mg di una volta al giorno più desametasone per 21 giorni, seguiti da 7 giorni di riposo, in cicli di 28 giorni.

Gli endpoint primari per la parte di fase 1 dello studio, quella di dose-escalation, erano la sicurezza, la farmacocinetica e la determinazione della dose massima tollerata e della dose raccomandata per la fase 2 (RP2D). Per la fase 2, quella di dose-expansion, l’endpoint primario era l’ORR, mentre gli endpoint secondari includevano la sicurezza, la durata della risposta (DOR), la sopravvivenza libera da progressione (PFS), il tasso di beneficio clinico e tasso di controllo della malattia.

Le caratteristiche dei pazienti
Nella coorte di dose-escalation, l’età mediana dei partecipanti era di 65 anni (range: 40-78) e la maggior parte era di sesso maschile (58%), bianca (90%) e con un performance status ECOG pari a 1 (64%). Il tempo mediano dalla diagnosi era di 7,2 anni (range: 0,9-23,2).

Inoltre, il 32% dei pazienti aveva un punteggio dell’International Staging System (ISS) pari a I, il 44% pari a II, il 22% pari a III e per l’1% mancava il dato. Il 30% dei pazienti aveva un profilo citogenetico ad alto rischio, il 6% aveva un rischio standard e per il 64% mancavano dati al riguardo. Il 35% dei pazienti presentava plasmocitomi.

I pazienti di questa coorte avevano già effettuato una mediana di sei linee di terapia (range: 2-13), comprendenti il trapianto di cellule staminali (78%), un inibitore del proteasoma (100%), lenalidomide (99%), pomalidomide (92%) e un anticorpo anti-CD38 (78%). Il 12% dei pazienti aveva anche già effettuato una terapia anti-BCMA, che poteva essere un coniugato anticorpo-farmaco (ADC; 9%), un anticorpo bispecifico (1%) o una terapia con cellule CAR-T (1%). Inoltre, il 95% dei pazienti erano refrattario a un immunomodulante, l’81% a lenalidomide, l’84% a pomalidomide, il 75% a un inibitore del proteasoma e il 70% a un anticorpo anti-CD38, mentre il 56% era triplo-refrattario.

Nella coorte di dose-expansion, l’età mediana era di 67 anni (range: 42-85). La maggior parte dei pazienti era di sesso maschile (54%), bianca (76%) e aveva un performance status ECOG pari a 1 (56%). Il tempo mediano dalla diagnosi era di 7,4 anni (range: 1,1-37,0). Il 39% dei pazienti aveva un punteggio ISS pari a I, il 41% pari a II e il 21% pari a III. Il 37% dei pazienti aveva un profilo citogenetico ad alto rischio, l’8% un rischio standard e per il 55% mancava il dato. Il 40% dei pazienti aveva plasmocitomi.

Anche i pazienti di questa coorte avevano già effettuato una mediana di sei linee di terapia (range: 3-15). Tutti erano stati precedentemente trattati con un inibitore del proteasoma, lenalidomide, pomalidomide e un anticorpo anti-CD38. Inoltre, il 77% era stato sottoposto in precedenza a un trapianto di cellule staminali e il 30% a una terapia anti-BCMA, rappresentata da un ADC (22%), un anticorpo bispecifico (8%) o una terapia con cellule CAR-T (3%). Tutti erano triplo-refrattari, l’88% era refrattario alla lenalidomide e il 96% alla pomalidomide.

Altri risultati 
La mediana della DOR nella coorte della fase 1 è risultata di 6,0 mesi (IC al 95%, 1,9-11,1). Nei 10 pazienti di questa coorte trattati con la schedula da 10 giorni l’ORR è risultato del 40% e negli 11 trattati con la schedula da 21 giorni con 1 mg di mezigdomide del 55%; in questi 11 pazienti, la mediana della DOR è risultata di 9,2 mesi (IC al 95%, 1,0-12,2).

Nella coorte della fase 2, la mediana della DOR è risultata di 7,6 mesi (IC al 95% 5,4-9,5), anche se i dati non erano ancora maturi al momento dell’analisi. La mediana di PFS è risultata di 4,4 mesi (IC al 95%, 3,0-5,5) e i dati sulla sopravvivenza globale non erano maturi.

Nei 40 pazienti trattati nella fase 2 che avevano plasmocitomi l’ORR è risultato del 30% (IC al 95% 17%-46%) e nei 30 già trattati con una terapia anti-BCMA del 50% (IC al 95% 31%-69%). Nei pazienti trattati precedentemente con una terapia anti-BCMA, la mediana della DOR è risultata di 6,9 mesi (IC al 95% 4,5-non stimabile [NE]) e la PFS mediana di 5,4 mesi (IC al 95% 2,1-9,4). Nei 37 pazienti con un profilo citogenetico ad alto rischio l’ORR è risultato del 32% (IC al 95% 18%-50%) con una mediana della DOR di 10 mesi (IC al 95% 1,9-NE) e una PFS mediana di 2,8 mesi (IC al 95%, 1,9-4,7).

Nella fase 1, gli eventi avversi hanno richiesto riduzioni della dose nel 25% dei pazienti. Nella fase 2, il 29% dei pazienti è stato sottoposto a riduzioni della dose a causa di eventi avversi e il 6% ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi. Inoltre, il 10% ho dovute ricorrere a due o più riduzioni di dosaggio.

«Gli eventi avversi correlati alla malattia sono stati la causa di decesso più comune durante lo studio in questa popolazione pesantemente pretrattata, e solo un numero limitato di eventi avversi è stato considerato correlato al farmaco in studio», concludono Richardson e i colleghi. «Dato il profilo di sicurezza della dose da 1 mg, si continuerà a valutare le opzioni di dosaggio di mezigdomide più desametasone in combinazione con altri agenti».

I prossimi passi
A questo riguardo, spiega Shortt nel suo editoriale, è attualmente in corso uno studio di fase 3 (NCT05519085) in cui si confronta mezigdomide in combinazione con bortezomib e desametasone con la tripletta pomalidomide-bortezomib-desametasone.

Tuttavia, osserva l’esperto, la combinazione di mezigdomide con classi di farmaci che causano anche suscettibilità alla neutropenia potrebbe rivelarsi meno fattibile.

L’editorialista ricorda, infine, che la cura del mieloma sta venendo rivoluzionata dalle immunoterapie come gli anticorpi bispecifici e le cellule CAR-T. «Poiché la mezigdomide presenta le stesse caratteristiche immunostimolanti degli IMiD suoi predecessori, potrebbe anche essere ben associata con questi approcci basati sulle cellule effettrici immunitarie», conclude Richardson.

Bibliografia
P.G. Richardson, et al. Mezigdomide plus dexamethasone in relapsed and refractory multiple myeloma. N Engl J Med. Published online August 30, 2023; doi: 10.1056/NEJMoa2303194.
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J. Shortt. Mezigdomide and Multiple Myeloma. N Engl J Med. Published online August 30, 2023; doi: 10.1056/NEJMe2307370.
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