Mastocitosi sistemica: ecco i vantaggi dei farmaci di nuova generazione. Oltre ai chemioterapici tradizionali oggi disponibili gli inibitori delle tirosin-chinasi
La mastocitosi sistemica è una patologia caratterizzata dalla proliferazione e dall’accumulo di mastociti aberranti (cellule immunitarie anomale) che può avvenire a carico di diversi organi e tessuti: più frequentemente la cute, il midollo osseo, il fegato, la milza, il tratto gastroenterico e i linfonodi. Rappresenta la forma di mastocitosi più frequente in età adulta e per definizione deve interessare almeno un organo o un tessuto extra-cutaneo indipendentemente dalla presenza o meno di lesioni cutanee.
La dr.ssa Mariarita Sciumè, della Struttura Complessa di Ematologia della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, parla di questa patologia.
“La diagnosi avviene di solito tra i 20 e i 50 anni di età, con un rapporto maschi/femmine pari a 1. Per la maggior parte si tratta di casi sporadici, mentre raramente sono state descritte forme familiari”, spiega l’esperta, che recentemente – in una revisione pubblicata sulla rivista Pharmaceuticals – ha fornito una panoramica di tutti i trattamenti disponibili per questa condizione.
Dottoressa, quali sono le diverse varianti della patologia?
Sulla base della classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità aggiornata nel 2022, la mastocitosi sistemica può essere distinta in sei diverse varianti: la forma limitata al midollo osseo (bone marrow mastocytosis), la mastocitosi sistemica indolente, la mastocitosi sistemica smoldering, la mastocitosi sistemica aggressiva, la forma con un’associata neoplasia ematologica e la leucemia mastcellulare. Le ultime tre condizioni patologiche identificano le mastocitosi sistemiche avanzate. La variante indolente rappresenta la forma più frequente con una prognosi generalmente favorevole e un’aspettativa di vita quasi normale; al contrario le forme avanzate possono essere associate a segni di disfunzione d’organo e a una prognosi più severa”.
Quali sono le cause della malattia e i suoi principali sintomi?
“La mastocitosi sistemica è una malattia clonale dei mastociti, cellule che hanno origine nel midollo osseo e che normalmente fungono da effettori del sistema immunitario con un ruolo importante nella difesa dell’organismo dalle infezioni e nella mediazione delle reazioni allergiche e infiammatorie. Nella maggior parte dei pazienti con mastocitosi sistemica (circa l’85-90%) è possibile riscontrare la mutazione puntiforme D816V del gene KIT che codifica per un recettore tirosin-chinasico con un ruolo chiave nella regolazione della proliferazione, attivazione e differenziamento delle mastcellule. Circa nel 15% dei pazienti, i mastociti tumorali hanno una mutazione nel gene KIT diversa da D816V. Tutte le mutazioni che interessano il gene KIT sono in grado di provocare un’attivazione spontanea del recettore e la conseguente proliferazione incontrollata dei mastociti; tali mutazioni non sono congenite, ma acquisite nel corso della vita per cause che rimangono ancora oggi da chiarire.
Dal punto di vista clinico la mastocitosi sistemica è un disordine estremamente eterogeneo e lo spettro di manifestazioni può essere legato al rilascio inappropriato di mediatori chimici mastocitari (prurito, orticaria, flushing [eritema transitorio occasionale causato da vasodilatazione, N.d.R.], nausea, vomito, dolore addominale, diarrea, mialgie, dolori ossei, anafilassi, sincope/pre-sincope, osteopenia/osteoporosi con e senza fratture patologiche), oppure all’infiltrazione tissutale da parte dei mastociti che può esitare nella compromissione della funzionalità d’organo tipica delle forme più aggressive. Gli organi e i tessuti più frequentemente interessati sono il midollo osseo, la milza, il fegato, i linfonodi e il tratto gastrointestinale. La cute è più spesso coinvolta nelle forme indolenti e smoldering [asintomatiche, N.d.R.], con presenza di lesioni rosso-brunastre, diffuse soprattutto al tronco e agli arti e associate al tipico segno di Darier (comparsa di gonfiore, eritema e prurito nell’area della lesione quando sottoposte a sfregamento). Le reazioni anafilattiche possono interessare fino al 50% degli adulti con mastocitosi sistemica. Le punture di imenotteri (api e vespe) rappresentano il fattore che più comunemente è in grado di scatenare delle reazioni severe. Sono riportate anche forme di anafilassi idiopatiche ed episodi dopo l’assunzione di farmaci (antiinfiammatori non steroidei, aspirina, anestetici, miorilassanti), mezzo di contrasto, alimenti e stimoli fisici massivi (ad esempio cambiamenti repentini di temperatura)”.
Quali sono i farmaci attualmente approvati, sintomatici o diretti alla causa della malattia?
“L’approccio terapeutico di base per i pazienti che presentano sintomi da rilascio dei mediatori è rappresentato dall’utilizzo di farmaci antistaminici. Gli antistaminici anti-H1 (ad esempio levocetirizina, desloratadina, etc.) sono efficaci nel ridurre il prurito, gli episodi di flushing e l’orticaria, mentre l’impiego degli anti-H2 (cimetidina, famotidina) o degli inibitori di pompa protonica è indicato in particolare nei pazienti con sintomi gastrointestinali. Questi ultimi rispondono generalmente anche all’utilizzo dello stabilizzatore della membrana mastocitaria sodio cromoglicato. L’impiego combinato degli anti-H1, anti-H2 e/o del sodio cromoglicato è raccomandato per la gestione della cefalea e la profilassi degli episodi di ipotensione o di anafilassi idiopatica ricorrente. Inoltre, nei pazienti non responsivi e con sintomi severi, in particolare nei casi di anafilassi idiopatica, può essere attuata una richiesta specifica (off-label) per singolo paziente del farmaco omalizumab (anticorpo monoclonale anti-IgE). Nell’ambito dell’immunoterapia è necessario ricordare che i pazienti che hanno manifestato reazioni allergiche alle punture di imenottero devono iniziare al più presto, in ambiente protetto e in centri allergologici specializzati, un’immunoterapia specifica nei confronti del veleno dell’insetto che ha provocato la reazione.
Alcuni pazienti con mastocitosi sistemica possono sviluppare reazioni anafilattiche anche gravi, è pertanto indicata la prescrizione da parte dello specialista allergologo di adrenalina autoiniettabile da usare in caso di emergenza. Nei pazienti il cui quadro clinico è complicato da osteoporosi è raccomandato l’uso di supplementazione di vitamina D (se carente) e di bifosfonati; casi particolari possono giovare dell’impiego dell’anti-RANK ligando denosumab. La terapia citoriduttiva è indicata nei pazienti affetti da mastocitosi avanzata con l’obiettivo di ridurre la proliferazione dei mastociti e il danno d’organo indotto dall’infiltrazione neoplastica; essa include farmaci chemioterapici (cladribina), biologici (interferone alfa), inibitori delle tirosin-chinasi (imatinib, midostaurina, avapritinib). La cladribina può essere somministrata per via endovenosa o sottocutanea e il suo utilizzo è suggerito nei casi in cui sia necessaria una risposta rapida a causa di un elevato carico di malattia. L’interferone alfa trova invece la sua maggiore indicazione nel trattamento di forme a lenta progressione.
In virtù del loro meccanismo di azione nei confronti delle mutazioni del gene KIT, gli inibitori tirosin-chinasici hanno trovato un ruolo nel trattamento di prima linea. In particolare, la midostaurina è stata approvata per il trattamento in monoterapia di pazienti adulti con mastocitosi sistemica aggressiva, associata a neoplasie ematologiche o leucemia mastocitaria. Il ruolo di imatinib è invece riservato solo alle rare forme di mastocitosi sistemica con KIT non mutato o mutazioni di KIT non coinvolgenti il codone 816. Recentemente è stato approvato l’utilizzo di avapritinib che ha ottenuto l’indicazione in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti affetti da forme aggressive, associate a neoplasia ematologica o leucemia mastocitaria, in seguito ad almeno una precedente terapia sistemica. Il trattamento per tutti gli inibitori tirosin-chinasici deve essere continuato fino a quando si osserva beneficio clinico o fino all’insorgenza di tossicità inaccettabile”.
Quali ulteriori vantaggi offrono i farmaci di nuova generazione, inibitori delle tirosin-chinasi?
“Rispetto ai chemioterapici tradizionali, il cui impiego è limitato all’ambiente ospedaliero e avviene generalmente per via endovenosa o sottocutanea, gli inibitori delle tirosin-chinasi sono disponibili in formulazioni orali a cui si associa la comodità per il paziente dell’assunzione del farmaco al proprio domicilio. La midostaurina ha ottenuto l’autorizzazione da parte degli enti regolatori dimostrando di essere efficace e sicura nelle forme avanzate. Si tratta di un potente pan-inibitore delle tirosin-chinasi che ha dimostrato un’elevata efficacia indipendentemente dallo stato mutazionale di KIT, con tassi di risposta globale nel 60% dei pazienti, miglioramento dei sintomi e della qualità di vita e una buona tollerabilità. In particolare, nonostante la possibilità di tossicità midollare, il grado di mielosoppressione si è dimostrato migliore rispetto ai chemioterapici tradizionali.
Avapritinib è un inibitore tirosin-chinasico con alta selettività per KIT e conseguente minima attività off-target. Tale farmaco ha dimostrato tassi di risposta superiori al 70% in forme avanzate di mastocitosi sistemica già sottoposte a terapia sistemica. Questi dati sono risultati consistenti per tutti i sottotipi di mastocitosi sistemica avanzata, indipendentemente dal tipo di terapia precedente e di stato mutazionale”.
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