Tanti elementi di novità nelle nuove linee guida sulla gestione delle sindromi coronariche acute, elaborate da una task force di esperti della Società Europea di Cardiologia
Una malattia da non considerare più come suddivisa a silos, ma da intendere come un continuum. E’ il principale, ma non unico, elemento di novità delle nuove linee guida (LG) sulla gestione delle sindromi coronariche acute (SCA), elaborate da una task force di esperti della Società Europea di Cardiologia (ESC) e presentate ad Amsterdam al congresso della società scientifica.
«Per anni le LG europee e americane si erano concentrate sulla gestione delle SCA dividendole in due grandi categorie: SCA con o senza sopraslivellamento del tratto ST, cioè STEMI e NSTEMI», spiega Leonardo De Luca, Dipartimento di Cardioscienze, U.O.C. Cardiologia, Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini, Roma e vicepresidente dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO). «Le nuove LG ESC accorpano in un unico documento le diverse tipologie di SCA sia perché esiste un continuum della patologia, che va dall’angina instabile all’infarto miocardico con ST sopraslivellato, sia perché, nonostante le variazioni nel management in acuto dei pazienti con differenti forme nosologiche, il trattamento post-dimissione a lungo termine ha diversi punti in comune tra STEMI e NSTEMI».
Il nuovo documento-guida sul management degli eventi coronarici acuti, oltre a riunire sotto un solo cappello le diverse forme di SCA, presenta diverse altre novità in tema di diagnosi, metodiche interventistiche invasive e terapia medica. Ma non solo: le nuove LG dedicano spazio alla gestione delle SCA in presenza di varie comorbidità, tra cui il cancro, e anche all’importanza della diffusione nella popolazione generale di una conoscenza di base della sintomatologia di una SCA. “Il riconoscimento dei sintomi di ischemia miocardica da parte degli individui nella comunità, in particolare dolore toracico prolungato (>15min) e/o il dolore ricorrente entro 1 ora, ha un’importanza fondamentale nell’attivazione del percorso di assistenza extra-ospedaliero, e questo è particolarmente rilevante per i primi soccorritori senza una formazione sanitaria. L’azione raccomandata dovrebbe essere quella di contattare il servizio di emergenza piuttosto che presentarsi autonomamente a un pronto soccorso o rivolgersi al medico di base”.
Se, dunque, è di grande utilità che anche l’uomo della strada venga educato per potere sospettare un attacco cardiaco, le nuove LG ESC mettono in particolare risalto l’importanza di un intervento medico attuato secondo un definito percorso logico diagnostico-terapeutico in un paziente con sospetta SCA.
Le novità nel percorso diagnostico-terapeutico
Inquadramento iniziale del paziente
Le nuove LG ESC propongono un inquadramento iniziale del paziente tramite un triage basato su 3 semplici quesiti racchiusi nell’acronimo ‘ACS’:
- ECG Anormale?
- contesto Clinico?
- condizioni Stabili?
Gli esperti ESC suggeriscono, in pratica, l’effettuazione il più rapidamente possibile di un elettrocardiogramma (ECG) per rilevare eventuali anomalie o evidenze di ischemia, un’anamnesi mirata a valutare il contesto clinico di presentazione e un esame clinico mirato a determinare la stabilità clinica ed emodinamica.
Approfondimenti diagnostici
Per porre diagnosi di SCA e definirne la tipologia, le LG raccomandano il dosaggio di biomarker di danno miocardico, in particolare delle troponine con test ad alta sensibilità (hs-cTn) e indagini strumentali di imaging. Il nuovo documento raccomanda che “Nei pazienti con sospetta SCA, hs-cTn non elevata (o incerta), nessuna alterazione dell’ECG e nessuna ricorrenza del dolore, si dovrebbe prendere in considerazione l’integrazione dell’angio-Tac coronarica (CCTA) o di un test di imaging da sforzo non invasivo nel workup diagnostico iniziale”. Rispetto alla precedente edizione delle LG che indicavano una forza di raccomandazione di classe I e livello di evidenza B, nel nuovo documento la raccomandazione, diversamente formulata, ha un diverso grading, essendo stata inserita in classe IIa e livello A.
Timing della rivascolarizzazione in fase acuta
A seconda della valutazione iniziale dell’ECG, del contesto clinico e della stabilità emodinamica, dei test di laboratorio e delle indagini di imaging, i pazienti classificati come pazienti con diagnosi di STEMI e pazienti con diagnosi di NSTEMI vanno inseriti in percorsi di trattamento invasivo di riperfusione che differiscono per le tempistiche.
«In merito al timing della rivascolarizzazione le nuove LG fanno un passo indietro rispetto alle precedenti nei pazienti con NSTEMI», spiega De Luca. «Il precedente documento raccomandava in classe I una strategia precoce di rivascolarizzazione, cioè entro le 24 ore (tranne i pazienti ad altissimo rischio da rivascolarizzare entro 2 ore), effettuando una coronarografia e l’angioplastica. Questa strategia risulta, tuttavia, inattuabile per ragioni logistiche e organizzative, per cui le nuove LG hanno spostato in classe IIa la raccomandazione su questo approccio invasivo molto precoce, che quindi può essere “considerato”, ma non deve essere eseguito routinariamente .
Per i pazienti con STEMI le tempistiche non sono state modificate, per cui nei centri cath-lab l’angioplastica primaria deve essere eseguita entro 90 minuti dal primo ECG con diagnosi certa di S-T sopraslivellato; nei centri non dotati di cath-lab bisogna tendere ai 120 minuti. Se questo non è possibile, bisogna ricorrere ad altre strategie di riperfusione farmacologica.
Strategie di pre-trattamento e di trattamento peri-procedurale nella rivascolarizzazione con PCI
Le nuove LG ESC modificano la raccomandazione sul pre-trattamento farmacologico nei pazienti da sottoporre a rivascolarizzazione con PCI. «Mentre nelle precedenti LG veniva raccomandato di pre-trattare con un inibitore del recettore P2Y12 i pazienti con STEMI, con una forza di raccomandazione di classe I e quelli con NSTEMI con una forza di raccomandazione di classe III, le nuove LG declassano il pre-trattamento dei pazienti STEMI con una raccomandazione di classe IIb, suggerendo quindi solo la possibilità di prendere in considerazione questa approccio. Questo ha importanti implicazioni pratiche anche nella realtà italiana», chiarisce il vice-presidente ANMCO. Nei pazienti con una diagnosi di NSTEMI, che si prevede di sottoporre a una strategia invasiva precoce (cioè <24 ore), non è raccomandato il pre-trattamento di routine con un inibitore del recettore P2Y12 prima di conoscere l’anatomia coronarica.
Trattamento peri-procedurale
Il nuovo documento-guida ESC focalizza l’attenzione anche sul trattamento peri-procedurale. «Le nuove LG raccomandano di trattare il paziente con terapia antiaggregante nel momento in cui viene effettuata l’angioplastica», ricorda De Luca. «Il trattamento può seguire due strade: terapia somministrata per os con dose di carico, approccio che, per problematiche emodinamiche e di assorbimento del farmaco, comporta un tempo piuttosto lungo per ottenere l’effetto in pazienti con STEMI oppure terapia per via endovenosa con nuovi o vecchi farmaci (cangrelor, eptifibatide e tirofiban, ndr), con un’insorgenza rapida dell’effetto».
Le LG indicano che una terapia anticoagulante parenterale è raccomandata per i pazienti con STEMI da sottoporre a PPCI e l’eparina non frazionata (UFH) è attualmente da preferire. L’enoxaparina e la bivalirudina dovrebbero essere considerate come alternative all’UFH in questi pazienti, ma il fondaparinux non è raccomandato.
Estensione della procedura di rivascolarizzazione
Le novità in tema di rivascolarizzazione non sono finite qui. «Le nuove LG introducono la raccomandazione a una rivascolarizzazione il più possibile completa, soprattutto nei pazienti con STEMI e malattia multivasale», sottolinea il professore. «La rivascolarizzazione completa deve essere eseguita o durante la procedura di angioplastica primaria o comunque entro 45 giorni dall’evento acuto, seguendo una procedura differita, tranne nei pazienti con shock cardiogeno, per i quali si raccomanda la rivascolarizzazione solo della lesione colpevole».
Un’altra novità nell’ambito delle strategie di rivascolarizzazione riguarda i pazienti con arresto cardiaco. «Per questi pazienti, dopo ripresa di condizioni cliniche stabili e in assenza di sopraslivellamento S-T, non è più mandatoria l’effettuazione della coronarografia come invece era raccomandato nelle precedenti LG», ricorda De Luca.
Imaging intracoronarico
«Un altro elemento di novità delle ultime LG ESC nell’ambito della rivascolarizzazione è l’upgrading alla classe IIa della raccomandazione all’impiego dell’imaging intracoronarico con ultrasuoni intravascolari (IVUS) o tomografia a coerenza ottica (OCT) per migliorare gli esiti dell’angioplastica coronarica» sottolinea l’esperto.
Come strumento diagnostico, l’imaging intravascolare è particolarmente utile nei pazienti con SCA senza una malattia coronarica CAD ostruttiva di alto grado all’angiografia coronarica. Escludere una causa aterotrombotica nelle arterie coronarie principali può avere importanti implicazioni cliniche nell’SCA, non solo per la gestione invasiva immediata ma anche per le terapie antitrombotiche, da assumere potenzialmente a vita.
L’imaging intravascolare è utile anche nei casi in cui vi sia ambiguità riguardo alla lesione colpevole.
Terapia antitrombotica post-dimissione
Il trattamento antitrombotico è una componente fondamentale della gestione di tutti i pazienti con SCA. La scelta specifica e la combinazione dei farmaci, il momento dell’inizio e la durata del trattamento dipendono da vari fattori legati al paziente e alla procedura.
Trattamento antiaggregante
Il nuovo documento, come il precedente, specifica che il trattamento antiaggregante post-intervento è obbligatorio nei pazienti con SCA. Dopo la PCI, un regime di doppia terapia antiaggregante (DAPT), costituito da un potente inibitore del recettore P2Y12 (prasugrel o ticagrelor) e aspirina, è generalmente raccomandato per 12 mesi, indipendentemente dal tipo di stent impiantato, a meno che non vi siano controindicazioni. «Le nuove LG introducono un elemento di novità prevedendo la possibilità di strategie di trattamento diverse», riporta De Luca.
Il documento indica la possibilità di accorciare la durata della DAPT dai 12 mesi di default a 1 o 3-6 mesi a seconda del bilanciamento tra rischio emorragico e ischemico. Le strategie di abbreviazione della DAPT (seguite preferibilmente da monoterapia con inibitore di P2Y12 entro i primi 12 mesi post-SCA) dovrebbero essere prese in considerazione nei pazienti liberi da eventi dopo 3-6 mesi di DAPT e che non sono ad alto rischio ischemico.
«Per i pazienti ad alto rischio emorragico è contemplata la possibilità di passare a una mono-terapia con un antiaggregante (asprina o P2Y12-inibitore) dopo 1-3 mesi di DAPT dall’evento acuto», aggiunge il professore. Ma non solo. «Le LG indicano anche (con raccomandazione di classe III) la possibilità di de-escalation, cioè una riduzione di potenza della DAPT, con il passaggio da inibitori di P2Y12 più potenti (ticagrelor e praasugrel) a meno potenti (clopidogrel) dopo qualche mese dalla SCA, ma non entro i primi 30 giorni dall’evento», completa De Luca.
Strategie antiaggreganti alternative per ridurre il rischio di sanguinamento nei primi 12 mesi dopo una SCA.
ACS, sindrome coronarica acuta; DAPT, doppia terapia antiaggregante; HBR, alto rischio di sanguinamento; PFT, test di funzionalità piastrinica.
Trattamento anticoagulante
In merito al trattamento anticoagulante, viene ricordato nelle nuove LG come nel 6-8% dei pazienti da sottoporre a PCI sia indicata una anticoagulazione orale (OAC) a lungo termine, che deve essere continuata anche durante la procedura invasiva. L’interruzione dell’OAC a lungo termine e la sostituzione con anticoagulanti parenterali possono portare a un aumento degli episodi trombo-embolici ed emorragici.
Nei pazienti con SCA, l’indicazione per l’OAC deve essere rivalutata e il trattamento deve essere continuato solo se esiste un’indicazione convincente, ad esempio, fibrillazione atriale (FA) parossistica, persistente o permanente con un punteggio CHA2DS2-VASc ≥1 negli uomini e ≥2 nelle donne; presenza di valvola cardiaca meccanica o storia recente o non provocata di trombosi venosa profonda o embolia polmonare.
Nei pazienti con FA senza valvole protesiche meccaniche o stenosi mitralica da moderata a grave, le evidenze supportano l’uso di anticoagulanti orali non antagonisti della vitamina K (NOAC) rispetto agli antagonisti della vitamina K (VKA), in quanto riducono il rischio di sanguinamento. La doppia terapia antitrombotica (DAT) con un NOAC alla dose raccomandata per la prevenzione dell’ictus e una singola terapia aggregante (SAPT), preferibilmente clopidogrel, essendo stato utilizzato in oltre il 90% dei pazienti nei principali RCT, è raccomandata come strategia predefinita per un massimo di 12 mesi dopo una settimana di tripla terapia antitrombotica (TAT), con NOAC e DAPT costituita da aspirina e clopidogrel.
Pazienti con SCA e indicazione a OAC
Regimi antitrombotici in pazienti con sindrome coronarica acuta e indicazione all’anticoagulazione orale. ACS, sindrome coronarica acuta; ARC-HBR, Academic Research Consortium for High Bleeding Risk; DAPT, doppia terapia antiaggregante; DAT, doppia terapia antitrombotica; NOAC, anticoagulante orale non antagonista della vitamina K; OAC, anticoagulazione orale/anticoagulante; SAPT, singola terapia antiaggregante; TAT, tripla terapia antitrombotica; VKA, antagonista della vitamina K. OAC: preferenza per un NOAC rispetto al VKA per la strategia di default e in tutti gli altri scenari se non ci sono controindicazioni. Per entrambi i regimi TAT e DAT, le dosi raccomandate per i NOAC sono le seguenti: Apixaban 5 mg b.i.d., Dabigatran 110 mg o 150 mg b.i.d., Edoxaban 60 mg o.d., Rivaroxaban 15 mg o 20 mg o.d. Riduzioni della dose di NOAC sono raccomandate nei pazienti in base a determinati criteri per ciascuno dei NOAC (tra cui funzionalità renale, peso corporeo, farmaci concomitanti ed età). SAPT: preferenza per un inibitore del recettore P2Y12 (di solito clopidogrel) rispetto all’aspirina.
Pazienti con SCA e cancro
Le nuove linee guida dedicano un capitolo alla gestione dei pazienti con SCA e cancro. Gli autori ricordano che il management dei pazienti affetti da SCA e con cancro attivo presenta alcuni aspetti specifici che devono essere presi in considerazione. I quattro tipi di cancro più comuni nei pazienti con SCA sono prostata, seno, colon e polmone. Gli outcome variano a seconda dei tipi di tumore e nella gestione deve essere considerato su base individuale l’equilibrio tra i rischi ischemici ed emorragici.
La percentuale di pazienti affetti da SCA con una diagnosi attuale di cancro è in aumento e attualmente costituisce circa il 3% dei pazienti in ampi studi osservazionali. I pazienti con cancro attivo che presentano SCA rappresentano una problematica importante, poiché esistono notevoli lacune nelle conoscenze scientifiche. Pertanto, le raccomandazioni basate su prove solide sono scarse. I pazienti con cancro attivo e SCA tendono a essere più anziani, con un maggior numero di comorbidità e una malattia coronarica più estesa, con un aumento del rischio di eventi CV maggiori e mortalità cardiaca e non cardiaca. Questi pazienti spesso presentano anomalie ematologiche e della coagulazione concomitanti che possono rappresentare una sfida sia per l’uso della terapia antitrombotica sia per l’esecuzione della PCI.
Le linee guida raccomandano l’interruzione temporanea del trattamento del cancro e un approccio multidisciplinare urgente. È stato riportato che i pazienti oncologici con SCA sono meno frequentemente sottoposti a gestione invasiva; tuttavia, in questi pazienti un approccio invasivo (con PCI e posizionamento di stent a rilascio di farmaci DES, se necessario) è raccomandato finché la prognosi di vita è superiore 6 mesi o, indipendentemente dalla prognosi, se il paziente è instabile.
La gestione invasiva nei pazienti con tumore avanzato o con un’aspettativa di vita inferiore a 6 mesi non ha dimostrato un beneficio in termini di mortalità rispetto a un approccio conservativo; pertanto, in questi pazienti dovrebbe essere presa in considerazione una strategia conservativa.
Dato l’elevato rischio emorragico, l’inibitore P2Y12 preferito per i pazienti con SCA e cancro attivo è il clopidogrel. Le potenziali interazioni farmaco-farmaco con le terapie antitumorali devono essere verificate quando si usano ticagrelor o clopidogrel, a causa di interferenze sulla farmacocinetica attraverso il citocromo CYP450.
Alcuni trattamenti oncologici specifici possono avere effetti cardiotossici vascolari che possono portare a un’ischemia acuta Quando l’ischemia acuta è provocata da una terapia antitumorale, si devono prendere in considerazione terapie antitumorali alternative dopo una discussione con un team multidisciplinare.
Dopo una SCA, si raccomanda di riconsiderare i farmaci antitumorali e di sospendere quelli associati a trombosi e danno miocardico. Le terapie antitumorali che non sono associate a danno miocardico possono essere riprese una volta che la rivascolarizzazione (quando indicata) è stata completata e il paziente è stabilizzato senza complicazioni con la terapia medica della SCA.
Commento di Leonardo De Luca
«Queste LG contribuiscono a diffondere una visione di insieme delle SCA, superando un’impostazione compartimentalizzata, e cambiano l’impostazione sull’organizzazione e sulla tempistica alla rivascolarizzazione, modificano le strategie farmacologiche e quelle in sala di emodinamica», conclude il professor De Luca.
Percorso diagnostico-terapeutico indicato dalle nuove LG ESC
1 Inquadramento iniziale del paziente tramite un triage basato su 3 quesiti racchiusi nell’acronimo ‘ACS’: – ECG Anormale? – contesto Clinico? – condizioni Stabili? 2 Dosaggio troponine con test ad alta sensibilità indagini strumentali di imaging (in particolare angio-Tac coronarica). 3 Pazienti con infarto miocardico STEMI: intervento coronarico percutaneo primario (PPCI) entro 90 minuti (o una fibrinolisi se il PPCI non è fattibile). Pazienti con NSTEMI e caratteristiche di rischio molto elevato: angiografia immediata ± PCI se indicato. Pazienti con NSTEMI e caratteristiche di rischio elevato: angiografia in regime di ricovero entro 24 ore. 4 Impostazione pre-trattamento, peri-procedurale e post-dimissione di una combinazione di terapia antiaggregante e anticoagulante con modalità e tempistiche differenti in base a gravità e caratteristiche del paziente. 5 Attuazione di misure per prevenire eventi ricorrenti e ottimizzare il rischio cardiovascolare. Si tratta di implementare una terapia medica, apportare modifiche dello stile di vita e avviare un programma strutturato di riabilitazione cardiaca, oltre alla considerazione dei fattori psicosociali. |