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Sclerosi multipla secondariamente progressiva: nuova cura OCH promettente

ecosm Sclerosi multipla: nessuna conseguenza sull'efficacia di ocrelizumab dall'eventuale replezione delle cellule B secondo un nuovo studio

5 persone su 6 con sclerosi multipla secondariamente progressiva trattate con la terapia orale sperimentale OCH non hanno riportato alcuna attività di malattia per 6 mesi

Cinque persone su sei con sclerosi multipla secondariamente progressiva (SPMS) trattate con una terapia orale sperimentale chiamata OCH non hanno riportato alcuna attività di malattia per sei mesi in un piccolo studio clinico. Dato rilevante considerando il confronto con i pazienti con SPMS ai quali è stato somministrato un placebo in cui si è registrato a 6 mesi uno 0% di NEDA (no evidence of disease activity, ossia assenza di evidenza di attività di malattia). I risultati sono stati presentati al 9° meeting congiunto ECTRIMS-ACTRIMS che si è svolto a Milano.

«OCH è un farmaco orale con un meccanismo unico che agisce sui processi immunoregolatori» ha detto Tomoko Okamoto, dell’Ospedale Centrale Nazionale di Tokyo (Giappone).

OCH (denominato anche OCH-NCNP1) è un glicolipide che si ritiene attivi risposte antinfiammatorie, in particolare da parte delle cellule T natural killer, immunociti che possono produrre grandi quantità di molecole sia pro- che antinfiammatorie che influenzano la funzione di altre cellule immunitarie. Attivando queste ultime e promuovendo la loro funzione antinfiammatoria piuttosto che quella proinfiammatoria, la terapia ridurrebbe l’attività flogistica che guida la sclerosi multipla (SM).

I dati di un primo studio sull’uomo pubblicato all’inizio di quest’anno hanno suggerito che OCH sia generalmente ben tollerato e attivi le cellule immunitarie antinfiammatorie, come atteso.

Esiti diversi fra il trattamento della SPMS e della RRMS
Il Centro Nazionale di Neurologia e Psichiatria del Giappone (situato nell’ospedale sopracitato di Tokyo) ha finanziato uno studio clinico di fase 2 per esplorare ulteriormente la sicurezza e l’efficacia dell’OCH nelle persone con SM. Nello studio sono stati inclusi 30 pazienti, 12 con SPMS e 18 con SM recidivante-remittente (RRMS). Due terzi di loro erano donne e la maggior parte conviveva con la SM da più di dieci anni.

La RRMS – ha ricordato Okamoto – è la forma più comune di SM ed è caratterizzata da recidive in cui i sintomi peggiorano improvvisamente e periodi di remissione in cui questi si attenuano o scompaiono del tutto. La SMSP è invece una fase della malattia che può svilupparsi nel corso della RRMS ed è caratterizzata da sintomi che peggiorano gradualmente nel tempo, indipendentemente dall’attività di recidiva. Storicamente, i tipi progressivi di SM, come la SPMS, si sono dimostrati più difficili da trattare rispetto alla RRMS.

Tutti i partecipanti hanno avuto almeno una ricaduta nell’anno precedente all’ingresso nello studio oppure due ricadute nei due anni precedenti. Nessun paziente aveva in corso una ricaduta attiva quando è iniziato lo studio.

Sono stati somministrati granuli di OCH (alla dose di 3 mg) o di un placebo, assunti una volta alla settimana per 24 settimane. L’obiettivo principale dello studio era quello di verificare se il trattamento riducesse il numero di lesioni nuove o in ingrandimento della SM visibili alle scansioni di risonanza magnetica (MRI) del cervello e del midollo spinale. Hanno completato lo studio venticinque pazienti, con tassi di interruzione simili tra le persone trattate con OCH o placebo.

I pazienti trattati con OCH hanno sviluppato un minor numero di lesioni nuove o ingrandite rispetto a quelli del gruppo placebo (6,7% vs. 20%). È stato sottolineato che questi risultati non erano statisticamente significativi; ciò significa che è matematicamente plausibile che la differenza possa essere dovuta al caso piuttosto che a qualsiasi effetto del trattamento. (Come noto, gli studi con un numero più piccolo di partecipanti tendono ad avere meno potere statistico nel rilevare effetti significativi, motivo per cui gli studi clinici progettati per testare l’efficacia in modo conclusivo sono generalmente molto ampi, ossia condotti su centinaia di pazienti).

I pazienti trattati con OCH tendevano inoltre ad avere meno recidive. Tra i 15 pazienti ai quali è stato somministrato OCH, nove erano liberi da recidive durante lo studio, rispetto a solo cinque dei 15 del gruppo placebo. Anche in questo caso, le differenze non erano statisticamente significative.

Nella popolazione complessiva dello studio, i pazienti trattati con OCH avevano anche una tendenza non significativa verso tassi più elevati di NEDA, il che significa nessuna recidiva, nessuna nuova attività MRI e nessuna nuova disabilità. Due terzi delle persone con SM trattate con OCH avevano NEDA, rispetto a un terzo a cui era stato somministrato un placebo.

Aspetto rilevante dello studio: l’analisi dei tassi di NEDA e dei biomarcatori
I ricercatori hanno quindi esaminato i tassi di NEDA in particolare nei pazienti con RRMS e SPMS. Tra i pazienti con RRMS, cinque trattati con OCH e un numero uguale del gruppo placebo presentavano NEDA, senza mostrare differenze tra loro.

Tuttavia, tra i 12 pazienti con SPMS, cinque su sei trattati con OCH hanno raggiunto NEDA nell’arco di sei mesi, mentre nessuno dei 6 pazienti con SPMS ai quali era stato somministrato un placebo presentava NEDA: una differenza, questa volta, statisticamente significativa.

«Nella RRMS non si sono rilevate differenze nel numero di casi che hanno raggiunto NEDA tra i gruppi OCH e placebo. Al contrario, nel gruppo SPMS, il tasso di successo NEDA era più alto nel gruppo OCH rispetto al gruppo placebo» ha riassunto Okamoto. Allo stesso modo, tutti i pazienti con SPMS erano liberi da recidive alla fine dei sei mesi. Solo un paziente su sei in trattamento con placebo ha mantenuto tale condizione.

I dati dei biomarcatori hanno indicato che i pazienti trattati con OCH avevano meno cellule immunitarie che producevano GM-CSF (granulocyte-macrophage colony-stimulating factor; fattore stimolante le colonie di granulociti-macrofagi), molecola di segnalazione proinfiammatoria. La diminuzione del GM-CSF è stata significativa nei pazienti trattati con OCH affetti da SPMS, ma non in quelli con RRMS.

«Quindi» ha affermato Okamoto «vi era una corrispondenza tra efficacia clinica e cambiamento dei biomarcatori». I dati, ha concluso il ricercatore, suggeriscono che «OCH sia un trattamento promettente per il trattamento della SM, in particolare della SPMS».

Fonte:
Okamoto T, Sato W, Lin Y, et al. Phase Ⅱ Clinical Trial of NKT Cell-Targeting Glycolipid OCH-NCNP1 for Patients with Relapsing Multiple Sclerosis. ECTRIMS-ACTRIMS 2023, Milano. Abstract n.645/O059. leggi

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