Nei pazienti con sclerosi multipla trattati con tolebrutinib nuovi studi hanno rilevato benefici clinici e radiologici fino a tre anni
Secondo i nuovi dati di estensione di uno studio di fase 2b di sicurezza a lungo termine (LTS, long-term safety), in persone con forme recidivanti di sclerosi multipla (SM) il trattamento con tolebrutinib – per un massimo di quasi tre anni – è risultato associato a bassi tassi di recidiva, disabilità stabile e poche lesioni cerebrali di nuovo riscontro alla risonanza magnetica (MRI). I dati sono stati presentati in due poster al 9° meeting congiunto dell’European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis (ECTRIMS) e dell’Americas Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis (ACTRIMS), tenutosi a Milano.
La ricerca è stata finanziata da Sanofi, azienda sviluppatrice di tolebrutinib, la quale ritiene che il trattamento sperimentale abbia il potenziale per colpire la neuroinfiammazione ‘fumante’ (smoldering), un tipo di infiammazione cronica che è stata collegata alla progressione della SM e all’accumulo di disabilità.
«Affrontare l’attività neuroinfiammatoria rappresenta un grande bisogno insoddisfatto nel trattamento della SM e offre un potenziale significativo per limitare la natura distruttiva e invalidante di questa malattia» ha dichiarato in un comunicato stampa Erik Wallstroem, responsabile globale dello sviluppo neurologico di Sanofi.
Studio di estensione con dati di sicurezza coerenti al trial principale
Tolebrutinib è una delle numerose terapie sperimentali per la SM progettate per inibire la tirosin-chinasi di Bruton (BTK), proteina enzimatica importante per l’attività delle cellule immunitarie che si pensa guidino l’infiammazione nella patologia.
In uno studio di fase 2b sono state arruolate 130 persone con forme recidivanti di SM nei centri di studio in Nord America e in Europa. A ciascuna di esse è stata assegnata in modo casuale una delle quattro dosi orali di tolebrutinib – 5, 15, 30 o 60 mg/die – per 12 settimane, o circa tre mesi. Tutti i partecipanti hanno anche ricevuto un placebo per un mese, prima o dopo il trattamento con tolebrutinib.
I risultati, inizialmente condivisi nel 2020, hanno indicato che tolebrutinib alla dose più alta (60 mg) ha portato, nelle scansioni MRI, a riduzioni significative, di almeno l’85%, delle lesioni cerebrali nuove o ingrandite, nonché delle lesioni cerebrali infiammatorie attive, rispetto al periodo con placebo.
Dopo lo studio principale, tutti i pazienti tranne cinque – 125 partecipanti in totale – hanno scelto di entrare in uno studio LTS o di estensione a lungo termine in corso, in cui tutti ricevono quotidianamente tolebrutinib. I partecipanti hanno ricevuto la dose che era stata loro assegnata nello studio principale per circa sei mesi, dopodiché tutti sono passati alla dose da 60 mg.
I dati presentati all’inizio di quest’anno, che coprivano un periodo esteso fino a 120 settimane, o circa 2,5 anni di trattamento nell’LTS, avevano indicato che la terapia era rimasta ben tollerata, con bassi tassi di recidiva e livelli di disabilità stabili.
Nelle attuali presentazioni, i ricercatori hanno discusso i risultati dello studio a partire da una data di cut-off (14 febbraio), coprendo fino a 144 settimane, o quasi tre anni, di trattamento. In quel momento, 103 delle persone che erano entrate nell’estensione – più dell’80% – erano rimaste in trattamento.
Terapia mirata alla neuroinfiammazione ‘fumante’
Nel presentare i dati riportati nel primo poster, relativi a sicurezza ed efficacia clinica di tolebrutinib, Jiwon Oh, neurologa, ricercatrice e direttore medico del Barlo Multiple Sclerosis (MS) Program al St. Michael’s Hospital dell’Università di Toronto (Canada), ha premesso che la comprensione della comunità medica della biologia della SM «è cambiata radicalmente negli ultimi due anni».
«Ora sappiamo che la maggior parte delle persone con SM sperimenta l’accumulo di disabilità a causa dell’’infiammazione smoldering, nonostante sia priva di attività infiammatoria acuta» ha precisato Oh. «Per supportare le persone con SM dobbiamo trattare sia il processo acuto che quello fumante della malattia» ha aggiunto.
Come nell’analisi precedente, i livelli di disabilità sono rimasti stabili fino al limite delle 144 settimane. Anche i tassi annualizzati di recidiva sono rimasti bassi; in particolare, i pazienti che avevano ricevuto tolebrutinib 60 mg per almeno otto settimane (circa due mesi) hanno sperimentato una media di 0,23 recidive all’anno rispetto a 1,23 nel periodo precedente all’inizio dello studio principale. Circa due terzi (68,5%) dei pazienti sono rimasti liberi da recidiva alla settimana 144.
Il profilo di sicurezza a lungo termine della terapia è rimasto coerente con i risultati precedenti. Tra gli effetti collaterali comuni erano inclusi: infezione da COVID-19 (34,4%), sintomi simili a sindrome da raffreddamento (16%), mal di testa (13,6%), infezione del tratto respiratorio superiore (11,2%) e lombalgia (9,6%).
Positivi riscontri alle scansioni MRI
Nel secondo poster, sono stati presentati ulteriori dettagli sui risultati a 144 settimane riguardanti gli esiti alla MRI. La presentazione al meeting di Milano di questi dati è stata effettuata da Daniel Reich, neurologo e neuroradiologo presso il National Institute of Neurological Disorders and Stroke (NINDS) degli Stati Uniti, parte dei National Institutes of Health (NIH).
Dall’ultima scansione alla settimana 96, risalente a circa un anno prima, il numero medio di nuove lesioni attive (infiammatorie) è rimasto basso, pari o inferiore a 0,5 nuove lesioni per tutti i bracci di trattamento. La maggior parte dei partecipanti, che variava dal 72% all’87% per il braccio di trattamento originale, non aveva nuove lesioni attive durante tale periodo.
Allo stesso modo, le lesioni nuove o in ingrandimento sono rimaste basse e stabili fino alla settimana 144. Tra coloro che avevano sempre assunto la dose di 60 mg di tolebrutinib, il volume medio totale della lesione dall’inizio dello studio principale è aumentato di meno del 7%.
Tra le 20 persone con dati disponibili, una lesione paramagnetica (PRL, paramagnetic rim lesion) – che riflette un’infiammazione ‘fumante’ – è stata osservata in una persona prima dello studio principale ed era scomparsa alla settimana 144. Altri tre partecipanti hanno sviluppato nuove PRL durante lo studio. Le PRL sono ‘spot’ di demielinizzazione infiammatoria cronica nel cervello, definite da un nucleo centrale di demielinizzazione pronunciata, circondato da un “bordo” di cellule immunitarie cariche di ferro (microglia e macrofagi), che hanno un aspetto caratteristico nelle scansioni cerebrali MRI.
«I risultati della MRI dell’estensione LTS in corso supportano l’efficacia di tolebrutinib nel ridurre l’infiammazione acuta nelle persone con SM recidivante» ha detto Reich.
Le potenzialità del farmaco confermate e da esplorare
Secondo Wallstroem, la chiave della ricerca risiede nell’essere mirata ai danni che si verificano senza ricadute. «Stiamo esplorando molteplici approcci terapeutici con meccanismi d’azione unici che hanno le potenzialità di rallentare o arrestare la disabilità, uno dei più grandi bisogni insoddisfatti per le persone con SM» ha affermato.
«I dati presentati a Milano rafforzano il crescente numero di evidenze scientifiche e cliniche a sostegno del potenziale di tolebrutinib – che supera la barriera emato-encefalica, penetrando nel cervello, ed è bioattivo – nel far fronte all’infiammazione latente all’interno del cervello che causa il peggioramento della malattia anche in assenza di recidive» ha aggiunto.
Ulteriori sperimentazioni in corso con l’inibitore di BTK
La sperimentazione dell’estensione dovrebbe concludersi nel novembre 2024. Nel frattempo, la dose da 60 mg di tolebrutinib è in fase di valutazione in quattro studi di fase 3 sponsorizzati da Sanofi.
Tutti e quattro gli studi sono stati sospesi parzialmente dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense nel luglio 2022 a causa di segnalazioni di danni epatici reversibili e l’arruolamento è stato sospeso in tutti i siti statunitensi.
Gli studi gemelli GEMINI 1 e GEMINI 2, condotti su persone con forme recidivanti di SM, hanno entrambi completato l’arruolamento, così come lo studio HERCULES, che ha reclutato persone con SM secondariamente progressiva non recidivante (NRSPMS) .
Lo studio PERSEUS, che coinvolge adulti, di età compresa tra 18 e 55 anni, con SM primariamente progressiva (PPMS), è l’unico studio ancora in fase di arruolamento. Si stanno cercando fino a 990 partecipanti in centri al di fuori degli Stati Uniti.
In conclusione
«I dati di efficacia e sicurezza relativi a tolebrutinib visti finora sono promettenti e vi sono dati preclinici emergenti che supportano un possibile effetto sui componenti chiave dell’infiammazione fumante» ha osservato Oh.
«In questo campo si stanno aspettando con impazienza i risultati dello studio di fase 3 di tolebrutinib, che speriamo portino a un cambiamento nello standard di cura per le persone con SM in tutto lo spettro della malattia» ha concluso la neurologa del St. Michael’s Hospital di Toronto.
Fonti:
Oh J, Reich D, Traboulsee A, et al. Safety and Clinical Efficacy Outcomes from the Long-term Extension Study of Tolebrutinib in Participants with Relapsing Multiple Sclerosis: 3-Year Results. ECTRIMS-ACTRIMS 2023, Milano. Abstract n.1470/P278. leggi
Reich D, Traboulsee A, Oh J, et al. MRI Outcomes from the Long-term Extension Study of Tolebrutinib in Participants with Relapsing Multiple Sclerosis: 3-Year Results. ECTRIMS-ACTRIMS 2023, Milano. Abstract n.1478/P684. leggi