Sindrome di Alagille: ora i medici hanno un’arma per contrastare il prurito. Il farmaco maralixibat, che riduce gli acidi biliari sierici e migliora la qualità di vita
Interventi cardiochirurgici e trapianto di fegato: sono le conseguenze più gravi a cui può portare la sindrome di Alagille, una rara malattia epatica che colpisce una persona su 30.000 a livello globale. Ma anche il prurito – seppure non sia un sintomo che mette a rischio la vita dei pazienti – può essere così severo da influenzarne pesantemente la qualità. “La Alagille è una condizione caratterizzata da anomalie congenite a carico del fegato (in particolare dei dotti biliari intraepatici), del cuore, delle vertebre e dell’occhio. Si tratta di una malattia genetica che si trasmette con carattere autosomico dominante ed è dovuta a mutazioni sui geni JAG1 e NOTCH2”, spiega il dr. Angelo Di Giorgio, del reparto di Epatologia e Gastroenterologia pediatrica e dei trapianti dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
“Nei neonati, a causa del coinvolgimento del fegato, la malattia può manifestarsi con ittero prolungato (colore giallastro di cute e mucose) o con colestasi cronica, che determina un prurito persistente. Oppure, i neonati possono presentare sintomi cardiaci dovuti a varie cardiopatie, tra cui le più comuni sono l’atresia o stenosi polmonare, i difetti del setto atriale e/o ventricolare, la tetralogia di Fallot e il dotto arterioso pervio. Comuni sono anche le anomalie scheletriche (vertebre “a farfalla”) e oculari (embriotoxon). Il viso dei bambini affetti da sindrome di Alagille, inoltre, è caratteristico per la presenza di fronte prominente, occhi infossati, rime palpebrali oblique rivolte verso l’alto e altre anomalie minori”, prosegue l’epatologo pediatrico.
La diagnosi di Alagille viene sospettata sulla base dei sintomi e dei segni clinici, ma può presentare delle difficoltà, anche in considerazione della bassissima prevalenza della malattia. “Si pone il sospetto di sindrome di Alagille in presenza di un neonato con malattia del fegato associata a cardiopatia e anomalie oculari e vertebrali. Tuttavia il fenotipo della malattia è molto variabile perché ci sono bambini con un quadro clinico più severo e altri che hanno solo sfumati segni clinici. Pertanto, sarà più semplice sospettare la sindrome di Alagille in un bambino che presenta anomalie del fegato, del cuore, dell’occhio e delle vertebre; al contrario sarà molto difficile sospettare la malattia in bambini che non hanno anomalie degli organi interni, ma presentano solamente alcune anomalie facciali”, sottolinea il dr. Di Giorgio.
Nelle persone affette da sindrome di Alagille una delle problematiche principali riguarda il fegato: i pazienti, infatti, presentano un quadro di colestasi cronica dovuta ad un incremento degli acidi biliari nel sangue. Queste sostanze causano un prurito molto severo, talvolta invalidante, tanto da compromettere la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari. Fortunatamente, a partire dallo scorso anno, i medici hanno un’arma per contrastare questo sintomo: una nuova terapia orale, il maralixibat, sta infatti cambiando il trattamento della sindrome di Alagille. Approvato dalla Commissione Europea nel dicembre 2022, rappresenta il primo e unico farmaco specificamente indicato per la patologia.
“Fino a poco tempo fa, per la sindrome di Alagille l’unica opzione terapeutica era il trapianto di fegato. Di recente si è reso disponibile questo nuovo farmaco, che è capace di ridurre gli acidi biliari nel sangue e che determina, così, un netto miglioramento del prurito, con ripercussioni positive sulla qualità di vita di questi pazienti”, continua l’esperto.
Tuttavia, come abbiamo detto, il prurito è solo uno dei sintomi della malattia, e la qualità di vita dei pazienti dipende molto dalla gravità delle anomalie del cuore e del fegato. “La presenza di gravi cardiopatie congenite, infatti, obbliga i bambini a sottoporsi a interventi di cardiochirurgia, alcuni molto complessi, ma che spesso permettono di correggere il difetto al cuore. Lo stesso vale per il fegato: in presenza di una grave epatopatia l’unica opzione possibile è il trapianto dell’organo”, conclude Di Giorgio. “Pertanto è importante porre una diagnosi precoce, al fine di indirizzare questi pazienti presso centri specialistici di cardiologia ed epatologia pediatrica”.