Dermatite atopica: pelle pulita dopo due anni di cura con lebrikizumab


I pazienti con dermatite atopica in cura con lebrikizumab per un massimo di due anni hanno riscontrato una prolungata clearance cutanea e sollievo dal prurito

Dermatite atopica: ruxolitinib in crema è un trattamento topico efficace e ben tollerato anche nei pazienti con un'ampia superficie corporea interessata dalle lesioni

I pazienti con dermatite atopica da moderata a grave che hanno continuato il trattamento con lebrikizumab per un massimo di due anni hanno riscontrato una prolungata clearance cutanea, sollievo dal prurito e una riduzione della gravità della malattia, come dimostrato nello studio di estensione a lungo termine ADjoin presentato al congresso 2023 della Fall Clinical Dermatology Conference.

«Una dose mensile di lebrikizumab dopo una fase di induzione si è dimostrata efficace nei pazienti con dermatite atopica da moderata a grave, offrendo un sollievo duraturo da alcuni dei segni e sintomi più gravosi della malattia» ha affermato l’autore senior del trial ADjoin Emma Guttman-Yassky, direttore del Dipartimento di Dermatologia del Center of Excellence in Eczema e del Laboratory for Inflammatory Skin Diseases presso la Icahn School of Medicine del Mount Sinai, New York. «I dati a lungo termine sono fondamentali per gli operatori sanitari che prendono decisioni terapeutiche. Questi dati molto positivi a due anni sottolineano l’impatto duraturo che questa potenziale opzione di trattamento biologico di prima linea può fornire alle persone che convivono con la dermatite atopica».

Lebrikizumab è un inibitore dell’interleuchina-13 (IL-13), una citochina fondamentale nella dermatite atopica poiché guida l’infiammazione di tipo 2 a livello cutaneo, che porta alla disfunzione della barriera, prurito, ispessimento della pelle e infezioni.

ADjoin è l’estensione della durata di due anni degli studi in monoterapia con lebrikizumab ADvocate 1 e ADvocate 2 e ADhere, quest’ultimo in combinazione con corticosteroidi topici. Hanno preso ad ADjoin i pazienti che assumevano lebrikizumab e che hanno raggiunto un punteggio di 0/1 (pelle libera o quasi libera da lesioni) nell’Investigator’s Global Assessment (IGA) o un miglioramento di almeno il 75% rispetto al basale nell’Eczema Area and Severity IndexI (EASI 75) a 16 settimane in ADvocate 1 e 2 e ADhere. I soggetti coinvolti nello studio di estensione a lungo termine hanno ricevuto lebrikizumab 250 mg ogni due settimane o mensilmente.

Elevata efficacia a lungo termine con dosi sia bisettimanali che mensili
Sia i dosaggi mensili che quelli bisettimanali di lebrikizumab si sono dimostrati efficaci nel lungo termine nel mantenere la clearance cutanea e ridurre il prurito.

Dei 99 pazienti di ADvocate 1 e 2 trattati mensilmente con lebrikizumab, il 76% ha raggiunto un punteggio IGA di 0/1, il 96% una risposta EASI 75 e l’83% una risposta EASI 90, con il 90% che ha riscontrato un miglioramento di almeno 4 punti del prurito come misurato dalla Pruritus Numerical Rating Scale (NRS).

Degli 82 pazienti trattati a intervalli di due settimane negli studi ADvocate, l’86% ha raggiunto un punteggio IGA di 0/1, il 96% l’EASI 75 e l’82% l’EASI 90, e tutti hanno ottenuto un miglioramento di almeno 4 punti nella scala del prurito.

Risultati simili sono stati osservati nei partecipanti trattati sia mensilmente che ogni due settimane dallo studio ADhere. Rispettivamente il 79% e l’84% hanno raggiunto un punteggio IGA di 0/1, il 96% e il 95% una risposta EASI 75 e il 72% e l’85% una risposta EASI 90. Inoltre il 90% e l’82% hanno riscontrato un miglioramento di almeno 4 punti nella scala del prurito.

Il profilo di sicurezza di lebrikizumab in ADjoin era coerente con quanto rilevato in precedenza nei soggetti con dermatite atopica da moderata a grave, senza nuovi segnali di sicurezza fino a due anni di trattamento. Il 62% dei pazienti ha riportato degli eventi avversi (EA), la maggior parte dei quali di gravità lieve o moderata. I più comuni con il trattamento attivo sono stati congiuntivite, reazioni nel sito di iniezione ed herpes zoster. In meno del 3% dei pazienti gli eventi avversi hanno portato all’interruzione della terapia.