Angioplastica coronarica: lo studio OCTIVUS ha dimostrato la non inferiorità della tomografia a coerenza ottica rispetto all’ecografia intravascolare
Nel corso del congresso ESC sono stati presentati i risultati dello studio coreano OCTIVUS che, mettendo a confronto due tecniche di imaging intracoronarico applicate all’angioplastica coronarica, ha dimostrato la non inferiorità della tomografia a coerenza ottica (OCT) rispetto all’ecografia intravascolare (IVUS). Tali risultati, contemporaneamente pubblicati su Circulation (1), sottolineano l’importanza dell’imaging intracoronarico applicato all’ angioplastica coronarica, sottolineando come la scelta della tecnica da utilizzare dipenda solo dalle preferenze dei clinici, non incidendo né sull’efficacia, né sulla sicurezza.
Obiettivi e disegno dello studio
Sia la IVUS che l’OCT sono sempre più utilizzate per guidare le procedure di PCI, ha ricordato il prof. Duk-Woo Park (Asan Medical Center, Seoul, Republic of Korea) durante la presentazione dello studio al congresso.
Entrambe le tecniche di imaging possono essere utilizzate per valutare le caratteristiche della lesione target, ottimizzare l’impianto dello stent e ridurre al minimo i problemi correlati allo stent.
Le linee guida europee e statunitensi raccomandano di prendere in considerazione il ricorso alla IVUS o OCT in pazienti selezionati per ottimizzare l’impianto di stent (2,3). Tuttavia, l’efficacia comparativa di queste due strategie di imaging contemporanee per la guida di PCI era, finora, ancora sconosciuta. Lo studio OPTIVUS è stato un confronto testa a testa tra la PCI guidata da OCT e quella guidata da IVUS per quanto riguarda gli esiti clinici in pazienti con un’ampia gamma di lesioni coronariche.
Di qui lo studio OCTIVUS, uno studio prospettico, multicentrico, randomizzato e open-label, condotto in nove siti dislocati sul territorio della Corea del Sud.
I ricercatori hanno arruolato pazienti di età pari o superiore a 19 anni sottoposti a PCI con stent a rilascio di farmaco o palloncini rivestiti di farmaco (solo per restenosi in-stent) per lesioni coronariche significative.
Trattandosi di uno studio pragmatico, i criteri di arruolamento sono stati concepiti in modo da includere un’ampia gamma di pazienti con diverse caratteristiche anatomiche o cliniche, escludendo solo pazienti con STEMI, disfunzione renale (eGFR <30%), shock cardiogeno o scompenso cardiaco decompensato.
Un totale di 2.008 pazienti sono stati randomizzati, secondo uno schema 1:1, a PCI guidata da OCT o a PCI guidata da IVUS dopo angiografia coronarica diagnostica. L’età media dei partecipanti era di 64,7 anni e il 21,6% erano donne. Complessivamente, il 33,4% dei pazienti aveva il diabete, il 76,6% presentava una cardiopatia ischemica stabile e il 23,4% una sindrome coronarica acuta.
L’età media dei partecipanti era di 64,7 anni e il 21,6% erano donne. Complessivamente, il 33,4% dei pazienti aveva il diabete, il 76,6% presentava una cardiopatia ischemica stabile e il 23,4% una sindrome coronarica acuta.
L’endpoint primario era un composito di morte per cause cardiache, infarto miocardico del vaso bersaglio o rivascolarizzazione del vaso bersaglio guidata dall’ischemia ad un anno.
L’obiettivo del trial era dimostrare la non-inferiorità del ricorso alla OCT come tecnica di imaging vs. IVUS (condizione soddisfatta da un margine di 3,1 punti percentuali).
Risultati principali
Ad un anno dalla randomizzazione, l’endpoint primario si è verificato in 25 pazienti su 1.005 (2,5%) nel gruppo PCI guidato dalla OCT e in 31 pazienti su 1.003 (3,1%) nel gruppo PCI guidato dalla IVUS (differenza di rischio: -0,6 punti percentuali; limite superiore dell’ intervallo di confidenza unilaterale del 97,5%: 0,97; p<0,001 di non inferiorità).
Per quanto riguarda gli endpoint secondari, l’infarto del miocardio del vaso bersaglio si è verificato nello 0,9% dei pazienti del gruppo PCI guidato dalla OCT e nell’1,4% dei pazienti del gruppo PCI guidato dalla IVUS, mentre quello della ripetizione della procedura di rivascolarizzazione è stato documentato nell’1,6% dei pazienti del primo gruppo rispetto all’1,9% dei pazienti del secondo gruppo.
Per quanto riguarda gli endpoint di sicurezza, l’incidenza di nefropatia indotta da contrasto è risultata simile nei gruppi OCT e IVUS (1,4% vs. 1,5%, rispettivamente). L’incidenza di complicanze procedurali maggiori è stata inferiore nel gruppo OCT rispetto al gruppo IVUS (2,2% vs. 3,7%; p=0,048).
La quantità totale di mezzo di contrasto utilizzata è stata maggiore nel gruppo OCT rispetto al gruppo IVUS (media di 238,3 mL contro 199,8 mL; p<0,001), ma il tempo totale di PCI è stato più breve nel gruppo OCT (media di 46,1 minuti contro 48,9 minuti; p<0,001).
Considerazioni finali
Nel commentare i risultati dello studio presentato al congresso, il prof. Park ha affermato: “Tra i pazienti sottoposti a PCI per lesioni coronariche diverse, la PCI guidata da OCT non è risultata inferiore alla PCI guidata da IVUS per quanto riguarda l’endpoint composito di morte per cause cardiache, infarto del miocardio del vaso bersaglio o rivascolarizzazione del vaso bersaglio guidata da ischemia a 12 mesi dalla procedura indice”.
“Pertanto, i risultati primari di OCTIVUS – ha concluso – aggiungono prove convincenti sull’efficacia e la sicurezza relativa di una strategia guidata da OCT rispetto a una strategia guidata da IVUS per la PCI”.
Bibliografia
1. Kang DY et al., on behalf of the OCTIVUS Investigators. Optical Coherence Tomography-Guided or Intravascular Ultrasound Guided Percutaneous Coronary Intervention: The OCTIVUS Randomized Clinical Trial. Circulation 2023;Aug 27:[Epub ahead of print].
2. Neumann FJ, Sousa-Uva M, Ahlsson A, et al. 2018 ESC/EACTS Guidelines on myocardial revascularization. Eur Heart J. 2019;40:87-165.
3. Lawton JS, Tamis-Holland JE, Bangalore S, et al. 2021 ACC/AHA/SCAI Guideline for coronary artery revascularization: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Joint Committee on Clinical Practice Guidelines. Circulation. 2022;145:e18-e114.