Cura dei sarcomi molli e del melanoma: via al Progetto PEGASO coordinato dall’IRST ‘Dino Amadori’ IRCCS di Meldola
Le nanotecnologie per la cura dei sarcomi dei tessuti molli e del melanoma. La strada è aperta dal progetto PEGASO, coordinato dall’IRST “Dino Amadori” IRCCS di Meldola (FC) e realizzato grazie a un finanziamento complessivo del Ministero della Salute nell’ambito della Ricerca Finalizzata pari a 450mila euro.
I sarcomi dei tessuti molli sono tumori rari (circa 2.300 nuove diagnosi ogni anno in Italia), che in due casi su tre si formano a livello degli arti o del tronco superficiale. La sopravvivenza a 5 anni raggiunge solo il 15% nella malattia metastatica perché l’attuale standard di cura costituito dalla chemioterapia offre esiti molto limitati. Nel melanoma, il più aggressivo tumore della pelle (12.700 nuovi casi stimati in Italia nel 2022), l’immunoncologia e le terapie mirate hanno radicalmente cambiato le prospettive terapeutiche migliorando la sopravvivenza, ma vi è ancora una percentuale di pazienti che non risponde a queste cure o sviluppa resistenza. Il progetto PEGASO (acronimo di Nanotechnology-based Platforms for the improvEment of therapeutic strateGies in soft tissue sArcoma and melanoma leSiOns), che si concluderà nel 2026, ha due obiettivi indipendenti. Da un lato, definire nuovi standard di cura in queste due neoplasie utilizzando un nanofarmaco che nei test di laboratorio ha già dimostrato benefici nel carcinoma della mammella triplo negativo. Dall’altro, proprio attraverso la nanotecnologia, aumentare l’efficacia di un vaccino terapeutico antitumorale.
Enti partner sono il Dipartimento di Chimica dell’Università di Bologna (referenti dott. Damiano Genovese e prof.ssa Maria Letizia Focarete) e l’IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna (Il direttore del reparto di Osteoncologia, Sarcomi dell’osso e dei tessuti molli e Terapie innovative dottor Toni Ibrahim e i collaboratori dottor Giorgio Frega e dottoressa Laura Mercatali).
Il principio alla base delle strategie studiate è la capacità di sfruttare le dimensioni infinitesimali di una particella – nell’ordine di nanometri, miliardesimi di metro – per penetrare le barriere cellulari di un tumore. Una particella di circa 100 nanometri, infatti, è in grado di entrare nella cellula, che ha un diametro compreso fra i 10.000 ai 20.000 nanometri, e di interagire con il DNA e con le proteine. “La nanotecnologia può superare la barriera del cancro, finora impermeabile ad alcune terapie standard, e rappresenta una strategia molto promettente per veicolare terapie antitumorali direttamente nelle cellule malate con estrema precisione – afferma Alessandro De Vita, farmacista ricercatore del Settore di Preclinica e Osteoncologia del Laboratorio di Bioscienze dell’IRST ‘Dino Amadori’ IRCCS, Principal Investigator di PEGASO affiancato dalla biotecnologa Jenny Bulgarelli –. Le nanoparticelle, che funzionano come droni, sono in grado di attraversare la massa densa che circonda il cancro e di trasportare il farmaco antitumorale in maniera selettiva nelle cellule malate, in concentrazioni maggiori e senza danneggiare i tessuti sani. Siamo di fronte alle più avanzate terapie a bersaglio molecolare. In questo modo, è possibile migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita del paziente. Crediamo fermamente che le nanoparticelle utilizzate come piattaforma innovativa per la veicolazione di farmaci antitumorali possano migliorare la specificità e l’efficacia delle cure”.
In particolare, lo studio PEGASO mira ad approfondire il meccanismo d’azione di un nanofarmaco, il LIPO-LOX, sviluppato dai ricercatori IRST in dieci anni di studi e che ha già evidenziato, nei test di laboratorio, risultati positivi nel carcinoma mammario triplo negativo, per analizzarne il ruolo anche nel trattamento dei sarcomi e dei melanomi con mutazione del gene BRAF. “LIPO-LOX è un liposoma – spiega De Vita – una particella di dimensioni nanometriche ingegnerizzata con un anticorpo monoclonale per colpire specificamente le cellule tumorali. Dal campione chirurgico del paziente vengono isolate le cellule tumorali, per essere coltivate in laboratorio ed esposte al nanofarmaco. Altro obiettivo di PEGASO è utilizzare la piattaforma nanotecnologica come strategia di stimolazione della risposta immunitaria con un vaccino antitumorale. Una delle ipotesi cui vogliamo dare risposta è che abbinare nanofarmaci con vescicole di rilascio dell’Rna tumorale possa rendere più efficace il vaccino ripristinando così il sistema immunitario del paziente aiutandolo a contrastare la malattia”.
“Siamo orgogliosi di promuovere il Progetto PEGASO – spiega Giovanni Martinelli, Direttore Scientifico dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘Dino Amadori’, IRST IRCCS di Meldola –. Questa iniziativa rientra tra i progetti di Ricerca Finalizzata, nella categoria Giovani Ricercatori, che il Ministero della Salute seleziona tra quelli meritevoli di sostegno economico. È unica e originale, con l’obiettivo ambizioso di aprire nuove vie nel trattamento di patologie come i sarcomi dei tessuti molli, che molto spesso colpiscono i giovani. E, nel melanoma, è fondamentale comprendere i meccanismi di resistenza alle cure e aumentare il numero di pazienti in cui la malattia diventa cronica o si raggiunge la guarigione. Non va dimenticata la prevenzione di questa neoplasia della pelle, che consente di salvare vite. All’IRST, che dispone di due Skin Cancer Unit, ogni anno vengono eseguite circa 1000 escissioni di melanomi in situ, cioè di lesioni in stadio iniziale guaribili con l’intervento chirurgico. Il Progetto PEGASO è il coronamento del lavoro di 10 anni dei nostri ricercatori nel campo delle nanotecnologie e della collaborazione con i più importanti centri al mondo di ricerca sui nanofarmaci, come il Methodist Hospital Research Institute di Houston. Nel nostro Istituto – conclude il Prof. Martinelli – abbiamo una Cell Factory autorizzata dall’Agenzia Italiana del Farmaco per la produzione di Medicinali per la Terapia Avanzata (ATMP) con circa 20 anni di esperienza nella produzione di un vaccino antitumorale a base di cellule dendritiche. Siamo uno tra i pochissimi centri in Italia a poter somministrare questo vaccino e molti pazienti vengono da fuori Regione per ricevere la cura”