Per il blocco della tangenziale a Bologna del 2 novembre scorso condannati a sei mesi gli attivisti di Ultima Generazione: e loro esultano
“Ci hanno condannato a sei mesi di reclusione, ma la giudice ha riconosciuto il particolare valore morale della nostra azione: quindi, per noi oggi è una vittoria”. Lo dicono i tre giovani attivisti di Ultima Generazione condannati oggi in Tribunale a Bologna a sei mesi, con pena sospesa e senza menzione nel casellario giudiziale, per il blocco della tangenziale del 2 novembre, quando nel corso di un blitz ‘anti-climate change’ si cementificarono le mani sull’asfalto interrompendo il traffico.
“È la prima sentenza di condanna che riceviamo per interruzione di pubblico servizio a livello nazionale”, fanno sapere sul posto alcuni colleghi dei ragazzi, arrivati da Milano. La condanna di Bologna è arrivata per i reati di violenza privata e interruzione di pubblico servizio, con la concessione di attenuanti generiche e la motivazione di aver agito, appunto, per “particolari motivi di ordine sociale e morale”. Tutti assolti, invece, per danneggiamento, manifestazione non autorizzata e violazione di foglio di via.
Usciti dal Tribunale, in via d’Azeglio, di fronte, sotto al portico dell’ex ospedale dei Bastardini, i tre militanti (Ettore, Silvia detta Mida e Aurora) vengono accolti da applausi e urla da parte dei loro compagni, riuniti in sit-in da poco dopo le 9 in vista del via all’udienza alle 9.30. La sentenza in rito abbreviato da parte del gip Simona Siena è arrivata attorno a mezzogiorno e mezza. L’avvocato dei ragazzi, Elia De Caro, spiega appena terminata l’udienza: “È molto presto per una valutazione compiuta della sentenza, di cui attendiamo le motivazioni entro 90 giorni dai quali decorreranno i 45 per poter fare appello, che tendenzialmente faremo. Esprimiamo già una moderata soddisfazione, perché sono state escluse tre ipotesi di reato ed è stata concessa l’attenuante di aver agito per particolari motivi di ordine morale e sociale“. Puntualizza il legale: “È stato ritenuto quindi come i temi che i miei assistiti hanno sollevato con la loro azione siano condivisi. L’allarme per l’emergenza climatica abbraccia tutti: c’è chi dice di abbracciarla e compie però atti che l’accelerano e c’è chi invece, magari sbagliando le forme, e su questo si lavorerà, compie azioni nell’interesse di tutti”. In ogni caso, rispetto all’inizio della vicenda, oltre un paio di mesi fa, “pensiamo di essere già su un piano differente”, confida De Caro. La difesa, verso l’appello, punta in particolare sull’esclusione del danneggiamento, che consente l’applicazione della misura cautelare, anche se rimane l’imputazione di violenza privata.
“Riteniamo che le nostre ragioni tutto sommato siano state ascoltate, almeno parzialmente. Vedremo come cercare di migliorare in futuro l’esito di oggi”, conclude De Caro, parlando anche fuori dal Tribunale, di fronte al presidio di attivisti. Racconta poi ai giornalisti Silvia, una scout come Ettore (che fra l’altro è dottorando universitario): “Oggi hanno condannato noi tre, ma domani saremo in 100 e in mille a scendere in strada per fare le stesse cose. La giudice ha riconosciuto motivazioni onorevoli alla base della nostra azione di novembre. Non abbiate paura- è l’appello della ragazza- nel dire e fare cose scomode, se pensate che tutto questo sia ingiusti protestare con noi. Il conflitto sano serve al cambiamento”. Rimarca ancora Silvia: “Non sono pentita e rifarei tutto da capo, affinché il mondo diventi un posto migliore. Non ci faremo spaventare dalla repressione. Siamo in uno stato di emergenza, climatica e sociale, ma le nostre istituzioni sono completamente scollate dalla realtà. Se continueremo quindi a fare azioni del genere? Sì”. Ci va più cauta Aurora, alla luce della sospensione della pena concessa dal Tribunale: “Continueremo queste azioni? Vedremo cosa ci diranno anche gli avvocati, con la pena sospesa dovremo valutare. Non sono in grado di dare una risposta certa, anche se condivido quello che dice Silvia. La giudice, un’istituzione, ha riconosciuto l’alto valore morale delle nostre azioni e quindi questa per noi è una vittoria, nonostante la condanna di 6 mesi“.
Rimarca Aurora: “Vogliamo un futuro degno, non ricchi che si arricchiscono sempre più e poveri che diventano sempre più poveri. Quello che facciamo ha un senso e continueremo a farlo”. Conclude Ettore: “Ritengo che il nostro agire sia assolutamente giusto. Se c’è una motivazione giusta per migliorare il mondo, per noi e per le giovani generazioni, è anche lecito fare qualcosa che normalmente non viene fatto, rispondendo al richiamo della propria coscienza. Vogliamo pensare al futuro, anche eventualmente infrangendo le regole in certi momenti“.