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Infezioni da batteri resistenti diventeranno la prima causa di morte al mondo

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La ‘pandemia silenziosa’ delle infezioni da batteri resistenti: entro 20 anni sarà la prima causa di morte nel mondo

Quasi 5 milioni di decessi ogni anno, in tutto il mondo, sono imputabili alle infezioni intraospedaliere ed extraospedaliere causate dai batteri multiresistenti: una vera e propria ‘pandemia silenziosa’, che si stima possa diventare entro i prossimi 20 anni la prima causa di morte a livello globale. È ben noto come l’antibiotico-resistenza rappresenti un’emergenza di sanità pubblica nel mondo; l’Italia purtroppo è uno dei Paesi in cui vi è una prevalenza di ceppi batterici con le percentuali più elevate di resistenza agli antibiotici.

L’obiettivo primario del 13° Convegno Nazionale della Società Italiana di Terapia Antinfettiva (SITA) a Padova è stato quello di offrire a medici, infermieri, farmacisti e biologi un update sulle problematiche delle infezioni da germi multi-resistenti, attraverso la descrizione dei dati nazionali ed internazionali, con un approccio multidimensionale come quello che ha portato all’approvazione in Italia del Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR 2023-2025).

«Se guardiamo ai numeri di questa vera e propria pandemia delle infezioni da batteri resistenti, sono anche superiori a quelli del Covid – commenta Matteo Bassetti, Presidente SITA, Direttore Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova e Professore Ordinario di Malattie Infettive all’Università degli Studi di Genova – è fondamentale, dunque, che tutti si preoccupino dell’uso appropriato degli antibiotici: dobbiamo farlo noi medici, cercando di migliorarne l’utilizzo dentro e fuori dall’ospedale; lo devono fare i farmacisti; lo devono fare tutti i cittadini, cercando di evitare l’autoprescrizione. Ma lo devono fare anche i veterinari, che pure già fanno molto in questo senso, soprattutto in Italia, e bisogna farlo anche in agricoltura. Ci vuole un approccio a tutto tondo, un approccio cosiddetto ‘one health’, per il quale evidentemente bisogna ridurre in maniera importante l’uso degli antibiotici, di tutti in generale ma di alcuni in particolare. Poi bisogna fare anche un altro ragionamento importante, che è quello di incentivare maggiormente la ricerca e sviluppo di nuovi antibiotici: oggi siamo di fronte a batteri che sono praticamente resistenti a tutti gli antibiotici in commercio e quindi si rischia veramente il ritorno in epoca pre-antibiotica. Bisogna cercare di investire di più in ricerca su nuove molecole, cercando di incentivare il più possibile chi lavora in questo settore».

Nel corso del Congresso sono state specificatamente discusse le infezioni più difficili da trattare, specie nell’ambito del paziente settico e immunodepresso, alla luce del posizionamento dei nuovi antimicrobici oggi a disposizione. Sono stati anche affrontati, in ottica multidisciplinare, i nuovi approcci diagnostico-terapeutici alle infezioni difficili da germi multi-resistenti, con sessioni dedicate al ruolo del laboratorio nel sostegno al clinico infettivologo attraverso la diagnostica microbiologica rapida, e al ruolo del farmacologo per la corretta modalità di somministrazione delle molecole.

Una parte centrale del programma scientifico è stata dedicata al COVID-19, che tanto ha impegnato negli ultimi 3 anni gli Specialisti infettivologi, sul quale sono ancora aperte delle aree di studio e approfondimento, soprattutto in relazione ai trattamenti precoci nei soggetti con patologie che causano immunodepressione e nelle conseguenze a lungo termine dell’infezione, il cosiddetto long-Covid. Inoltre, una sessione ha avuto come tema l’infezione da HIV con i nuovi approcci preventivi e terapeutici, e le epatiti virali con le ultime novità in ambito di terapia.

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