Quattro studi clinici hanno esplorato diverse strategie innovative con l’intento di migliorare il trattamento dei pazienti affetti da tumore del pancreas
Il tumore del pancreas, noto per la sua aggressività e prognosi infausta, rappresenta ancora oggi una delle aree con il maggiore bisogno non soddisfatto e una delle maggiori sfide per l’oncologia moderna. In questo ambito, quattro studi clinici presentati di recente al congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO), a Madrid, hanno esplorato diverse strategie innovative con l’intento di migliorare il trattamento dei pazienti affetti da questo tipo di neoplasia.
Nel complesso, questi studi mostrano un potenziale beneficio di approcci neoadiuvanti, perioperatori, con farmaci mirati (target) e trattamenti combinati, anche se, secondo gli esperti, sono necessarie ulteriori ricerche.
Lo studio PREOPANC-2
Il trial di fase 3 PREOPANC-2 (EudraCT 2017-002036-17) ha confrontato FOLFIRINOX rispetto alla chemioradioterapia a base di gemcitabina el setting neoadiuvante in pazienti con adenocarcinoma pancreatico e malattia resecabile o con resecabilità borderline.
I dati presentati al congresso hanno mostrato che l’endpoint primario dello studio, rappresentato dalla sopravvivenza globale (OS), non è stato raggiunto. Infatti, la mediana di OS è risultata rispettivamente di 21,9 mesi nel braccio trattato con FOLFIRINOX neoadiuvante contro 21,3 mesi con il trattamento neoadiuvante di confronto (HR 0,87; IC al 95% 0,68-1,12; P = 0,28). Anche i tassi di resezione (77% contro 75%; P = 0,7) e i tassi degli eventi avversi seri (49% contro 43%; P = 0,26) sono risultati simili nei due bracci di trattamento.
Lo studio era stato disegnato in base ai risultati del precedente studio PREOPANC, che aveva mostrato un’OS migliore nei pazienti trattati con la chemioradioterapia neoadiuvante a base di gemcitabina seguita dalla chirurgia e da una terapia adiuvante con gemcitabina rispetto alla chirurgia upfront seguita dalla gemcitabina adiuvante nel carcinoma del pancreas resecabile o con resecabilità borderline (J Clin Oncol. 2022;40:1220-1230).
«Lo studio PREOPANC-2 era basato sull’ipotesi che FOLFIRINOX potesse avere un’efficacia superiore rispetto alla chemioradioterapia a base di gemcitabina nel setting neoadiuvante, ma le conclusioni sono state diverse. L’OS mediana è risultata sostanzialmente simile nei due bracci di trattamento e anche i tassi di resezione e degli eventi avversi seri sono risultati simili. Sono quindi necessari ulteriori studi per esplorare le opzioni per la gestione e il trattamento neoadiuvante del tumore del pancreas localmente avanzato resecabile o borderline», ha commentato Benedikt Westphalen dell’Ospedale Universitario di Monaco di Baviera, non coinvolto nello studio.
Lo studio NITRO
Un secondo studio, il trial di fase 2 a braccio singolo NITRO (NCT03528785), ha valutato il trattamento perioperatorio con il regime NALIRIFOX in pazienti con adenocarcinoma duttale del pancreas resecabile. I risultati su 107 pazienti hanno mostrato che il trattamento è attivo e gestibile.
Complessivamente, 87 pazienti sono stati sottoposti a esplorazione chirurgica ed è stato raggiunto un tasso di resezione ottimale (R0, con margini negativi) pari al 65,3%, un risultato superiore rispetto all’ipotesi alternativa prevista nel protocollo, che era pari al 55%. A un follow-up mediano di 33,1 mesi, l’OS mediana è risultata di 32,3 mesi (IC al 95% 27,8-44,3) nella popolazione Intent-To-Treat e i pazienti sottoposti a resezione hanno raggiunto un’OS mediana di 44,3 mesi (IC al 95% 33,2-non valutabile).
Nello studio è stata valutata anche la concentrazione plasmatica di 25 citochine misurandone la correlazione con gli outcome. I risultati hanno mostrato che la citochina correlata in modo più significativo con la risposta e la sopravvivenza è il fattore circolante TNF-α.
«Nel trattamento dell’adenocarcinoma duttale del pancreas, il ruolo delle strategie neoadiuvanti e perioperatorie è al centro di un acceso dibattito scientifico», ha detto Westphalen. «Gli autori dello studio hanno concluso che il regime NALIRIFOX potrebbe essere un trattamento perioperatorio potenzialmente valido ed efficace. La correlazione evidenziata tra il TNF-α, citochina che svolge un ruolo fondamentale nella chemioresistenza, e gli esiti di sopravvivenza fornisce le basi per un approccio volto a colpire pathway molecolari nella messa a punto di strategie terapeutiche per l’adenocarcinoma duttale del pancreas resecabile».
Lo studio RAGNAR
Dati positivi sul ruolo della medicina di precisione nel trattamento del tumore del pancreas sono emersi dallo studio di fase 2 RAGNAR (NCT04083976), che ha mostrato un’attività clinicamente significativa dell’inibitore di FGFR erdafitinib in 18 pazienti con tumore del pancreas avanzato/metastatico, già trattati e con specifiche alterazioni (mutazioni o fusioni) dei geni FGFR1-4 (14 a carico del gene FGFR2 e quattro a carico del gene FGFR1).
In questi pazienti il tasso di risposta obiettiva (ORR) è risultato del 55,6% (IC al 95% 30,8-78,5) e l’OS mediana è stata di 19,7 mesi. I dati sulla sicurezza sono apparsi coerenti con il profilo già noto di erdafitinib.
«I dati degni di nota relativi a ORR e OS di questo studio dimostrano una potente attività clinica, anche se in una popolazione di pazienti piuttosto selezionata. Lo studio introduce un approccio intelligente nel trattamento del tumore del pancreas, personalizzando gli interventi in base alla presenza di specifiche alterazioni genetiche», ha commentato Westphalen.
Lo studio su CBP-501
Infine, in uno studio multicentrico di fase 2, randomizzato, a gruppi paralleli (NCT04953962) si sono valutate efficacia e sicurezza di una tripletta costituita da CBP501, cisplatino e nivolumab in pazienti con tumore duttale del pancreas metastatico. I risultati preliminari dello studio hanno mostrato un miglioramento clinicamente significativo degli outcome e una buona tollerabilità della tripletta come trattamento di terza linea.
CBP501 è un peptide in grado di bloccare il checkpoint della fase G2 del ciclo cellulare e di modulare la calmodulina, aumenta l’afflusso di platino nelle cellule tumorali, sopprime il rilascio di citochine macrofagiche indotto dal platino e potenzia l’attività antitumorale dell’anti-PD-1.
Nello studio, che ha arruolato 36 pazienti, sono stati confrontati quattro bracci. Il trattamento del braccio 1 consisteva in CBP501 25 mg/m2 più cisplatino 60 mg/m2 più nivolumab 240 mg, il braccio 2 era trattato con CBP501 16 mg/m2 più cisplatino (60 mg/m2) più nivolumab 240 mg, il braccio 3 con CBP501 25 mg/m2 più cisplatino 60 mg/m2 e il braccio 4 con cisplatino 60 mg/m2 più nivolumab 240 mg.
I tassi di sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 3 mesi sono risultati del 44% nel braccio 1, 22% nel braccio 2, 11% nel braccio 3 e 33% nel braccio 4. L’ORR è risultato del 22% nel braccio 1 (due risposte parziali), mentre negli altri tre bracci non si sono osservate risposte al trattamento.
«Sulla base della PFS e dell’ORR, questo studio su CBP501, cisplatino e nivolumab dimostra un potenziale ruolo di questa tripletta nel trattamento di terza linea», ha osservato Westphalen. «Sebbene i risultati evidenzino la necessità di linee di trattamento successive, la strategia che prevede combinazione di chemioterapia e immunoterapia richiede un ulteriore aggiustamento sia nella stratificazione dei pazienti sia nell’ottimizzazione dei regimi per migliorare i risultati», ha aggiunto l’esperto.
Conclusioni
«La valutazione complessiva di questi studi non solo evidenzia il potenziale dei trattamenti neoadiuvanti, perioperatori, mirati e combinati, ma fa anche luce sull’arduo cammino da percorrere per trovare soluzioni terapeutiche ottimali nel tumore del pancreas», ha sottolineato l’oncologo.
«Lo studio PREOPANC-2 deve stimolare la comunità degli oncologi a indagare in modo più approfondito per definire e perfezionare i regimi neoadiuvanti, mentre i promettenti risultati degli studi NITRO e RAGNAR potrebbero fare luce su come approcci personalizzati e mirati possano garantire risultati migliori per alcuni sottogruppi di pazienti. Nel frattempo, esplorare nuove combinazioni, come quella con CBP501, cisplatino e nivolumab, potrebbe aprire nuovi orizzonti nella gestione dei pazienti in fase avanzata», ha concluso Westphalen.
Bibliografia
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