A Casa Vuota prosegue la personale di Giammarco Falcone


A Casa Vuota le suggestioni oniriche e nere della pittura di Giammarco Falcone, un artista italiano operante a Bruxelles, che espone per la prima volta a Roma

giammarco falcone

In un orizzonte notturno denso di apparizioni e presagi, Casa Vuota apre le sue porte per ospitare L’ora del lupo, la prima personale romana del pittore Giammarco Falcone (1990), che vive e opera a Bruxelles, in Belgio. La mostra, curata da Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo, nello spazio espositivo indipendente di via Maia 12 a Roma, si può visitare fino al 3 marzo, su appuntamento, prenotando ai numeri 3928918793 o 3284615638 oppure all’email vuotacasa@gmail.com.

All’interno di un percorso di ricerca da sempre caratterizzato dalla ricerca costante di un dialogo con la storia e da un’attitudine metalinguistica, per il suo debutto sulla scena romana Giammarco Falcone sceglie di prendere la via di un confronto diretto con la grande tradizione pittorica italiana, a cui guarda da un punto di osservazione tanto defilato geograficamente – il Belgio – quanto eccentrico rispetto a quello che è il sentimento comune del revival pittorico presente.

«Giammarco Falcone si appropria della latente potenza accumulata dallo scorrere del tempo negli ambienti dismessi di Casa Vuota, dove il fiato sta sospeso, per presentare una serie di dipinti inediti e ammalianti – spiegano Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo – caratterizzati da una forte tensione narrativa che scaturisce dall’incontro tra il vissuto interiore dell’artista, finora trattenuto e non esplicitato, e la pratica di una pittura ricca di citazioni e di stratificazioni. Le singole visioni pittoriche che scandiscono il percorso della mostra si collocano nello spazio di Casa Vuota come finestre spalancate su un unico e trascinante flusso di sogni, che scorre oltre le pareti nel momento in cui si abbassano le difese e si abdica all’esercizio del pensiero razionale. È il gorgo più profondo del sonno il luogo in cui Giammarco Falcone invita il pubblico a fermarsi e a sostare, nella casa scardinata, per ascoltare le confidenze più segrete di una pittura che più che dire non dice, ma semplicemente accade con tutta la sua magnetica e oscura voluttà. È il luogo in cui le reminiscenze di Caravaggio e la lezione appresa dallo studio dei maestri fiamminghi si mescolano alle suggestioni che l’artista attinge dalla sua esperienza diretta di vita nei paesi del Nord Europa. Paesaggi, ambientazioni e atteggiamenti, che sono espressione di una lontananza nella similitudine, amplificano una condizione psicologica di ascolto e di meditazione, di sedimentazione e di febbrile rielaborazione di stimoli molteplici».

«L’ora del lupo – racconta Giammarco Falcone – è un’espressione che ha origini nella tradizione nordica e si riferisce all’ora più buia della notte, poco prima dell’alba. Si crede che durante questa fase notturna il mondo sia permeato da un’atmosfera particolare, con una maggiore propensione a eventi misteriosi o sovrannaturali».

Il teatro di figure e oggetti che Falcone dipinge sembra provenire dai recessi del sonno più profondo, dove gli incubi peggiori esaltano le emozioni più violente, senza possibilità di risveglio. Si manifesta nelle forme dettate da una sensibilità sovreccitata, che consente all’immaginazione e alle paure di prendere forma. L’ora del lupo è uno stato di estrema solitudine in un ambiente notturno, che si popola di figure, visioni, incubi, sogni e desideri: tutto prende forma e trova una traccia narrativa nella quale ogni figura prende il cammino e va.

«Il punto di partenza è incerto – affermano i curatori della mostra – così come lo è la destinazione di questo viaggio onirico e allucinato. La misura di questa indeterminazione è già tutta scritta nel titolo della grande tela che dà il via al progetto, I don’t remember when it started del 2023, un pic-nic notturno di fantasie apparecchiate che vede quattro figure femminili – cristallizzate e ferme nel tempo – transitare dalla biografia dell’artista al regno delle immagini, occupando in tutta la sua estensione l’intera parete di una delle stanze di Casa Vuota e portando il visitatore direttamente al centro della scena dipinta, senza barriere. Dallo stesso intrico di sogni scaturiscono ritratti e nature morte che si manifestano in ambienti altrettanto oscuri e indefiniti, costellati di piccoli elementi che si ripetono ossessivamente, cifre di un codice comprensibile nella sua interezza soltanto all’artista».

Per Giammarco Falcone si compie, in questa mostra, il passaggio da una pittura che raccontava solo se stessa, un lavoro concettuale in forma di pittura, a una nuova forma di espressione che racconta l’incontro tra l’intimità dell’artista, la sua esperienza personale, e il più vasto discorso sul dipingere nel quale, sin dai suoi esordi, si impegna a prendere parola in modo personale e autentico, colto e rizomatico.

«Il tema centrale della mia ricerca – argomenta l’artista – resta l’incessante ricerca di un dialogo tra il passato dell’uomo e il suo presente. I codici che creano il mio linguaggio fanno parte di un repertorio visivo che si fonda sulla storia dell’arte e allo stesso tempo si combina alle emozioni ed esperienze umane di un vissuto quotidiano, intimo e personale».

Un pittore entra in simbiosi con la propria vita personale quando apre veramente gli occhi, sembra dire Falcone, mentre consente ai visitatori della mostra L’ora del lupo di scrutare con i suoi occhi lì dove si addensano i grumi più densi del suo inconscio, in una dimensione sospesa che permette l’incontro tra passato e presente, tra personale e universale.

«La pittura – conclude Giammarco Falcone – è uno strumento che mi tiene legato a un “elemento storico”, creando con esso una continuità. A oggi ho capito che per sentirmi in simbiosi con la pittura, mi devo completamente abbandonare e perdermi in essa. La pittura, come un amante, vuole tutto da te. “Dipingere per davvero” significa per me guardarmi e non mentirmi».

Giammarco Falcone (1990) nasce a Palermo e cresce a Milano, dove nel 2008 si diploma al Liceo Artistico di Brera e poi studia Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 2010 si trasferisce a Bruxelles, dove frequenta il corso di Pittura presso l’ERG (École de Recherche Graphique). Nel 2015 termina il Master in Belle Arti al KASK (Koninklijke Academie voor Schone Kunsten) di Gent. Dopo aver vissuto a Gent e Stoccolma, torna ad abitare e a lavorare Bruxelles. Tra le mostre personali si segnalano nel 2015 Ermetism alla Archiraar Gallery di Bruxelles ed Ermetism II a Kroxhapox a Gent, nel 2016 Dall’alto verso il basso alla Galleria Giuseppe Pero di Milano (con Nicolò Bruno), nel 2016 Matryoshka Principle alla Archiraar Gallery (con Enneboi), nel 2017 Facing the mirror alla Archiraar Gallery, nel 2017 Medusa alla Archiraar Gallery, nel 2018 Selected works alla Jean-François Cazeau Gallery di Sanremo e nel 2020 La danse des ombres sempre alla Archiraar Gallery. Ha esposto in collettive all’interno di spazi pubblici e museali come il BOZAR Museum e il Bruxelles Congress di Bruxelles, il Kask Conservatorium e il Gouvernement di Gent, il FOMU Fotomuseum di Antwerpen e il Jardin Botanique di Liegi. È stato in mostra inoltre a Parigi, a Copenhagen e a The Courtauld Institute of Art nella Somerset House di Londra. L’ultima collettiva, nel 2023, è Ballroom Project #5 ad Anversa. Il suo sito internet è www.giammarcofalcone.com.