Studio dimostra il ruolo centrale dell’ovariectomia profilattica quale strategia da adottare tempestivamente in caso di intervento chirurgico per tumore al seno BRCA 1 oppure 2
È stato pubblicato su JAMA Surgery ed è stato ripreso persino da ASCO Post, il giornale scientifico online dell’American Society of Clinical Oncology. Si tratta dello studio a firma dei ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che dimostra il ruolo centrale dell’ovariectomia profilattica quale strategia da adottare tempestivamente in caso di intervento chirurgico per tumore al seno BRCA 1 oppure 2. Oltreoceano viene già proposta, come traspare dalla storia clinica della nota modella Bianca Balti, BRCA1 positiva: a 36 anni, dopo la doppia mastectomia preventiva si è sottoposta alla rimozione delle ovaie e delle tube di Falloppio. Per saperne di più, Europa Donna ne ha parlato con Gabriele Martelli, oncologo e chirurgo senologo S.C. Chirurgia Generale oncologica 3 – Senologia e prima firma dello studio.
Cosa è emerso da questo studio?
Abbiamo visto che nel caso di pazienti portatrici di mutazione BRCA 1 e 2 operate di tumore al seno e non ovariectomizzate, la mortalità per tumore ovarico è decisamente superiore a quella mammaria. È emerso anche che circa il 10% di pazienti BRCA1 che non si è sottoposta a una ovariectomia profilattica si è ammalata di tumore ovarico in età inferiore a 42 anni con una mortalità per questa malattia superiore al 60%. L’altro dato importante che è emerso poi è che nessuna paziente BRCA2 non sottoposta a ovariectomia profilattica ha manifestato una neoplasia ovarica in età giovane. I risultati di questo studio dunque consigliano per pazienti BRCA1 un percorso di ovariectomia profilattica a partire dall’età di 35 anni. In questi casi, il congelamento degli ovociti potrebbe essere una buona soluzione in caso di desiderio di una gravidanza.
Non è sufficiente quindi tenere la donna giovane sotto stretto controllo, per darle modo di avere figli?
Purtroppo no. I programmi di screening per tumore ovarico non hanno ottenuto i risultati sperati come hanno dimostrato anche diversi studi. La sorveglianza attiva che prevede periodiche visite ginecologiche con eco transvaginale e il marker CA 125, con l’obiettivo di una diagnosi precoce non è risultata efficace. La neoplasia ovarica soprattutto nelle pazienti mutate si presenta spesso biologicamente aggressiva con precoce diffusione peritoneale.
Nello studio emergono anche dati positivi relativi al tumore al seno triplo negativo, ce ne parla?
È indubbiamente un dato che non ci aspettavamo. Abbiamo visto infatti che nel caso del triplo negativo, se BRCA positivo, la salpingo-ovariectomia ne riduce in modo significativo la mortalità. Alla stessa conclusione erano giunti altri due studi, pubblicati su JAMA Oncology e su Journal of Clinical Oncology, ma nessuno ha individuato i meccanismi biologici che li possano spiegare. Per questo, saranno necessari probabilmente ulteriori approfondimenti. Ma questo, ci tengo a sottolinearlo, non mette in dubbio il risultato.
Il vostro lavoro scientifico ha portato in luce anche un dato su mastectomia e quadrantectomia: in che senso?
Anche nel caso di tumore al seno BRCA mutato, non ci sono controindicazioni all’esecuzione della quadrantectomia, a patto che il nodulo abbia le caratteristiche che lo consentano. È emerso che il rischio cumulativo di recidiva locale a 25 anni in pazienti sottoposte a quadrantectomia è pari a circa il 25% (1% annuo, cioè più di due volte superiore rispetto a pazienti non mutate), senza che questo apporti differenze per quanto riguarda il rischio di mortalità, rispetto alla mastectomia. La valutazione quindi se procedere o meno con l’intervento demolitivo, va valutato in base alla situazione clinica, ma anche psicologica della donna. Se si sente più sicura, anche in assenza di indicazioni in tal senso, si procede con la mastectomia totale.