La terapia ipouricemizzante (ULT) potrebbe essere in grado di prevenire l’insorgenza di aritmie, oltre a ridurre i livelli di acido urico
La terapia ipouricemizzante (ULT) potrebbe essere in grado di prevenire l’insorgenza di aritmie, oltre a ridurre i livelli di acido urico. Queste le conclusioni principali di una metanalisi sud-coreana, recentemente pubblicata sulla rivista Journal of Rheumatic Diseases.
Razionale e disegno dello studio
La terapia ipouricemizzante (ULT) viene utilizzata da tempo con successo nel trattamento della gotta. Mentre però, come è già noto, il suo impiego è legato a maggiori benefici cardioprotettivi nella prevenzione primaria di eventi cardiovascolari come l’infarto del miocardio o l’insufficienza cardiaca, poco si sa riguardo ai suoi effetti sul rischio di aritmia.
Lo scopo di questa metanalisi, pertanto, è stato proprio quello di approfondire le conoscenze sulla relazione tra l’incidenza di aritmie e l’impiego di ULT.
Per prima cosa, i ricercatori hanno effettuato una ricerca sistematica della letteratura, considerando tutti i trial clinici randomizzati e gli studi coorte, pubblicati fino a maggio dello scorso anno, che avevano messo a confronto il rischio di aritmie cardiache in pazienti sottoposti a ULT rispetto ai non utilizzatori di questa terapia.
La ricerca sistematica di letteratura ha portato all’identificazione di 5 studi, per un totale di 12.420 pazienti – 7.359 tra gli utilizzatori di ULT e 5.061 tra i non utilizzatori, che sono stati utilizzati per la metanalisi successiva.
Di questi 5 articoli, 3 erano incentrati sull’impiego di allopurinolo, 1 sull’impiego di febuxostat mentre 1 aveva fatto ricorso a trattamento di combinazione con ULT, senza specificare un farmaco specifico.
Quattro articoli su 5, inoltre, avevano esaminato, nello specifico, la relazione esistente tra l’impiego di ULT e la fibrillazione atriale (FA).
Risultati principali
Dalla metanalisi è emerso che gli utilizzatori di ULT presentavano riduzioni significative del rischio di aritmie (RR dei dati in pool: 0,82; IC95%: 0,75-0,92); p<0,001, I2=0%) rispetto ai non utilizzatori di questa terapia.
L’analisi per sottogruppi invece, non ha mostrato che gli utilizzatori di ULT mostravano una riduzione significativa del rischio di FA pooled RR: 0,76, IC95%: 0,54-1,05; p= 0,096, I2=15,4%) rispetto ai non utilizzatori di ULT.
Da ultimo, non vi erano dati sufficienti per condurre un’analisi aggiuntiva sul rapporto tra l’impiego di ULT e il rischio specifico di insorgenza di tachicardia sopraventricolare e aritmia ventricolare (VA).
Le ipotesi dei ricercatori sui possibili meccanismi coinvolti
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno affermato che il loro studio è il primo, a loro conoscenza, ad aver esplorato il legame tra il ricorso alla terapia ipouricemizzante e l’insorgenza di aritmie.
Nel complesso, la metanalisi suggerisce che il ricorso alla ULT si collega ad una riduzione del rischio di aritmie. Tuttavia, le ragioni specifiche di questa associazione non sono ancora del tutto chiare. A tal proposito, gli autori dello studio hanno avanzato alcune possibili ipotesi per spiegare quanto osservato.
Una delle ragioni principali per la riduzione del rischio di aritmie con il ricorso a ULT potrebbe dipendere dall’effetto diretto che ULT ha nel ridurre l’uricemia, dato che l’iperuricemia si associa sia ad un incremento di FA che di VA. Vari meccanismi contribuiscono all’innalzamento del rischio di FA nei pazienti con livelli elevati di acido urico nel sangue, in particolare quando i livelli di questo metabolita eccedono la soglia dei 7 mg/dl negli uomini e di 5,7 mg/dl nelle donne.
Si ritiene che l’acido urico contribuisca al rimodellamento strutturale ed elettrofisiologico dell’atrio, alterando i pathway di trasduzione e le molecole coinvolte nell’insorgenza e nella cronicizzazione della FA.
Inoltre, l’acido urico può entrare nei miociti atriale e produrre radicali liberi di ossigeno (ROI), che rappresentano uno stimolo chiave per lo sviluppo di FA.
I dati sulla relazione tra iperuricemia e VA, invece, sono limitati; tuttavia, nei pazienti con infarto STEMI, livelli elevati di acido urico si sono dimostrati in grado di ridurre la suscettibilità del miocardio ventricolare e alterare la riperfusione dell’arteria coronarica, portando a VA.
Da ultimo, va anche ricordato che l’inibizione dell’attività dell’enzima xantina-ossidasi (XO) si è dimostrata in grado di indebolire l’innervazione simpatica e ridurre le aritmie on maniera indipendente dal suo effetto diretto di riduzione dei livelli di acido urico. A questo riguardo, I ricercatori hanno tenuto a sottolineare che la maggior parte delle opzioni terapeutiche utilizzate nella ULT erano rappresentate proprio dagli inibitori di XO, allopurinolo e febuxostat.
Bibliografia
Waitayangkoon P et al. Urate-lowering therapy is associated with a reduced risk of arrhythmias: a systematic review and meta-analysis. J Rheum Dis 2023; Published online December 28, 2023
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