La vedova di Navalny accusa Putin e la Russia della morte del marito: “E’ stato avvelenato in carcere col Novichok”
“Tre giorni fa Vladimir Putin ha ucciso mio marito, Aleksej Navalny. Putin ha ucciso il padre dei miei figli. Con lui ha voluto uccidere la nostra speranza, la nostra libertà, il nostro futuro”: l’accusa, chiara, inequivocabile, arriva da Yulia Navalnaja, la vedova di Navalny. La sua versione della storia è consegnata al mondo con un video di otto minuti pubblicato su Youtube, in cui dice di essere certa che il corpo sia trattenuto dalle autorità russe per dare modo all’agente nervino Novichok di scomparire senza lasciare traccia.
Il lungo messaggio è pubblicato sul canale del marito, che conta più di sei milioni di iscritti. Putin, sottolinea Navalnaja, ha portato via Aleksej Anvalny non solo dalla sua famiglia, ma di tutti i russi, confinandolo in un luogo estremo oltre il Circolo polare artico: “Ha voluto uccidere la prova che la Russia può essere diversa“. In questi anni, racconta, “sono sempre stata accanto ad Aleksej, e ne sono stata felice. Ma adesso voglio stare al fianco vostro, perché so che avete perso tanto quanto ho perso io. Aleksej è stato ucciso in prigione dopo essere stato torturato e tormentato per tre anni”. Passa poi a ricordare le innominabile ristrettezze a cui era costretto, privato persino della possibilità di scrivere una lettera ai figli. Ciononostante, non aveva mai smesso di tirare gli altri su di morale. “Mio marito era indistruttibile e per questo Putin lo ha ucciso. Vigliaccamente, senza mai guardarlo in faccio o pronunciare il suo nome”.
Poi, arriva il passaggio sul veleno: “Allo stesso modo, vergognosamente e con codardia, stanno adesso nascondendo il suo corpo, non mostrandolo né restituendolo alla sua famiglia, ma mentendo e aspettando pietosamente che scompaiano le tracce di un altro Novichok di Putin“.
“Noi sappiamo perfettamente perché Putin ha ucciso Aleksej tre giorni fa, ve lo diremo presto- promette-. Scopriremo esattamente chi e come ha compiuto questo crimine. La cosa più importante che possiamo fare per Aleksej è combattere“.
Yulia Navalnaja risponde poi a chi si interroga sul perché sia tornato in Russia dopo il primo tentativo di avvelenamento per cui venne salvato in Germania: “Perché amava la Russia più di qualsiasi cosa la mondo”, la sua risposta, e spiega che ne raccoglierà l’eredità: “La forza la troveremo in lui. Continuerò il lavoro di Aleksej Navalny. Continuerò a lottare per il nostro Paese. E vi incoraggio a stare dalla mia parte”. Infine, cita il marito: “Non è una colpa fare poco, è una colpa non fare nulla, è una colpa lasciarsi spaventare”.
FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (www.dire.it)