Indagare la disparità di genere nell’ambito della salute e della ricerca scientifica: è il tema della nona edizione del Libro bianco sulla salute della donna di Fondazione Onda
Indagare la disparità di genere nell’ambito della salute e della ricerca scientifica. È questo il tema su cui si focalizza la nona edizione del Libro bianco sulla salute della donna, realizzato da Fondazione Onda con il contributo incondizionato di Farmindustria. Il volume, intitolato quest’anno “Verso un’equità di genere nella salute e nella ricerca”, vuole offrire numerosi spunti per superare le molte diseguaglianze in ottica di genere, che la sindemia da Covid – 19 e la crisi internazionale hanno acuito. Applicare un approccio di genere nella ricerca e nei percorsi di cura è importante, infatti, non solo per migliorare la comprensione dei fattori determinanti la salute e la malattia, ma anche per garantire una maggiore equità di accesso alle cure e una medicina focalizzata sulle caratteristiche specifiche del paziente, contribuendo a rafforzare la centralità della persona.
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«Uguaglianza ed equità sono due dei pilastri del nostro Servizio Sanitario Nazionale, talvolta erroneamente intesi come sinonimi», dichiara Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda, «L’uguaglianza presuppone di poter fruire dei medesimi diritti, indipendentemente da qualsiasi differenza, mentre l’equità si basa sulla modulazione degli interventi in relazione alle differenze, alle specificità, ai bisogni. L’uguaglianza è dunque il presupposto, il punto di partenza, mentre l’equità rappresenta l’obiettivo finale, il punto di arrivo, che consente di garantire a tutti le medesime opportunità, tenendo conto delle differenze. Proprio sulla valorizzazione delle differenze si basa la Medicina di genere, con l’obiettivo di assicurare pari opportunità nell’ambito della prevenzione, della diagnosi e della cura, ed è questo quindi il fil rouge del Libro Bianco 2023. Doverosi, ma sentiti, i ringraziamenti a Farmindustria, alle Istituzioni e ai numerosi Autori che hanno partecipato a questo progetto editoriale. L’auspicio è che le idee, le esperienze condivise e le evidenze a supporto possano stimolare riflessioni e nuove progettualità per tendere a un’equità di genere nella salute e nella ricerca a garanzia di una maggior appropriatezza degli interventi di prevenzione, diagnosi e cura con beneficio non soltanto dei pazienti, ma anche della sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale».
Partendo da un approfondimento sull’uguaglianza di genere come obiettivo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il volume svolge nella prima parte un’analisi del genere quale importante determinante sociale di salute, in grado di produrre significative disuguaglianze in termini di morbosità e mortalità tra uomini e donne. Questo avviene anzitutto per come esso è a sua volta correlato agli altri principali determinanti sociali di salute, come il livello di istruzione: le donne rappresentano ancora quasi i due terzi dei 771 milioni di adulti analfabeti. O, per esempio, la sfera occupazionale e le condizioni lavorative, dove si osserva che a livello mondiale, a parità di qualifica, vengono assunti più uomini che donne e le assunte, a parità di mansione, hanno spesso una retribuzione inferiore agli uomini.
Il volume approfondisce quindi il ruolo di un approccio sesso e genere-specifico a garanzia di interventi appropriati ed equi nelle diverse fasi della vita, l’età pediatrica, fertile e geriatrica e in molti contesti differenti. Le donne in Italia diventano madri più tardi che in passato, con un’età media al parto sempre più alta (oggi 32,4 anni). La gravidanza non rappresenta più il momento centrale nella vita di una donna, e anzi spesso è vissuta come una limitazione alla propria realizzazione personale e professionale: disuguaglianze di genere incidono notevolmente sia sul desiderio di gravidanza sia sulla attuazione del progetto riproduttivo. Le donne hanno al contempo una aspettativa di vita maggiore rispetto agli uomini, ma nel sesso femminile gli anni di sopravvivenza sono caratterizzati da un carico di disabilità molto elevato. Questo, insieme all’invecchiamento della popolazione e alla diversa composizione della popolazione geriatrica (la maggior parte degli anziani è donna), richiede un cambio strutturale delle politiche sanitarie. Un approccio di genere nella pratica clinica e nella gestione terapeutica, nella formazione, nella ricerca e nella comunicazione è utile a promuovere appropriatezza e personalizzazione delle cure con conseguenti risparmi per il Ssn. L’ottica di genere in tema di differenze di salute appare un presupposto irrinunciabile nei contesti più diversificati su cui il volume si sofferma – per esempio le malattie rare, la disabilità, la violenza, la popolazione straniera e carceraria -, un comun denominatore essenziale per impostare politiche orientate ad affrontare e superare le disuguaglianze.
L’ultima parte del volume, incentrata sul gender gap nella sanità, nella ricerca scientifica e nell’innovazione digitale, evidenzia quanto ancora sia lunga e tortuosa la strada da percorrere per raggiungere un’effettiva parità. La variabile “sesso e genere” non viene sempre adeguatamente considerata nella ricerca epidemiologica: le analisi spesso riportano un dato complessivo, che non fa emergere le eventuali differenze fra uomini e donne. Cellule maschili e femminili reagiscono in modo diverso a stimoli chimici e ambientali, eppure nella maggioranza degli studi preclinici non viene riportato il sesso dell’organismo da cui le cellule derivano. L’identificazione e caratterizzazione dei fattori determinanti le differenze di sesso/genere consentirà interventi mirati e lo sviluppo di percorsi di prevenzione, diagnosi e cura sesso e genere specifici.
La partecipazione femminile alla categoria medica è destinata a crescere: dal 1995 le studentesse studiano medicina in misura uguale o maggiore rispetto agli studenti maschi. Eppure la presenza di donne medico è inferiore al 30 per cento nella chirurgia. Solo l’8,3 per cento delle donne medico riveste un incarico dirigenziale, a fronte del 20,6 per cento dei colleghi maschi. La scarsa presenza femminile nelle posizioni apicali è il risultato di una serie di barriere – a livello individuale, interpersonale, istituzionale e comunitario – che impediscono alle donne di raggiungere l’ultimo livello superiore di leadership.
Dati mondiali dicono che è crescente il divario di genere nelle carriere scientifiche. La parità è maggiore nel periodo del dottorato, ma a partire da cinque anni dall’inizio della carriera il divario si accentua a favore dei maschi. Le ragioni sono molteplici, dalla gravidanza, a ragionamenti economici o di stabilità del lavoro, alle discriminazioni culturali. Nella scelta dei corsi universitari, sotto la forte influenza di motivi culturali, le ragazze prediligono le materie umanistiche o sociali rispetto alle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) dove invece la diversità di genere può stimolare soluzioni più innovative e comprensive. Il divario di genere riguarda infine anche la digital health i cui benefici non sono ugualmente distribuiti tra uomini e donne a causa di diverse forme di disparità che riguardano, ad esempio, la rappresentatività del pubblico femminile nei campioni sui quali algoritmi di machine learning vengono istruiti. Affrontare questo divario è fondamentale per raggiungere i benefici per la salute che le tecnologie digitali possono apportare alle donne, alle loro comunità e alla società in generale, ed evitare l’ulteriore acuirsi delle disuguaglianze sanitarie.
«L’equità di genere nella salute e nella ricerca è prioritaria. Nelle aziende farmaceutiche la presenza femminile è pari al 45 per cento del totale degli addetti e a oltre il 50 per cento nella R&D», commenta Marcello Cattani, Presidente di Farmindustria.
«E con un modello di welfare aziendale che prevede molte e concrete misure per il benessere lavorativo, la genitorialità, l’equilibrio tra tempi di vita e di lavoro. Ma anche per la prevenzione, la formazione, lo sviluppo di competenze. Un esempio virtuoso in un quadro variegato e complesso che viene, come sempre, ben descritto dal Libro Bianco sulla salute della donna della Fondazione Onda. Uno strumento prezioso per creare nuove sinergie con l’obiettivo di migliorare e accrescere lo sviluppo della medicina e garantire sempre di più terapie mirate, adatte alla singola persona», conclude Cattani.
«Fondazione Onda è da sempre in prima linea nella diffusione della medicina di genere e da anni collabora con l’Istituto Superiore di Sanità per portare avanti obiettivi comuni», commenta Elena Ortona, Direttore centro di riferimento medicina di genere, Istituto Superiore di Sanità, «primi tra tutti l’eliminazione delle disuguaglianze, il raggiungimento dell’equità e appropriatezza nelle cure. Considero la pubblicazione del Libro Bianco un passo importante per il raggiungimento di questi obiettivi e per operare un cambiamento di prospettiva che veda la persona al centro dei percorsi di cura».