Carcinoma midollare della tiroide RET-mutato: secondo nuovi dati, selpercatinib in prima linea migliora la sopravvivenza senza progressione
Il trattamento con selpercatinib, un potente e selettivo inibitore di RET, migliora in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e il tasso di risposta obiettiva (ORR) rispetto a un inibitore multichinasico (MKI) standard (cabozantinib o vandetanib) nei pazienti con carcinoma midollare della tiroide avanzato naïve ai MKI e portatori di mutazioni del gene RET. Lo evidenziano i risultati di un’analisi ad interim dello studio di fase 3 LIBRETTO-531, presentati a Madrid in occasione del congresso annuale della European Society for Medical Oncology (ESMO), durante una delle tre sessioni presidenziali.
A un follow-up mediano di 12 mesi, la mediana di PFS non è stata raggiunta nel braccio trattato con selpercatinib (IC al 95% non stimabile [NE]-NE), mentre è risultata di 16,8 mesi (IC al 95% 12,2-25,1) nel braccio di controllo, trattato con il MKI, con una riduzione del 72% del rischio di progressione della malattia o morte a favore del trattamento con selpercatinib (HR 0,280; IC al 95% 0,165-0,475; P < 0,0001). La studio ha, quindi, centrato il suo endpoint primario.
Inoltre, il trattamento con selpercatinib ha dimostrato una robusta attività antitumorale, producendo un tasso di risposta elevato, pari circa al 70%.
«Selpercatinib, un inibitore selettivo di RET, fornisce una PFS prolungata, una sopravvivenza libera da fallimento del trattamento prolungata, un ORR più elevato e un profilo di sicurezza favorevole rispetto agli inibitori multichinasici per il trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma midollare della tiroide RET-mutato», ha detto l’autore principale dello studio, Julien Hadoux, dell’ Institut Gustave Roussy di Villejuif (Francia), durante la sua presentazione. «Questi risultati, pertanto, supportano selpercatinib come standard di cura di prima linea per i pazienti con carcinoma midollare della tiroide avanzato RET-mutato».
Sulla stessa linea il commento di Laura Locati, Professore Associato di Oncologia Medica presso l’Università di Pavia, IRCCS ICS Maugeri, invitata a discutere i risultati dello studio.
Limiti degli attuali standard of care
Il carcinoma midollare della tiroide è un tumore neuroendocrino raro della tiroide che si origina dalle cellule C produttrici di calcitonina e rappresenta il 5% di tutte le neoplasie tiroidee.
La proteina RET (REarranged during Transfection) è un recettore tirosin chinasico della famiglia del Glial Derived Neurotrophic Factor (GDNF). Le alterazioni del gene RET, ha ricordato Locati nella sua discussione, rappresentano un driver oncogenico nei tumori della tiroide e si riscontrano in una percentuale elevata (fino al 90%) di pazienti con carcinoma midollare della tiroide sporadico ricorrente o metastatico. Ove presenti, quindi, costituiscono un target terapeutico.
I MKI cabozantinib e vandetanib sono entrambe opzioni attualmente considerate standard per la terapia di prima linea del carcinoma midollare della tiroide avanzato, ma presentano diversi limiti, fra cui un’inibizione subottimale di RET, un profilo di tossicità che richiede di frequente riduzioni di dosaggio o interruzioni del trattamento e la lunga emivita, che ne complica la gestione, ha spiegato Hadoux. Inoltre, ha sottolineato Locati, sono inibitori diretti contro svariate chinasi, fra cui RET, e per questo presentano varie tossicità off target che determinano una riduzione della compliance al trattamento. Al contrario, ha aggiunto l’esperta, selpercatinib è stato disegnato in modo da colpire selettivamente RET ed essere attivo su svariati tipi di alterazioni del gene, comprese le mutazioni di resistenza a cabozantinib.
Selpercatinib approvato sulla base dello studio LIBRETTO-001
Selpercatinib è già stato approvato per il trattamento del carcinoma midollare della tiroide avanzato RET-mutato nei pazienti naïve ai MKI e dopo fallimento di questi farmaci sulla base dei risultati del basket trial LIBRETTO-001, pubblicati per la prima volta sul New England Journal of Medicine nel 2020. L’Agenzia europea dei medicinali lo ha approvato nel 2022 per il trattamento di prima linea di questi pazienti, concedendogli però l’approvazione condizionata alla presentazione dei risultati di un successivo studio di conferma.
Nello studio LIBRETTO-001, un trial di fase 1/2 a singolo braccio, selpercatinib ha dimostrato una robusta attività antitumorale contro il carcinoma midollare della tiroide avanzato con mutazioni di RET. Nel trial, infatti, nei pazienti trattati in prima linea con selpercatinib si sono osservati un ORR dell’81% e un tasso di PFS a 24 mesi dell’81,1%.
Sulla base di questi risultati, Hadoux e i colleghi hanno, quindi, disegnato lo studio LIBRETTO-531, che è un trial randomizzato e controllato, condotto su un numero di pazienti più ampio, con l’obiettivo di stabilire in modo definitivo quale sia il regime ottimale di prima linea per il carcinoma midollare della tiroide avanzato RET-mutato.
Lo studio LIBRETTO-531
LIBRETTO-531 (NCT04211337) è un trial multicentrico internazionale, in aperto, nel quale 291 pazienti con carcinoma midollare della tiroide avanzato con mutazioni di RET sono stati assegnati secondo un rapporto 2:1 a un trattamento di prima linea con selpercatinib 160 mg due volte al giorno o il MKI scelto dal medico fra cabozantinib 140 mg/die o vandetanib 300 mg/die. I pazienti del braccio assegnato al MKI potevano, tuttavia, passare al trattamento con selpercatinib se mostravano una progressione radiografica.
Per essere arruolati, i partecipanti dovevano avere un carcinoma midollare della tiroide RET-mutato localmente avanzato o metastatico non resecabile ed essere in progressione secondo i criteri RECIST v1.1 nei 14 mesi precedenti l’arruolamento. Inoltre, non potevano essere stati trattati in precedenza un inibitore chinasico.
L’endpoint primario del trial era la PFS valutata secondo i criteri RECIST v1.1 da revisori indipendenti in cieco in modo centralizzato (BICR), mentre gli endpoint secondari erano la sopravvivenza libera da fallimento del trattamento (TFFS) valutata mediante BICR e dagli sperimentatori, la PFS valutata dagli sperimentatori, l’ORR valutato mediante BICR e dagli sperimentatori, la sopravvivenza globale (OS), oltre alla sicurezza.
Caratteristiche dei pazienti bilanciate nei due bracci
Le caratteristiche dei pazienti al basale nei due bracci erano ben bilanciate, ha detto Hadoux, tranne per quanto riguarda il rapporto tra i sessi e il tempo mediano dalla diagnosi all’arruolamento, più breve nel braccio selpercatinib (rispettivamente 42,7 contro 61,6 mesi).
Nell’intero campione, l’età mediana era di 54,6 anni (range: 12-84) e circa un quarto dei pazienti aveva 65 anni o più. La maggior parte dei partecipanti era di sesso maschile (64,5%; 59,6% nel braccio selpercatinib e 69,4% nel braccio di confronto), di razza bianca (68,7%) e aveva un performance status ECOG pari a 0 (59,7%).
Per quanto riguarda lo stato mutazionale di RET, il 62,5% dei pazienti era portatore della mutazione M918T, che è la più comune mutazione puntiforme nei pazienti con carcinoma midollare della tiroide ereditario.
Con selpercatinib PFS superiore in tutti i sottogruppi
L’analisi ad interim dei dati di efficacia specificata nel protocollo è stata effettuata dopo 59 eventi di PFS (progressione o decesso) e la data limite era il 22 maggio 2023. Hadoux ha riferito che 18 pazienti hanno interrotto il trattamento con selpercatinib contro 58 con cabozantinib o vandetanib. I soggetti ancora in trattamento nei due bracci al momento dell’analisi ad interim erano, dunque, rispettivamente 175 contro 40. Inoltre, 24 pazienti nel braccio di controllo sono passati al trattamento con selpercatinib.
Il beneficio di PFS associato a selpercatinib rispetto ai MKI di confronto è stato osservato anche nella valutazione degli sperimentatori (HR 0,187; IC al 95% 0,109-0,321; P < 0,0001) e in tutti i sottogruppi pre-specificati, in particolare in quello con una mutazione di RET diversa da M918T (HR 0,177; IC al 95%, 0,075-0,422).
A un follow-up mediano di 15 mesi, ha riferito Hadoux, il 94,8% dei pazienti nel braccio sperimentale e l’85,7% nel braccio di controllo, sono vivi. I dati di OS sono ancora immaturi, ma l’autore ha sottolineato che suggeriscono già la presenza di un effetto più favorevole per selpercatinib (HR, 0,374; IC al 95% 0,147-0,949; P = 0,0312).
Selpercatinib ritarda il tempo al fallimento del trattamento
Il trattamento con selpercatinib ha migliorato in modo significato rispetto ai MKI di confronto anche il TFFS (definito come il tempo trascorso dalla randomizzazione al primo verificarsi di progressione della malattia, interruzione dovuta a eventi avversi correlati al trattamento, o decesso). Infatti, la mediana di TFFS valutata mediante BICR non è stata raggiunta con selpercatinib, mentre è risultata di 13,9 mesi con cabozantinib o vandetanib (HR 0,254; IC al 95% 0,153-0,423; P < 0,0001). Il beneficio di TFFS associato a selpercatinib è risultato simile anche nella valutazione degli sperimentatori (HR 0,157; IC al 95% 0,095-0,259; P < 0,0001).
Inoltre, selpercatinib ha prodotto tassi di risposta più alti rispetto ai farmaci di confronto. L’ORR è risultato del 69,4% con selpercatinib contro 38,8% con i MKI (OR 3,7 ; IC al 95% 2,2-6,3; P < 0,0001), mentre il tasso di risposta completa è risultato rispettivamente dell’11,9% contro 4,1% e il tasso di risposta parziale rispettivamente del 57,5% e 34,7%. Anche la durata della risposta è stata superiore con l’inibitore di RET; la mediana, infatti, non è stata raggiunta con selpercatinib, mentre è risultata di 16,6 mesi con cabozantinib o vandetanib.
Profilo di sicurezza più favorevole per selpercatinib
Selpercatinib ha mostrato un profilo di sicurezza favorevole rispetto ai farmaci di confronto e la maggior parte degli eventi avversi è stata più frequente nel braccio trattato con i MKI, ha riferito Hadoux.
Gli effetti avversi comuni emergenti dal trattamento di grado 3 o superiore hanno avuto un’incidenza del 52,8% nel braccio selpercatinib e 76,3% nel braccio cabozantinib/vandetanib.
Gli eventi avversi di grado 3 o superiore più comuni con selpercatinib sono stati ipertensione (19%), aumento dell’alanina aminotransferasi (10%), aumento dell’aspartato aminotransferasi (5%), affaticamento (4%) e diarrea (3%). Nel braccio di controllo, invece, sono stati ipertensione (18%), infiammazione della mucosa (13%), sindrome da eritrodisestesia palmo-plantare (9%) e diarrea (8%).
I pazienti che hanno richiesto riduzioni della dose dovute a eventi avversi sono stati il 38,9% con selpercatinib, il 79,2% con cabozantinib e il 71% con vandetanib; mentre un’interruzione definitiva del trattamento dovuta a eventi avversi è stata necessaria nel 4,7% dei casi nel braccio sperimentale e nel 26,8% nel braccio di confronto.
L’importanza dei test molecolari alla diagnosi
«Questi risultati evidenziano l’importanza della selettività nel colpire RET come bersaglio terapeutico e anche l’importanza di sottoporre i pazienti ai test per i biomarker fin dalla diagnosi», ha detto Hadoux nelle sue conclusioni.
«È molto importante aumentare fra i medici e i pazienti la consapevolezza dell’importanza del test di RET, che dovrebbe essere eseguito obbligatoriamente in tutti i soggetti con carcinoma midollare della tiroide, con malattia avanzata/metastatica», ha sottolineato Locati.
Infatti, ha precisato l’esperta italiana, essendo selpercatinib un farmaco target, per potervi accedere è importante effettuare il test che ricerca la presenza delle mutazioni di RET. Il test si può eseguire mediante PCR, andando ad analizzare gli esoni più frequentemente interessati da alterazioni di questo gene, e, in caso di risultati negativi, si può procedere con un esame di secondo livello, cioè l’NGS.
Bibliografia
Hadoux, et al. Randomized phase 3 study of selpercatinib versus cabozantinib or vandetanib in advanced, kinase inhibitor-naïve, RET-mutant medullary thyroid cancer. Ann Oncol. 2023;34(suppl 2):LBA3; doi:10.1016/j.annonc.2023.10.103. https://www.annalsofoncology.org/article/S0923-7534(23)04267-9/fulltext