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Frattura all’anca e uso di bisfosfonati: la tempistica è la chiave

bisfosfonati

Frattura all’anca: un paziente su 6 inizia tardi il trattamento e un paziente su 6 interrompe precocemente o successivamente la terapia con bisfosfonati

Per quanto in due pazienti su 3 si osservi una persistente aderenza al trattamento con bisfosfonati per os nei 12 mesi successivi ad una frattura all’anca, ancora oggi un paziente su 6 inizia tardi il trattamento e un paziente su 6 interrompe precocemente o successivamente la terapia. Questo l’allarme lanciato in uno studio pubblicato su Osteoporosis International.

Razionale e obiettivi dello studio
Come è noto, le fratture osteoporotiche sono associate a disabilità, morbilità e mortalità significative, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio. Le fratture dell’anca, in particolare, sono responsabili di un notevole onere clinico ed economico per gli individui e la società.

I bisfosfonati (BSF) sono raccomandati come trattamento di prima linea per i/le pazienti con osteoporosi confermata radiologicamente o in seguito a frattura da trauma minimo.
Tuttavia, nonostante il loro consolidato rapporto costo-efficacia, i bisfosfonati restano ancora oggi sottoutilizzati: ciò potrebbe dipendere dal timore di possibili impatti negativi sulla guarigione delle fratture o dalla scarsa aderenza e persistenza al trattamento.

Il ritardo di prescrizione può tradursi in un’opportunità mancata di prevenzione delle fratture, dato che il rischio di una seconda frattura è più elevato subito dopo la prima, mentre la mancata aderenza e la mancata persistenza sono state associate a un aumento del rischio di frattura fino al 40%.

La maggior parte degli studi sull’aderenza ai bisfosfonati ha utilizzato il MPR (NdR: medical possession ratio: indicatore di aderenza al trattamento, dato dal rapporto tra il numero totale di giorni di trattamento diviso per il tempo specificato di monitoraggio) per distinguere i pazienti come aderenti o non aderenti, utilizzando vari cut-off.

Un altro strumento epidemiologico utile per identificare diverse traiettorie di utilizzo dei farmaci in base alle somiglianze nei modelli di dispensazione effettivi è rappresentato, invece, dalla modellazione delle traiettorie di impiego in base a gruppi distinti.

L’obiettivo di questo studio è stato proprio quello di studiare le traiettorie di utilizzo dei bisfosfonati orali dopo una prima frattura all’anca e i fattori associati alle diverse traiettorie di aderenza e persistenza, utilizzando set di dati collegati di popolazione. I fattori analizzati comprendevano i dati demografici dei pazienti, la residenza, le comorbilità, la politerapia, le cadute precedenti, la diagnosi di osteoporosi e l’uso precedente di bisfosfonati.

Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio, avente un disegno retrospettivo, ha preso in considerazione tutti i pazienti di età ≥ 50 anni che avevano ricevuto due o più prescrizioni di bisfosfonati a seguito di una prima all’anca in una località dell’Australia (Victoria), dal 2012 al 2017.

E’ stata effettuata una classificazione delle traiettorie d’impiego, a dodici mesi, dei BSF mediante ricorso alla modellazione delle traiettorie basata sui gruppi.  Infine, tramite un’analisi di regressione logistica, sono stati valutati i fattori associati alle diverse traiettorie rispetto alla traiettoria di aderenza persistente in terapia con questi farmaci.

Passando ai risultati, i ricercatori hanno identificato quattro modelli di utilizzo dei BSF per os in 1.811 pazienti: 1) aderenza persistente (66%); 2) erogazione ritardata (17%); 3) interruzione precoce del trattamento (9%) e 4) interruzione tardiva del trattamento (9%).

E’ emerso, allora, che l’impiego di BSF prima dell’ospedalizzazione era associato ad un rischio minore di erogazione ritardata del farmaco in entrambi i sessi (RR: 0,28, IC95%: 0,21-0,39). In particolare, i pazienti più anziani (85 anni contro 50-64 anni: RR: 0,38, IC95%: 0,22-0,64) si connotavano per un rischio minore di ritardo nell’erogazione del trattamento.

I pazienti di sesso maschile con ansia (RR: 9,80, IC95%: 2,24-42,9) e le pazienti di sesso femminile con storia pregressa di cadute si caratterizzavano, invece, per un rischio maggiore di interruzione precoce del trattamento (RR: 1,80, IC95%: 1,16-2,78).

Implicazioni dello studio
Il risultato principale dello studio è che due pazienti su tre hanno presentato un’aderenza persistente alla terapia nei 12 mesi successivi alla prima frattura dell’anca. Tuttavia, un paziente su 6 ha ritardato la somministrazione dopo la dimissione.

L’età avanzata, l’aumento della fragilità e l’uso di BSF prima della dimissione sono risultati associati ad un rischio minore di ritardo nella somministrazione.

Un altro paziente su 6 ha interrotto la terapia in anticipo o in ritardo nei 12 mesi successivi alla dimissione. I pazienti di sesso maschile con disturbi d’ansia e le pazienti di sesso femminile con una storia di cadute pregresse erano associati ad un maggior rischio di interruzione precoce della terapia.

Tali risultati suggeriscono la necessità di moltiplicare gli sforzi per incrementare ulteriormente l’impiego di questi farmaci antiriassorbitivi in modo specifico in base al genere, e di affrontare il problema dell’esitazione dei pazienti ad iniziare il trattamento.

Bibliografia
Leung, MTY et al. Trajectories of oral bisphosphonate use after hip fractures: a population-based cohort study. Osteoporos Int (2024). https://doi.org/10.1007/s00198-023-06974-6
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