“Amunì”, scritto e diretto da Salvo Miraglia, al Teatro Trastevere


Dal 28 febbraio al 3 marzo 2024 lo spettacolo “Amunì”, scritto e diretto da Salvo Miraglia, coreografie di Jean Michel Danquin, al Teatro Trastevere

amunì

Anna e Mela sono due attrici decise a destare Santi, attore siciliano radicato nel suo appartamento e nella sua inestirpabile sicilianità. Lo vogliono convincere a scrivere la nuova commedia da portare in scena. Per strapparlo dal quel sonno atavico devono compiacerlo e fingersi conterranee. Amunì è una carezza e un invito ad “andare” e volare sui Miti della Sicilia, passati alla lente tragicomica. Emergono le virtù e i tanti vizi del siciliano. Il rapporto col cibo, la tradizione, le donne: la madre e la moglie. Si guarda a un passato molto remoto: quello dei siculi e dei sicani. Si attraversano in un lampo le dominazioni, la vera storia del bandito Giuliano, il discorso del Principe Salina di Tomasi di Lampedusa, il grido del cantastorie Cicciu Busacca, la Leggenda di Colapisci, Verga. Un sogno aleggia nell’aria: una presenza misteriosa scandisce quel desiderio sotto il cielo stellato del Teatro.

Nota dell’autore

Amunì è un’indagine sulla sicilianità, sui miti dell’isola al centro del mondo: Mediterraneo. Miti di penne dotte che hanno visitato la Sicilia o l’hanno immaginata. Ho tentato (in prosa divertente e impegnata, canto, danza) di raccontare quel carattere coriaceo del siciliano. La consistenza ruvida e solida di certi atteggiamenti va scovata nelle origini: siculi e sicani probabilmente erano già così e le tredici dominazioni sono solamente transitate sull’isola a forma di triscele o trinacria. Un passaggio che ha lasciato come eredità orme nei palazzi, nei ponti, nella lingua e null’altro: quindi nessun dominatore ha mai davvero dominato. Il siciliano non cambia. Il viaggio a ritroso è raccontare un continente non solo un’isola: le donne, la bellezza dei paesaggi, la Scuola siciliana, l’opera straordinaria di Federico II, il pensiero dei nobili all’avvento dei Savoia. La mafia e la prima ridicola messinscena della politica col banditismo di Giuliano e la sua fotografica e plateale cattura quando ormai un’eco di Portella della Ginestra si faceva roboante. Dedico uno spazio ai Cantastorie con il Re: Cicciu Busacca. Si racconta cantando Otello Profazio, quel meraviglioso mito di un uomo chiamato Colapisci. La pièce è un invito alla bellezza dell’essere umano. Un invito a godere della bellezza del mondo e a valutarne il sorprendente potere linguistico.