“Una volta sola nella vita” di Tom Hanlin, traduzione di Giorgio Manganelli, edizione italiana a cura di Niccolò Brunelli, è in libreria
«Se voi vi sentite tanto superiori da non riuscire a interessarvi di minatori e di serve, smettete di leggere. D’ora in poi, io mi rivolgo ai minatori ed alle serve di tutto il mondo». Così Tom Hanlin, che sperimentò in prima persona la fatica e i rischi del lavoro in miniera, presenta il suo romanzo, imponendoci di accostarci a esso con il giusto sguardo. Di questo prolifico autore John Steinbeck aveva un’altissima opinione, e definì Una volta sola nella vita «meraviglioso». È in effetti impressionante la modernità e la portata letteraria e sociale di quest’opera che appare subito diversa da ogni altra: una scrittura asciutta nella quale ogni vocabolo pesa di molti significati; così crudelmente precisa da far sembrare il nero delle parole più nero ancora sulla pagina, come carbone.
Dopo aver vinto il primo premio (cinquecento sterline) della BIG BEN BOOKS competition organizzata dalla Wells Gardner, Darton and Company nel 1944, Once in Every Lifetime venne pubblicato a Londra nel 1945 per i tipi della Nicholson & Watson e ne vennero vendute circa 250.000 copie. La fortuna di Hanlin arrivò oltreoceano e, nell’ottobre dello stesso anno, la rivista Woman’s Home Companion pubblicò la prima metà del romanzo, stampato invece per intero dalla casa editrice newyorkese Viking Press. L’edizione statunitense registra, rispetto a quella inglese, un significativo numero di modifiche e sostituzioni all’interno del sistema grafematico e paragrafematico, incidendo talvolta — più precisamente a causa di un diverso ordinamento interpuntivo — sulla sintassi, senza rilevanti alterazioni di senso e contenuto. È probabile che ciò non sia riconducibile a una precisa volontà dell’autore, bensì che faccia parte di comuni meccanismi editoriali, di revisione e adattamento del testo, in accordo con le norme tipografiche dell’editore newyorkese e le esigenze del suo pubblico; ugualmente sono riconducibili agli editori le sporadiche sostituzioni lessicali, spesso appartenenti al registro quotidiano e allo slang. Tuttavia l’edizione statunitense espunge da quella inglese piccole e compatte porzioni di testo. Non è da escludere l’ipotesi che tali espunzioni si debbano a una indicazione d’autore. ma osservandone il contenuto invece sembrerebbe trattarsi di una manovra editoriale ben calcolata: le parti espunte infatti non assolvono indispensabili funzioni narrative, semmai interrompono bruscamente il racconto con considerazioni di natura sociopolitica ed economica; e poiché quando il romanzo venne pubblicato negli Stati Uniti il secondo conflitto mondiale si era concluso da pochi mesi, è plausibile che gli editori della Viking Press abbiano ritenuto opportuno ripulire il testo da frecciate polemiche alle potenze vincitrici. Oppure, più cautamente, è verosimile che le sezioni in questione siano state rimosse per rendere più agile la narrazione. Molto più raramente, l’edizione statunitense si limita ad integrare brevi incidentali o qualche parola con funzione epesegetica, verosimilmente ascrivibili a una seconda redazione del testo. L’unica traduzione in italiano, effettuata da Giorgio Manganelli secondo l’edizione della Viking Press, venne pubblicata da Mondadori nel marzo del 1947. (Niccolò Brunelli)
TOM HANLIN (1907-1953), scozzese, a quattordici anni abbandonò gli studi per lavorare prima in una fattoria e poi in miniera, dove rimase per i successivi venti anni. Al lavoro affiancò lo studio in una scuola di giornalismo di Glasgow. A seguito di un incidente in miniera nel 1945 trascorse tre mesi a riposo e cominciò a scrivere storie che ebbero successo, portando così a compimento il suo sogno di bambino. Morì per problemi cardiaci e respiratori. Scrisse oltre trenta racconti, diversi romanzi, saggi e radiodrammi. Una volta sola nella vita è il suo romanzo più noto.