Leucemia linfatica cronica: tempi della terapia incidono sulla qualità di vita


Leucemia linfatica cronica, in Italia colpite oltre 25mila persone. La strategia terapeutica può essere a “termine” per  garantire una qualità di vita più soddisfacente

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Principalmente uomo, con un’età media di 70 anni e senza sintomi evidenti al momento della diagnosi. È questo l’identikit del paziente che in Italia si ammala di Leucemia Linfatica Cronica: la leucemia più diffusa nel mondo occidentale, solo in Italia 3.400 casi vengono diagnosticati ogni anno, per un totale di oltre 25mila persone colpite. Stiamo assistendo ad un’evoluzione del concetto di tempo per il malato grazie ad un nuovo paradigma terapeutico e ad una rinnovata valutazione della qualità di vita. Rispetto al recente passato la strategia terapeutica può essere a “termine”.

È così possibile controllare la neoplasia e, soprattutto, garantire una qualità di vita più soddisfacente – sia professionale che personale – al paziente di tutte le età. È questo il concetto emerso durante il convegno nazionale “Leucemia Linfatica Cronica: tempo per vivere” promosso da AbbVie, con la partecipazione di clinici ed esperti che si ritrovano a Roma per fare il punto sullo stato dell’arte rispetto alle nuove prospettive dei pazienti, anche in prima linea di trattamento. Il convegno è stato aperto da un monologo dell’attrice e paziente Laura Marziali.

“La leucemia linfatica cronica è una forma di tumore del sangue ‘indolente e poco aggressivo’ a differenza di altre patologie del sangue a rapida comparsa e progressione – afferma il prof. Paolo Sportoletti, Sezione Ematologia del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Perugia -. È sempre più curabile, anche se ha una forte tendenza a ripresentarsi a distanza di tempo. La malattia origina da una eccessiva produzione di un particolare tipo di globuli bianchi chiamati linfociti B che tendono ad aumentare nel tempo a livello del sangue e che possono accumularsi in linfonodi e milza facendoli crescere. Di solito, si manifesta con una certa lentezza e viene scoperta casualmente, per esempio grazie ad esami del sangue che rivelano un incremento dei globuli bianchi. Possono passare diversi anni prima della comparsa di sintomi evidenti, come emorragie o infezioni. Per questo la sopravvivenza stimata a cinque anni è piuttosto alta, intorno al 70%. I trattamenti sono necessari quando i globuli bianchi tendono a crescere molto rapidamente o quando i valori di globuli rossi e piastrine scendono sotto livelli di allerta che espongono a rischio di vita il malato. Anche linfonodi o milza molto grandi richiedono un intervento terapeutico. L’obiettivo più importante delle cure è quello di riportare i valori del sangue e le dimensioni dei linfonodi alla normalità, ottenendo quello che si definisce una remissione della malattia. Oggi la leucemia linfatica cronica può essere trattata con le terapie target intelligenti che, in combinazione con altri farmaci, sono in grado di assicurare periodi liberi sia dalla progressione della malattia che dalla stessa somministrazione di farmaci”.

“Il meccanismo d’azione delle terapie target è quello di interferire direttamente con i processi che regolano la proliferazione e la sopravvivenza delle cellule leucemiche – prosegue Francesca Romana Mauro, professore di Ematologia presso il Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione dell’Università di Roma, Sapienza -. Nello specifico, l’inibitore selettivo di BCL-2 in associazione ad anti-CD20 o in monoterapia permette di ottenere risposte profonde, in cui la malattia è talmente ridotta da non essere più identificata, anche da metodiche di laboratorio altamente sensibili. Questo risultato consente, a seconda della linea di trattamento, la sospensione dello stesso, con il beneficio per il paziente di essere libero dalla necessità di una nuova cura, anche per anni, e da tutte le tossicità che comporta un trattamento continuativo. Inoltre, la terapia, quando limitata nel tempo, ha un impatto minore anche in termini di costi per il Sistema Sanitario. Il trattamento della Leucemia Linfatica Cronica è ormai, salvo eccezioni, chemio-free, con indubbi vantaggi per i pazienti. Il trattamento chemio-immunoterapico utilizzato fino a qualche anno fa, per quanto efficace, era mal tollerato a causa degli effetti collaterali e di una importante tossicità sia a breve che a lungo termine. Disporre oggi di farmaci efficaci e meglio tollerati rappresenta un grande beneficio per i pazienti con Leucemia Linfatica Cronica”.

“A volte le tossicità insorgono anche mesi o addirittura anni dopo la somministrazione dei farmaci – aggiunge il prof. Marco Vignetti, Presidente di Fondazione GIMEMA -. Le controindicazioni, legate ai trattamenti tradizionali, possono portare anche alla necessità di trasfusioni di globuli rossi o piastrine. È perciò nostra priorità arrivare a cure somministrate per periodi precisi e limitati di tempo. Stiamo assistendo ad un cambiamento decisamente importante e il futuro per il trattamento della Leucemia Linfatica Cronica si sta sempre più orientando verso una strategia a durata fissa, una prospettiva particolarmente rilevante se consideriamo anche la crescita nel nostro Paese degli over 70, che hanno superato quota 10 milioni. L’aspettativa di vita dei pazienti ematologici continua a crescere, per questo è sempre più importante porre attenzione al concetto di ‘tempo’ sia per il paziente sia per l’ematologo, come ulteriore indicatore della loro qualità della vita”.

“Tutti i pazienti devono poter avere tempo e spazio a disposizione nel confronto con i propri ematologi – aggiunge Davide Petruzzelli, Presidente Associazione La Lampada di Aladino ETS -. Sia nel momento della diagnosi sia nella scelta terapeutica e di follow-up, è importante portare a conoscenza il paziente del percorso che gli si prospetta, ma anche ascoltare quelle che sono le sue necessità e le sue preferenze. Le recenti strategie terapeutiche ci permettono di guardare oltre i trattamenti standard che facevano utilizzo della chemioterapia, tutti quanti i pazienti eleggibili alle terapie target debbono poter beneficiare di questa innovazione, e il tempo dev’essere considerato un indicatore imprescindibile affinché via sia una corretta comunicazione e uno scambio continuo tra le parti coinvolte”.

“La nostra Azienda è impegnata da molti anni nell’ematologia – conclude la dott.ssa Annalisa Iezzi, Direttore Medico di AbbVie -. L’obiettivo primario che ci poniamo è di investire nella ricerca e nello sviluppo di terapie innovative che abbiano un impatto significativo sulla vita delle persone. Infatti, tanto l’anziano quanto il giovane, colpiti dalla Leucemia Linfatica Cronica, hanno il diritto di riappropriarsi della propria quotidianità. Per questo, crediamo che l’ascolto e la pronta risposta.