Uno studio su Cell avrebbe identificato le ragioni per cui le donne sono maggiormente suscettibili degli uomini ad andare incontro allo sviluppo di malattie autoimmuni
Uno studio appena pubblicato su Cell avrebbe identificato le ragioni per cui le donne sono maggiormente suscettibili degli uomini ad andare incontro allo sviluppo di malattia autoimmuni (come il lupus, l’artrite reumatoide e la sclerosi sistemica, per fare alcuni esempi rimanendo nell’ambito di pertinenza della Reumatologia). Tutto sembrerebbe dipendere, secondo questo studio, dalle modalità con le quali l’organismo sarebbe in grado di gestire una delle due copie del cromosoma X nelle donne.
I presupposti dello studio
L’esistenza di una differenza di genere nella manifestazione delle malattie autoimmuni è documentata da tempo, dato che, stando a stime Usa, 4 pazienti su 5 affetti da lupus, artrite reumatoide e da altre malattie autoimmuni sono donne.
Ciò ha portato a postulare un possibile coinvolgimento di una delle due copie del cromosoma X alla base della differenziazione tra uomini e donne, dato che gli uomini possiedono un solo cromosoma X appaiato con un cromosoma Y, mentre le donne possiedono due cromosomi X.
Il nostro DNA è trasportato all’interno di ogni cellula in 23 paia di cromosomi, compreso quell’ultimo paio che determina il sesso biologico. Il cromosoma X è pieno di centinaia di geni, molto più di quanto non sia il cromosoma Y, molto più piccolo.
Ogni cellula femminile, pertanto, deve “spegnere” una delle due copie del cromosoma X per evitare di ottenere una dose doppia tossica di tutti quei geni.
Il responsabile di questa inattivazione di una delle due copie del cromosoma X è un tipo speciale di RNA denominato Xist. Questo lungo tratto di RNA tende a “sostare” in diversi punti lungo uno dei due cromosomi X di una cellula, attira proteine che si legano ad esso, silenziando il cromosoma.
Uno degli autori del nuovo studio, Howard Chang, un dermatologo di Stanford (Usa), stava studiando le modalità di funzionamento di Xist, identificando un centinaio di proteine in grado di silenziare il cromosoma X: di queste, molte sembravano correlate allo sviluppo di disturbi autoimmuni cutanei solo nel sesso femminile.
L’identificazione di questo set di proteine ha portato i ricercatori a chiedersi se Xist, presente solo nel sesso femminile insieme ad altre proteine ad esso legate nelle malattie autoimmuni cutanee, potesse in qualche modo organizzare le proteine ad esso associate in modo tale da attivare il sistema immunitario.
Lo studio in breve
Ipotizzando che, per alterare il sistema immunitario in senso autoreattivo sia necessario combinare la suscettibilità genetica con un trigger ambientale come un’infezione o un infortunio, i ricercatori hanno deciso di ricorre all’ingegneria genetica per produrre artificialmente Xist in topi di laboratorio maschi – senza silenziare il loro unico cromosoma X – per vedere cosa succedeva.
Inoltre, hanno allevato, parallelamente, topi suscettibili allo sviluppo di una condizione simile al lupus che può essere innescata da un irritante chimico.
Analizzando i risultati, è emerso che i topi che producevano Xist formavano i caratteristici grumi di proteine e, quando innescati, sviluppavano autoimmunità simile al lupus a livelli paragonabili ai topi femmina del modello murino di lupus indotto mediante irritante chimico.
Oltre agli esperimenti condotti su modello animale, i ricercatori hanno anche esaminato campioni di sangue provenienti da 100 pazienti affetti da malattia autoimmunitarie, rilevando la presenza di autoanticorpi diretti contro le proteine associate a Xist che, fino ad ora, non erano state collegate a disturbi autoimmuni, probabilmente perché fino ad ora i test standard per documentare la presenza di autoreattività del sistema immunitario erano stati condotti utilizzando solo cellule maschili.
Implicazioni dello studio
Nel complesso, i risultati di questo studio suggeriscono un ruolo significativo per Xist come motore dell’autoimmunità, che potrebbe essere alla base delle differenze di genere esistenti relativamente allo sviluppo di malattie autoimmuni.
Inoltre, aggiungono i ricercatori “…tali risultati potrebbero darci un percorso più breve per diagnosticare i pazienti che appaiono clinicamente e immunologicamente molto diversi”. Spiegano i ricercatori: “Potresti avere autoanticorpi per la Proteina A e un altro paziente potrebbe avere autoanticorpi per la Proteina B, e potremmo pensare che siano malattie diverse. Ma se entrambe le proteine sono organizzate da Xist, allora, forse, questi due pazienti potrebbero essere affetti dalla stessa malattia”.
iferimento bibliografico
Dou DR et al. Xist ribonucleoproteins promote female sex-biased autoimmunity. Cell 2024