“FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea” a cura di Roberto Lacarbonara e Gaspare Luigi Marcone prosegue con Lorenza Boisi e Luigi Ontani
Fino all’11 gennaio 2025, BUILDINGBOX presenta FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea, un progetto espositivo a cura di Roberto Lacarbonara e Gaspare Luigi Marcone che coinvolge dodici artisti italiani chiamati a esporre sculture e installazioni realizzate in ceramica: un programma dedicato alla secolare tradizione artistica della città di Faenza, tra i principali distretti produttivi nazionali, nonché sede ed epicentro di progetti e musei tematici come il “MIC Museo Internazionale delle Ceramiche”, il “Premio Faenza” e il “Museo Carlo Zauli”. Inoltre, la rassegna nasce come forma di omaggio verso un territorio segnato dall’alluvione del maggio 2023. Come nella consueta programmazione annuale di BUILDINGBOX, la rassegna ospita interventi a cadenza mensile. In questa edizione, la presentazione delle opere avverrà il 12 di ogni mese: “numerologia” che allude alla ciclicità e alla sintesi tra elementi terreni, spirituali e temporali, oltre alle numerose simbologie legate al numero 12 nella storia e nelle culture di diverse parti del mondo.
Il progetto rappresenta una mappatura e una sintesi di alcune delle principali espressioni artistiche legate alla ceramica del XX e XXI secolo, promuovendo un avvicendamento tra autori di diverse generazioni che, in maniera ricorrente o sporadica rispetto alla propria produzione, usano le tecniche di lavorazione dell’argilla proseguendo, recuperando o rivoluzionando la straordinaria manualità della formatura e il valore cromatico-luministico delle smaltature.
Città divenuta sinonimo della ceramica maiolicata in molte lingue – il francese (faïance), l’inglese (faience) – l’antica Faventia è terra di produzione artigiana sin dall’epoca romana, caratteristica che sarà potenziata nei secoli successivi. In anni recenti molti sono gli artisti che hanno fatto ricorso alle fornaci faentine – anche grazie a progetti di residenze, mostre, workshop, premi, riviste – per la produzione artistica di sculture di medie e grandi dimensioni, spesso pensate per uno sviluppo ambientale e installativo. L’atto primario e demiurgico di forgiare la terra conferisce alla ceramica uno statuto esclusivo, quasi un’ontologia, la condizione aurorale della scultura. Nell’immediatezza plastica della manipolazione che precorre la cristallizzazione di una cottura, vi è tutta la naturalezza di un procedere per trasformazioni lente e meditate tra progettualità e casualità. Nella ceramica, come in un disegno, c’è il seme di un’origine, quella sorgività dell’immagine e delle cose nell’attimo stesso del loro concepimento. Dunque, la ceramica – al di là delle categorizzazioni tra artigianato, arte, oggetto d’uso, pezzo unico o seriale – detiene una intermedietà (o intermedialità) tra pensiero e gesto, tra segno e plastica, tra forma e colore operando, inoltre, con vari elementi naturali come terra, acqua e fuoco e ibridando linguaggi, tecniche, ricerche e conoscenze tra gli artisti e gli artigiani.
Fino all’11 aprile 2024
Lorenza Boisi
Ondulux (dettaglio), 2017-2024
ceramica secondo fuoco
installazione, misure complessive variabili
Il terzo appuntamento della rassegna FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea è dedicato all’opera Ondulux (2017-2024) di Lorenza Boisi (Milano, 1972) composta, si potrebbe dire, da frammenti biografici colorati, realizzati in questi ultimi anni. Alla stregua di vecchie lamiere ondulate, adoperate nelle coperture provvisorie o semipermanenti di edifici industriali, le lastre di ceramica di Boisi appaiono logore, consunte e frammentarie, bucate in più parti, come estratte da una originale allocazione a esaurimento della propria funzionalità. All’origine della scultura, un ricordo d’infanzia: un evento meteorologico violento degli anni Settanta che, tra tetti scoperchiati di case e capannoni, alberi sradicati e la disperazione della gente, segnò la memoria dell’artista “per via dell’inatteso arrivo di una vasta lastra di ondulux tipicamente verde, strappata chissà da quale dove, per atterrare sul nostro giardino pensile”. Emulando la forma modellata nel tipico profilo “a onda” – concepito nelle lamiere di plastica o metallo per aumentare la resistenza agli sforzi di flessione – Boisi alimenta l’ambiguità visiva e giunge alla sottile contraddizione tra materiali estremamente differenti in termini di impiego e resistenza. Della fragilità della ceramica sappiamo. Conosciamo gli usi affettivi e domestici, le antiche testimonianze di civiltà che, dalla forgiatura della terra, traevano forme e sostegni, ma anche ornamento e figure. Boisi attinge, innanzitutto, alla produzione di fabbrica, approdando a un modello, a una soluzione e a una superficie capaci di mostrare tanto la linearità del disegno progettuale e serializzato, quanto l’irregolarità e imperfezione di un fare manuale, irregolare e non funzionale. Da tempo al centro della produzione dell’artista milanese, le sue sculture in ceramica rivelano l’immediata esigenza di plasmare la materia in assoluta autonomia, senza mai demandare alle maestranze.
Un approccio che ben si addice alla ricerca di immediatezza espressiva, esistenziale ed emotiva nel segno pittorico e scultoreo, laddove le forme, le narrazioni, gli echi mitici e gli oggetti della memoria personale compongono un universo plastico dalla forte “emotività concettuale”, come spesso dichiara l’artista. Gesti liberi e cromie accese di gusto genuinamente naïf accanto a un’esibita perizia tecnica e sintesi formale, come nelle opere in mostra che, occupando lo spazio per via di illogiche disposizioni e sovrapposizioni, rivelano la sua connaturata insubordinazione, fuggendo dalla presunta simulazione dell’oggetto verso l’invenzione di un corpo-onda che ostenta la sua pelle smaltata di nuova luce e trasparenza. “L’ondulux ha un bellissimo nome: Luce ondulata; sì, perché è come guardare, attraverso quelle increspature, dei bassi fondali” ricorda l’artista. Le particolari cromie dei lavori sono state realizzate nei laboratori del Museo Carlo Zauli di Faenza.
12 aprile – 10 maggio 2024
Luigi Ontani
Grillo Mediolanum, 1995
ceramica policroma e oro zecchino
95 x 47 x 46 cm
Il quarto artista ospitato nel BUILDINGBOX, per il progetto FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea, è Luigi Ontani (Montovolo, 1943) con l’opera Grillo Mediolanum (1995). Nella produzione dell’artista, il ricorso alla ceramica risale agli anni Ottanta (attraverso la collaborazione con il Laboratorio Terraviva a Vietri sul Mare e con Venera Finocchiaro a Roma) e il rapporto con le maestranze faentine – in particolare con la Bottega d’Arte Ceramica Gatti dal 1990 – conduce alla realizzazione di numerose sculture dal carattere allegorico e mitologico con il frequente rimando al proprio autoritratto, in continuità con l’opera performativa e i celebri tableaux vivants.
Il caso di Grillo Mediolanum rappresenta un intervento di omaggio ludico nei confronti del capoluogo lombardo. Invitato a presentare un progetto dall’architetto Italo Rota – all’epoca Assessore per la Qualità urbana – Ontani realizza la scultura raffigurando un essere antropomorfo che sintetizza vari emblemi della “milanesità” – un grillo, con le sembianze dell’artista e con la barba alla Leonardo da Vinci – che regge in una mano una copia dei Promessi Sposi (1825-1842) di Alessandro Manzoni e, nell’altra, un uovo dorato; oggetto ricorrente in alcune opere dell’artista, possibile rimando alla Pala Montefeltro (1472-1474 circa) di Piero della Francesca, conservata nella Pinacoteca di Brera, oltre che a varie opere di forma “ovoidale” realizzate da Lucio Fontana o Piero Manzoni nonché al luogo di origine dell’artista (Montovolo). Il busto della statua è rivestito con un motivo ornamentale che riproduce l’interno del Teatro alla Scala e indossa un cinturone con lo stemma cittadino (una croce rossa su fondo bianco). Sulla testa, un copricapo a forma di panettone, sormontato da una riproduzione della Merda d’artista (1961) di Piero Manzoni. L’articolato e ironico raggruppamento di numerosissime citazioni e rimandi iconici, concepito dall’artista al fine di proporre una singolare e nuova “mascotte” della città, suscitò numerose polemiche e contestazioni da parte della giunta comunale del sindaco Marco Formentini. Oggetto di critiche e insulti anche pubblici, messo alla berlina in strada nei pressi di corso Buenos Aires – fu soprannominato “bagonghi”, nano da circo – il lavoro di Ontani trovò tra i difensori lo stilista Elio Fiorucci secondo il quale rappresentava bene lo spirito di Milano tra vivacità e ironia, definendo l’opera “talmente moderna che non la capisce nessuno”. Dopo queste vicissitudini il Grillo Mediolanum è stato esposto in vari contesti e musei – dal Palazzo della Ragione di Milano al Castello di Rivoli – per poi trovare nuova casa in una illuminata collezione privata.