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Impiantato primo pacemaker di ultima generazione per combattere il Parkinson

Un test di amplificazione dei semi di alfa-sinucleina (αSyn-SAA) identifica accuratamente le persone con malattia di Parkinson secondo un nuovo studio

All’Irccs-Bellaria a Bologna è stato impiantato per la prima volta in Italia un pacemaker di ultima generazione per combattere il Parkinson

Si apre una “nuova era” a Bologna per la cura del Parkinson. A definirla così sono gli stessi specialisti dell’Irccs-Istituto di scienze neurologiche all’ospedale Bellaria, che di recente hanno presentato il primo impianto in Italia (uno dei primi in Europa) di un dispositivo di ultima generazione per la neurostimolazione profonda in un paziente. Si tratta in sostanza di un pacemaker (viene impiantato nel petto, nella stessa posizione di quello cardiaco), collegato con alcuni elettrodi posizionati in una zona profonda del cervello. Attraverso impulsi elettrici il dispositivo contrasta e blocca i disturbi del movimento provocati dalla malattia, come ad esempio il ‘famoso’ tremore della mano.

NON ANCORA PER TUTTI I MALATI

All’Irccs del Bellaria sono circa 4.000 i pazienti presi in carico affetti da morbo di Parkinson. Ma solo il 5% di loro viene selezionato per questo tipo di interventi. Vengono infatti scelti malati ancora abbastanza giovani e con una storia di Parkinson non troppo lunga (tra i cinque e i sette anni). Inoltre non devono presentare compromissioni cognitive e devono aver mostrato nel tempo una risposta positiva al farmaco principale usato nel contrasto del Parkinson, ossia la levodopa.

LA STORIA DEL SIGNOR GABRIELE

Il signor Gabriele Selmi, il primo paziente a cui è stato impiantato il nuovo pacemaker contro la malattia, ha 66 anni e soffre di Parkinson da otto. Di mestiere faceva il direttore di banca e nei primi anni dopo la diagnosi ha provato a contrastare la malattia intensificando l’attività sportiva, come indicato dai medici. Fino a che, nell’inverno scorso, gli è stato proposto l’impianto del dispositivo. Una volta fatti gli esami necessari, che hanno dato via libera, a gennaio Selmi è stato sottoposto all’intervento, durato nove ore, e svolto in buona parte col paziente sveglio, in modo da verificare in tempo reale gli effetti del pacemaker.

“ORA SOGNO DI ATTRAVERSARE LO STRETTO A NUOTO”

“Sto decisamente bene- testimonia oggi in conferenza stampa il signor Gabriele- avevo una forte invalidità al braccio destro (tremore incontrollabile della mano e irrigidimento dell’arto, ndr) che ora non ho più. La macchina che mi hanno impiantato consente di regolare gli impulsi tutti i giorni in base alle esigenze“. Dopo le prime verifiche “abbiamo trovato la misura giusta- racconta Selmi- in pratica abbiamo accordato il pianoforte. Tant’è che lunedì prossimo ricomincio ad andare in piscina e a fare ginnastica come ho sempre fatto prima dell’intervento“. Il sogno, adesso, è riuscire a fare la traversata dello Stretto di Messina a nuoto, che ogni anno l’associazione dei parkinsoniani organizza in settembre. “Sarebbe un punto di arrivo incredibile- dice Selmi- vediamo se ce la faccio”.

DIMEZZATI DISTURBI E FARMACI

Il pacemaker contro il Parkinson dimezza sia i disturbi di movimento sia la quantità di medicinali necessari per la terapia farmacologica. “I pazienti di fatto tornano a uno stadio precoce della malattia“, spiega il neurochirurgo Alfredo Conti, che oggi in conferenza stampa al Bellaria ha presentato l’intervento insieme al direttore generale dell’Ausl di Bologna, Paolo Bordon, a Paolo Cortelli e Raffaele Lodi, direttore operativo e direttore scientifico dell’Irccs, a Carmelo Sturiale, direttore della Neurochirurgia dell’Istituto, e all’assessore alla Sanità del Comune di Bologna, Luca Rizzo Nervo.

UN PACEMAKER CON BLUETOOTH

Impianti di questo tipo per i malati di Parkinson e su chi ha disturbi motori si fanno da decenni, ma la tecnologia si è evoluta e in questo caso si tratta di un dispositivo di ultima generazione. Oltre a essere più piccolo dei precedenti, è anche ricaricabile dall’esterno grazie al sistema bluetooth. Questo permette di non dover intervenire di nuovo ogni volta per ridare energia alla batteria. Inoltre è in grado di registrare anche l’attività cerebrale, consentendo così di regolare di volta in volta gli impulsi in base alle necessità. Questo, peraltro, apre in futuro alla possibilità di una “stimolazione adattiva”, ossia di un dispositivo che si autoregola in base alle esigenze e alle reazioni del paziente.

ALTRI 30 INTERVENTI PROGRAMMATI

Il pacemaker in questione è già dotato di questa tecnologia, che però sarà attivata solo dopo aver raccolto una mole adeguata di dati. Il Bellaria è stato scelto come centro pilota a livello nazionale per sviluppare questo tipo di impianti e sono già una trentina gli interventi programmati. “Inizia una nuova era”, sottolinea Cortelli. “La strada è aperta a ulteriori miglioramenti”, aggiunge Sturiale. “Un orgoglio per la città di Bologna”, commenta Rizzo Nervo. Un risultato frutto di un “lavoro di squadra significativo- chiosa Bordon- grazie al team multidisciplinare che lavora all’Irccs del Bellaria. E’ la dimostrazione che assieme si può fare innovazione dal punto di vista della scienza medica e anche ricerca su pazienti complessi”.

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