Stasera su Rai 5 nuovo appuntamento con “Wild Italy” e a seguire con “Il vento di Alghero”, un viaggio alla scoperta della Barcellona della Sardegna
È in un quadro tendenzialmente positivo, in cui sensibilità dell’opinione pubblica e l’attenzione alle problematiche ambientali aiutano il cammino verso la sostenibilità, che piomba come un macigno la grande incognita rappresentata dal surriscaldamento globale, dalle crisi idriche, dai fenomeni meteo estremi che si suole definire, ormai per accezione comune, cambiamento climatico, dovuto all’effetto serra, cioè all’accumulo di gas di combustione nell’atmosfera. Lo racconta “Wild Italy”, in onda domenica 31 marzo alle 21.15 in prima visione su Rai 5.
L’incremento della temperatura del mare, la sua tropicalizzazione anche per l’invasione di specie di mari caldi giunte dal canale di Suez, da Gibilterra e da altre vie, l’espansione di specie aliene favorite dalle condizioni ambientali mutate, lunghi periodi di siccità seguiti da rovinose precipitazioni, concorrono a mettere in crisi la biodiversità, non tanto a livello di grandi specie, quanto di microhabitat relitti, di invertebrati e della fauna delle acque dolci, in particolare gli anfibi.
La grande sfida oggi non si gioca tanto nel tentativo, impossibile, di fermare e invertire l’andamento delle mutazioni climatiche, quanto nel rallentare il progredirne e nel permettere agli esseri umani, e alla biodiversità, di adattarsi al cambiamento.
A seguire, Sardegna nordoccidentale, Capo Caccia. Su un promontorio di roccia calcarea, chiamato per la sua conformazione il “Gigante che dorme”, si erge solitario un faro bianco. Originariamente costruito nell’800, è stato poi riedificato tra il 1950 e il 1960. Con i suoi 186 metri oltre il livello del mare, è il faro più alto d’Italia e domina incontrastato il Golfo di Alghero. Abitato per oltre vent’anni da Luigi Critelli, un genovese incaricato di custodirlo e tenerlo in funzione, offre un ottimo punto di partenza per un viaggio verso la “Barcellona” della Sardegna. È il viaggio del doc di Gemma Giorgini e Vittorio Rizzo “Il vento di Alghero”, in onda domenica 31 marzo alle 22.10 in prima visione su Rai 5.
Dal 1354 e per quattro secoli Alghero è stata una colonia catalana, strappata ai genovesi. Il centro storico, le fortificazioni, le stradine acciottolate, ma soprattutto il particolarissimo idioma (l’“algherese”: una commistione tra la variante più antica del catalano e il sardo) ricordano le atmosfere delle cittadine nordorientali della Spagna. A sugellare ulteriormente questo gemellaggio con la Catalogna è la data del 25 agosto 1960 quando la nave da crociera Virginia de Churruca approda ad Alghero con 159 catalani, ansiosi di conoscere i loro ‘fratelli’ di lingua. Un evento straordinario, il famoso Viatge del Retrobament, che vede la partecipazione di quasi quindicimila persone, provenienti da tutta la Sardegna. Un ricordo indelebile, come testimonia Pasqualino Mellai, sarto di professione e algherese doc, che racconta l’emozione di quel momento come espressione massima dell’identità catalana di Alghero.
Ma c’è anche un legame con la Francia: nella Baia di Porto Conte, a pochi chilometri da Alghero, nel 1944 vive Antoine de Saint-Exupery, autore del Piccolo Principe, cui vengono affidati dei voli di ricognizione sulle coste della Francia per fotografare gli avamposti tedeschi. Vive ad Alghero gli ultimi mesi della sua vita, e qui scrive gran parte de “La Cittadella” e “Lettera a un americano”. La vecchia torre aragonese della Baia di Porto Conte ospita oggi il M.A.S.E, un museo che ripercorre le tappe fondamentali della vita e delle opere dell’aviatore/scrittore più noto di sempre. Ma “Il Piccolo Principe” abita anche a Tramariglio, dove per vent’anni è esistita una colonia penale (1941 – 1961) trasformata poi in villaggio agricolo, e il poliedrico artista sassarese Elio Pulli ha deciso di mettere su bottega, realizzando tra l’altro opere dedicate al Principe di Saint-Exupery.
Se la Sardegna è famosa per l’arte in generale, ad Alghero sembrano concentrarsi le realtà culturali più insolite. Il teatro, ad esempio, riveste un ruolo cruciale. In primis, l’esperienza de Lo Teatrì di Ignazio Chessa: con i suoi 38 metri quadri è il teatro più piccolo del mondo e ha una programmazione serrata che gli algheresi accolgono con grande entusiasmo. E poi il Mamatita Festival, un festival di circo di strada, soprattutto al femminile.
Per non parlare della musica, che trova espressione in un cantautorato in lingua algherese che si fa testimone della contaminazione identitaria di Alghero, fatta di storie di pescatori, di vento, di mare e di catalanità.
A proposito di mescolanze e accoglienza, Alghero si contraddistingue perché a pochi chilometri dalla città, nella borgata di Fertilia, nata durante il regime fascista con l’idea di ricevere la popolazione in eccesso del ferrarese, nel 1947 arrivano a bordo di 13 pescherecci gli esuli di Istria, Fiume e Dalmazia. Ancora oggi, grazie anche alla presenza del Museo Egea, per le strade di Fertilia si respira l’aria di un esempio straordinario d’integrazione tra culture diverse: sarda, giuliano-dalmata, algherese e ferrarese.