Sinner: “La bandiera alle Olimpiadi non devo portarla io, tocca a chi basa la carriera sui Giochi. Secondo me è giusto che lo faccia un atleta che ha già vinto una medaglia d’oro”
“Ho letto un’intervista a Usain Bolt in cui diceva: io mi alleno quattro anni per correre cento metri in nove secondi. Mi ha colpito”. Perché Jannik Sinner è abituato a dare valore alle cose. E allora fa di conto: “Sono consapevole di aver contribuito a rendere il tennis più popolare, ma noi abbiamo gli Slam, le Finals, la Davis: l’Olimpiade è un torneo importante, ma pur sempre un torneo. Per gli altri atleti i Giochi sono il coronamento di 4 anni di lavoro“. E insomma “ammaina” la bandiera, Sinner. La cede anche solo nell’ipotesi che avessero promosso lui, il primo numero 2 al mondo della storia del tennis italiano, a portabandiera dei Giochi di Parigi.
“Ho la mia idea – dice intervistato dal Corriere della Sera – Secondo me è giusto che lo faccia un atleta che ha già vinto una medaglia d’oro. Per me sarà la prima volta ai Giochi, sento di aver fatto fare un bel passo avanti al tennis italiano insieme agli altri azzurri, però onestamente la bandiera deve portarla chi basa la carriera sulle Olimpiadi. Poi se vogliono darmela, io sono felice. Per me l’olimpiade è un torneo, un di più. Per altri è il torneo”.
Sinner parla anche della narrazione “buonista” che lo accompagna. Ovviamente dice che è tutto un po’ esagerato: “Forse si è andati un po’ oltre. A me è sembrato di fare cose normali: vedi uno che non sta bene, lo aiuti; incontri un bambino, c’è una palla, fai due tiri. Non sto nemmeno a pensarci. È il mio modo di vivere. In campo sono serio, faccio i miei rituali, ma dopo il match mi piace scherzare. Io sono così, sono sempre stato così: la differenza è che adesso ho più telecamere addosso, più attenzione. E tutto viene amplificato. Ma non esageriamo, dai…”