OPOS, nel quartiere Certosa, ospita fino al 23 aprile la mostra personale di Giulio Alvigini dal titolo “Le solite scritte”
L’esposizione a cura di Andrea Meregalli è stata organizzata in collaborazione con Magazzeno Arte Contemporanea ed è visitabile dal 27 marzo al 23 aprile 2024 negli spazi di un edificio industriale, riportata alla vita, nel 1990, dalla volontà di Alberto Zanone. La storia di OPOS ha radici che si diramano dal mondo del design, dell’architettura, a quello del tessile e della maglieria.
L’intento è quello d’intrattenere il pubblico con una proposta culturale di qualità, rappresentando in modo trasversale le diverse anime che contraddistinguono questo luogo. Contrariamente alle logiche della comunicazione contemporanea, prima dell’inaugurazione non è trapelata nessuna informazione. Da qui il nome segretOPOS, un modo nuovo di approcciare al contemporaneo.
Per questo primo evento è stato scelto proprio Giulio Alvigini, artista che utilizza la comunicazione come potente mezzo per fare arte, soprattutto tramite i suoi canali social e attraverso i suoi famosi meme (suo è l’account Instagram @makeitalianartgreatagain). Andare controtendenza per l’artista non è una novità, anzi è fra i suoi passatempi preferiti. Il titolo della mostra è un invito non troppo velato allo spettatore a non farsi aspettative, poiché dall’altra parte incontrerà sempre e solo Le solite scritte, ma è anche un’omissione di colpa intelligente e ironica da parte dell’autore.
Non a caso ad accogliere i visitatori all’ingresso c’è la prima opera che reca, su un telo di dimensioni 5×3 metri, la scritta Tutto già visto, refrain ripetuto alla noia in ogni edizione della Biennale o in tutte le svariate fiere d’arte che ormai hanno saturato i dodici mesi del calendario. E se tutto già visto, anche tutto già scritto, poiché sono tanti gli artisti che si confrontano nel quotidiano con parole, frasi, lettering e font differenti. Giulio Alvigini utilizza le sue scritte come un’arma per scardinare il sistema dell’arte. Sistema che definisce come “l’oggetto sociale per me più tossico e affascinante”. Lo indaga con onestà e disillusione e focalizza la sua ricerca sulle dinamiche che lo contraddistinguono. È irriverente, provocatorio e mordace. Tutto per lui diventa BELLISSIMO, una parola ripetuta così frequentemente agli opening da risuonare come un intercalare. Se La pittura ormai A rutt i paL, e ce lo fa notare scrivendolo su uno specchietto da trucco per leggerne il riflesso, allora non resta che giocare a il giro del mondo dell’arte, ideato in collaborazione con Bonobolabo, una rivisitazione del gioco dell’oca che ripercorre tutte le difficoltà e le insidie che si trova ad affrontare un giovane artista quando deve confrontarsi con la propria carriera. Forse sono proprio le dinamiche, le regole, gli atteggiamenti, le rigidità dei fautori e dei fruitori, tutto ciò che circonda il mondo dell’arte, e potenzialmente esso stesso opera d’arte, per questo motivo È tutta una performance, opera site-specific a lettere cubitali che occupa una parete di 24 metri di lunghezza, e lo è anche il visitatore nel momento stesso in cui la osserva. Alvigini, infatti, è un convinto sostenitore che la vera opera d’arte di una mostra o di una fiera, in fin dei conti, sia il pubblico.