Nella miniera di rame di Montecatini Val di Cecina i ricercatori dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr hanno scoperto la presenza di selenio, tellurio e metalli preziosi
Nella miniera di rame di Montecatini Val di Cecina (Toscana) i ricercatori dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr hanno scoperto la presenza di selenio, tellurio e metalli preziosi, con concentrazioni ben oltre la media terrestre. Il giacimento, esaurito da tempo, si è formato 150 milioni di anni fa sul fondo di un oceano, per poi dislocarsi tettonicamente in mezzo alla catena appenninica. La ricerca offre nuove prospettive nell’individuazione di questi metalli, sia sui fondali oceanici che nelle catene montuose.
In mezzo alle colline della Toscana centrale c’è un frammento dell’oceano che, prima della formazione di Alpi e Appennino, separava la placca tettonica europea da quella africana.
Fin dall’Eneolitico gli esseri umani hanno esplorato queste rocce di origine oceanica (ofioliti) alla ricerca di rame nativo. Le piccole masse di metallo che trovavano (pochi chilogrammi) erano preziosissime perché permettevano di produrre utensili mediante la semplice martellatura a caldo.
Già in epoca medievale, cambiata la scala degli scambi commerciali, questi piccoli giacimenti superficiali non erano più considerati di particolare interesse. Tutto cambiò a metà del 1800, quando, la perseveranza di alcuni geologi e ingegneri minerari, portò alla scoperta, in profondità, del ricco giacimento di Montecatini Val di Cecina (Pisa). Si trattò, in gergo minerario, di una vera e propria “bonanza” con minerali ad altissimo contenuto di rame (calcopirite, bornite e calcocite) concentrati in un volume relativamente piccolo. In poco più di 50 anni furono prodotte circa 50000 tonnellate di rame e la miniera fu considerata una delle più remunerative imprese minerarie in Europa. Non a caso da questa esperienza nacque la più grande società mineraria e chimica italiana: la Montecatini S.p.A., che poi si trasformò in Montedison.
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igg), nell’ambito del Progetto PRIN-MUR 2017AK8C32, ha condotto uno studio geologico, mineralogico e geochimico dei giacimenti cupriferi (denominati VMS, acronimo di Volcanogenic Massive Sulfide deposits) nella provincia di Pisa. I minerali, estratti a Montecatini Val di Cecina e nelle altre piccole miniere della zona toscana, oltre al rame contengono una notevole quantità di selenio, tellurio, oro e argento, con concentrazioni fino a 100.000 volte i valori medi della crosta terrestre.
I VMS toscani si formarono nel Giurassico in corrispondenza di una dorsale oceanica a bassa velocità di espansione che, prima della formazione delle Alpi e degli Appennini, separava la placca tettonica europea da quella africana. Successivamente, le dislocazioni tettoniche che li hanno posizionati lungo la catena appenninica ne hanno determinato una forte dispersione, portando le porzioni più profonde in prossimità della superficie. Il giacimento di Montecatini Val di Cecina, ormai esaurito, è stato scoperto a metà del 1800 generando una delle imprese minerarie più remunerative in Europa. Non a caso, da questa esperienza nacque la Montecatini s.p.a., la più grande azienda mineraria e chimica italiana, che poi si trasformò in Montedison.
Questi giacimenti permettono di analizzare e comprendere i processi idrotermali che avvengono nella parte meno accessibile dei sistemi oceanici, raggiungibile solo attraverso costose perforazioni. Lo studio dei VMS toscani, sebbene siano molto piccoli o già esauriti, apre nuovi orizzonti nell’esplorazione di quei metalli considerati critici per la transizione energetica, in contesti oceanici e orogenici.
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