L’Associazione Italiana Epilessia lancia un messaggio chiaro: è arrivato il tempo delle azioni, del pungolo alle Istituzioni, della “chiamata alle armi” delle coscienze
Una persona con epilessia non vive questa condizione solo un giorno l’anno ma tutti i 365 giorni del calendario, per tutta la sua vita. E non ha bisogno di parole e buone intenzioni ma di fatti concreti. Per questo l’Associazione Italiana Epilessia lancia un messaggio chiaro: è arrivato il tempo delle azioni, del pungolo alle Istituzioni, della “chiamata alle armi” delle coscienze.
E continueremo a farlo, giorno dopo giorno, fino a quando anche in Italia l’epilessia non sia considerata nell’ambito di un Piano Nazionale. È arrivato il momento di avere coraggio, di sconfiggere lo stigma alzandoci in piedi per dire ‘Io ho l’epilessia, io esisto’. E così scopriremo non solo di essere in tanti ma anche di avere la forza di pretendere che i nostri diritti siano ascoltati, che venga messo a punto un Piano Nazionale, che l’accesso alle cure sia equo in tutto il Paese». È quanto mai determinato Tarcisio Levorato, presidente AIE, nel chiedere – in una conferenza stampa a Roma – alle Istituzioni e alla Società di non dimenticarsi dell’epilessia all’indomani della Giornata Mondiale.
«Quattromila anni e siamo ancora qui, anno dopo anno, a raccontarci le stesse cose. A parlare di uno stigma che sembra inamovibile, di una Legge che ancora non c’è, di un accesso alle terapie sempre più burocratizzato, di un Piano Nazionale nemmeno ipotizzato. Ci sono bisogni urgenti che devono essere considerati e non possiamo attendere più. Per questo speriamo che i disegni di legge sul tavolo non restino solo una buona intenzione. Non c’è più tempo. Ma il mio appello è anche alle persone con epilessia e alle famiglie: alziamoci in piedi, facciamo sentire la nostra voce, facciamo sentire che siamo tanti e che non vogliamo più essere invisibili. Facciamoci vedere e pretendiamo di essere ascoltati. Non un giorno l’anno» conclude Levorato, presidente AIE.
«C’è ancora tanto da fare nella presa in carico della persona con epilessia, dalla raccolta anamnestica alle scelte terapeutiche. Non solo bisogna sempre tenere a mente che l’epilessia è una malattia di sistema in cui ci sono più meccanismi coinvolti ma è importante sempre considerare la Persona nel suo complesso e non solo la malattia. Se riuscissimo tutti a fare in ambulatorio visite più approfondite, avvalendoci di tutti gli strumenti conoscitivi di cui disponiamo, riusciremmo ad attivare un ascolto della persona rendendola un biomarcatore di se stesso, cioè in grado di guidare a una scelta terapeutica – di natura farmacologica o chirurgica o altro- più rapidamente e più specificamente.
E poi ci sono ostacoli che vanno rimossi: dallo stigma alla eccessiva burocrazia. Serve un Registro Nazionale ed occorre un Piano che metta tutte le persone nelle condizioni di curarsi allo stesso modo indipendentemente dalla regione dove vivono» ha detto Angelo Labate, Coordinatore nazionale del Gruppo di Studio Epilessia della Società Italiana di Neurologia – SIN e Professore ordinario di Neurologia all’Università degli Studi di Messina intervenendo alla Conferenza stampa dell’Associazione Italiana Epilessia (AIE).
«Lo stigma resta l’ostacolo da abbattere se si vuole davvero raggiungere l’obiettivo 5 fissato dall’Intersectoral Global Action Plan on Epilepsy and Other Neurological Disorders 2022 – 2031 (IGAP) dell’OMS. È un obiettivo specifico e prevede che le persone che convivono con questa patologia non solo vengano assistite e curate secondo quelle che sono le loro reali esigenze ma anche, e vorrei dire soprattutto, vengano integrate nella Società così come è giusto che sia. Infatti, il Piano prevede il superamento del treatment gap per intraprendere, invece, il percorso dell’inclusion gap, cioè quel processo di trasformazione culturale e sociale al fine di promuovere pari opportunità, valorizzazione della diversità e l’inclusione equa della disabilità. Il Piano è un primo passo importante ma ogni azione, anche legislativa, non può prescindere dal coinvolgimento di chi, con l’epilessia, fa i conti tutta la vita. Le Persone con epilessia hanno bisogni che vanno ascoltati, è questo il primo obiettivo da non perdere mai di vista» ha sottolineato Francesca Sofia, Presidente dell’International Bureau of Epilepsy – IBE intervenendo alla Conferenza stampa dell’Associazione Italiana Epilessia (AIE).
«L’epilessia colpisce a tutte le età, senza distinzioni di genere, condizione sociale ed economica e le persone, a causa della malattia, sono spesso soggette a discriminazioni, andando incontro a gravi difficoltà per quanto riguarda l’istruzione, l’occupazione, la vita affettiva, lo sport, la gestione del tempo libero. Non credo sia differibile la definizione e l’approvazione di una legge nazionale sull’epilessia che vada al cuore del problema e faccia tesoro dell’analisi dei bisogni e necessità delle persone che vivono quotidianamente con l’epilessia e di chi si prende cura di loro.
Per far questo abbiamo ritenuto in sede preventiva, prima ancora di redigere il testo, di ascoltare e incontrare le parti interessate – associazioni di pazienti e società scientifiche – per redigere un testo che consenta il più efficace e opportuno incontro tra domanda e offerta di salute. Un procedimento partecipato, per affrontare non solo lo snodo tra scienza e società, ma anche il processo di diffusione e accesso agli esiti della ricerca scientifica medica» ha affermato l’On. Ilenia Malavasi, Componente della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati e Firmataria della Proposta di Legge “Disposizioni concernenti la tutela dei diritti e la piena cittadinanza delle persone affette da epilessia”, in occasione della Conferenza stampa dell’Associazione Italiana Epilessia (AIE).
«Ho 39 anni e da 20 faccio i conti con una forma di epilessia farmacoresistente. Da quando, un giorno all’improvviso, una crisi è arrivata mentre ero all’Università. Da allora nulla è stato più come prima e quotidianamente mi devo misurare non solo con la malattia ma anche con una serie infinita di ostacoli: dalla mancanza di indipendenza visto che non ho la patente, all’impossibilità di seguire la professione che sognavo e cioè lavorare in un laboratorio perché sono considerato “a rischio”. L’epilessia mi ha cambiato la vita. Dopo una crisi negli occhi degli amici vedo rassicurazioni, negli occhi degli sconosciuti solo terrore. L’epilessia ti colpisce nel fisico ma sono gli altri a vedere le tue crisi e raccontartele. E questo è straniante. Mi sono ripreso la vita: sono caduto, mi sono rialzato e adesso sono in prima fila a battermi per i diritti negati» particolarmente intensa la testimonianza di Antonino Anicito che, alla conferenza stampa dell’Associazione Italiana Epilessia (AIE), ha voluto far sentire la voce di chi con la malattia convive.