Rosa e Olindo e la strage di Erba, l’ombra della ‘fabbrica del colpevole a basso costo’. Sul riesame del caso si esprimerà la Corte d’appello martedì 16 aprile
Un palazzo che da lontano sembra ben costruito e che da vicino invece è pieno di crepe. È la metafora che intervistato dalla Dire ha utilizzato Antonino Monteleone – giornalista inviato delle Iene e coautore del libro Erba (Piemme editore) con Francesco Piano – per parlare della sentenza di terzo grado sul caso di Erba. Una pietra tombale messa dalla giustizia che l’istanza di riesame avanzata dal magistrato Cuno Tarfusser (sanzionato dal Csm) ha iniziato a scalfire nello stupore di un’opinione pubblica che, grazie anche a un certo lavoro mediatico, questa la denuncia sollevata dal cronista, ha fatto di Rosa e Olindo due carnefici perfetti.
È proprio sul sentimento popolare e il lavoro della cronaca giudiziaria che si è concentrato il dibattito di questo pomeriggio nella sede di Confedilizia, a Roma, in cui è stato ripercorso il grande lavoro di indagine sul caso che fece tremare l’Italia da quella notte della carneficina l’11 dicembre 2006 portando alla morte Raffaella Castagna e il figlio Youssef Marzouk di 2 anni e tre mesi. Le altre due vittime furono la madre di Raffaella, Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Un lavoro di inchiesta portato avanti per anni da Le Iene in TV e ora suggellato in un libro, che torna – anzi non hai smesso – di essere di grandissima attualità: sul riesame del caso si esprimerà la Corte d’appello martedì 16 aprile.
A parlarne con l’autore dopo i saluti introduttivi del presidente di Confedilizia Giorgio Speziani Testa Daniele Capezzone, direttore editoriale di Libero e Davide Vecchi, direttore editoriale della Dire. Ha moderato Giorgia Poggi, redattrice Detectives Rai3.
Su Erba si parla sempre delle confessioni e Monteleone ha voluto chiarire alcuni aspetti sul punto che più di altri ha portato le persone a diventare colpevoliste. “Quel video di Rosa era un colloquio con lo psichiatra. I verbali di confessione – ripresi nei virgolettato dai giornali- erano lo spartito perfetto. Peccato infatti che il racconto di Rosa non coincidesse con quello del marito e con quello che lei stessa aveva detto. Il punto- ha detto Monteleone- è credibile come assassina che sgozza un bimbo a mani nude piangendo o c’è bisogno di riscontro? E ancora: perché il dna sotto le unghie del piccolo Youssef per appurare se ci fosse quello di Rosa o Olindo non è stato cercato? Se fosse stato fatto non saremmo qui”. Ma non sfugge che l’”efficacia comunicativa del video di quel colloquio di Rosa è devastante” ma “quando sono avvenute le confessioni sono state solo registrate- ha chiarito l’inviato de Le Iene- i verbali e gli audio sono due pianeti. I due, Rosa e Olindo, non formulano frasi e non danno dettagli se non rispondendo ‘sì e no’ alle domande”, quelle sì piene di dettagli.
“Hanno dato dettagli cromatici mentre la strage di consuma al buio“, e poi c’è “Frigerio che per ben tre volte parla di un uomo olivastro, con tanti capelli e poi parla Olindo. Io- ha ammesso Monteleone- la chiamo fabbrica a basso costo del colpevole e telergastolo. I media hanno raccontato la superficie- ha denunciato l’autore del libro- spesso dicendo cose false come quando uscirono i primi titoli che davano come autore della strage il marito tunisino o che vi fossero sul contatore della casa le impronte di Olindo quando furono i carabinieri a scrivere diversamente”.
“Olindo e Rosa non parlano correttamente italiano, Rosa risulta avere un quoziente intellettivo del 58%; basterebbe questo a sollevare dubbi. Non sa leggere adeguatamente gli articoli di giornale. Le fragilità sembrano essere state usate per condannarli”, ha commentato Davide Vecchi, direttore editoriale dell’agenzia Dire che di cronaca giudiziaria si è occupato molti anni e ritornando all’inchiesta sulla morte oscura del manager David Rossi, a cui ha dedicato un intenso lavoro di cronaca e due libri. “A Erba- ha detto- le indagini le hanno infiocchettate, a Siena non le hanno proprio fatte e alcuni reperti sono stati fatti sparire a ferragosto. Qualunque indagine sarà riaperta a Siena non porterà a nulla ma qui è diverso, proprio perché devo credere nella giustizia”.
Si vedrà cosa stabilirà la Corte d’appello sul riesame: un accoglimento dell’istanza, l’ammissibilità delle prove o una nuova udienza.
Monteleone ha ricordato tra le anomalie della ricostruzione giudiziaria la morte della moglie di Frigerio, anche lei sgozzata e con lingua tagliata che non avrebbe inalato sangue.
“Un’inchiesta televisiva fantastica che arriva a un traguardo che potenzialmente riapre la partita. Sono terrorizzato all’idea di una pronuncia negativa perché a quel punto ‘la messa sarà finita’. Vogliamo porci il problema di un approccio più laico alle verità processuali”, ha dichiarato il direttore editoriale di Libero Daniele Capezzone che ha fatto accenno alla rischiosità dei rapporti di consuetudine tra cronisti e fonti in Procura.
“I processi si fanno in tribunale? Se non si può parlare durante le indagini e nemmeno 18 anni dopo allora quando?“, ha chiesto il giornalista rifacendosi ai pilastri del rapporto tra i poteri e la democrazia: “I magistrati sembrano essere l’unica categoria a cui non è richiesta la stessa accuratezza di altre come medici o giornalisti”.
Sul riesame Monteleone si aspetta un rinvio e ha concluso: “Rosa e Olindo non sono stati menati, nessun complotto su di loro. Se il 16 il riesame venisse rigettato i dubbi contenuti nel libro non si scioglieranno. La domanda resta: quale soglia di dubbio tolleriamo per dare un ergastolo? Le indagini dovevano continuare“.