Remitibrunib efficace in fase 2 per la sindrome di Sjogren


Sindrome di Sjogren, arrivano dati di efficacia e sicurezza promettenti per remibrutinib in uno studio di fase 2

Sindrome di Sjögren: uno studio italiano rivela che esistono due tipologie di pazienti. Si apre la strada che porta a terapie personalizzate

Nei pazienti affetti da sindrome di Sjogren, il trattamento con remibrutinib, un inibitore orale della tirosin chinasi di Bruton (BTK), ha presentato un profilo di sicurezza favorevole e ha migliorato significativamente il punteggio ESSDAI di attività di malattia dopo 24 settimane rispetto al placebo. Queste le conclusioni di un trial di fase 2 pubblicato recentemente sulla rivista ARD.

Razionale d’impiego di remibrutinib e obiettivi dello studio
La sindrome di Sjögren (SjS) è una malattia autoimmune sistemica di eziologia sconosciuta, caratterizzata da infiltrazione linfoide e dalla progressiva distruzione delle ghiandole esocrine. Anche se la malattia colpisce principalmente le ghiandole lacrimali e salivari, il processo infiammatorio può colpire qualsiasi organo che presenti gravi manifestazioni extraghiandolari.

“Il meccanismo alla base dello sviluppo della SjS – spiegano i ricercatori nell’introduzione allo studio – è la distruzione o la compromissione funzionale dell’epitelio delle ghiandole esocrine, a causa di interazioni B-cellula/T-cellula autoreattive, con conseguente epitelite caratteristica.

L’inibizione della tirosin chinasi di Bruton (BTK) rappresenta una potenziale opzione terapeutica per la modulazione immunitaria selettiva di diverse malattie, basata sulla rilevanza meccanicistica delle cellule B autoreattive come cellule presentanti l’antigene patogeno, fonte di autoanticorpi, e sulle conseguenti funzioni effettrici proinfiammatorie di questi autoanticorpi mediate dalla segnalazione FcR.
La tirosin-chinasi di Bruton (BTK) svolge un ruolo cruciale nella segnalazione dei recettori delle cellule B, attivando i recettori Fc per le IgG e le IgE (FcγR, FcεR) ed è espressa dalle cellule B e dalle cellule mieloidi, compresi i macrofagi, la microglia e i mastociti”.

Ad oggi, è possibile documentare l’esistenza in clinica di un numero crescente di inibitori di BTK (BTKi) e, per quanto non esista una terminologia accettata per le diverse generazioni di BTKi, è stato osservato che i BTKi più recenti si caratterizzano per una maggiore selettività, che può contribuire a migliorare i profili di sicurezza.

Remibrutinib è un inibitore orale di BTK covalente, altamente specifico e potente che ha dimostrato una forte inibizione del pathway mediato da questa chinasi negli studi sull’uomo. Uno studio randomizzato controllato di fase 2 ha dimostrato l’efficacia di remibrutinib nel trattamento dell’orticaria cronica spontanea (CSU) con un profilo di sicurezza favorevole.  Remibrutinib risulta particolarmente promettente per il trattamento della SjS grazie alla sua capacità di colpire le anomalie delle cellule B sottostanti.

In questo nuovo studio di fase 2, lo studio LOUiSSE (LOU064 in Sjögren’s Syndrome), i ricercatori hanno valutato la sicurezza e l’efficacia di remibrutinib in pazienti con SjS primaria da moderata a grave. Lo studio ha inoltre approfondito i meccanismi legati al farmaco identificando i profili proteici e trascrittomici associati al trattamento con remibrutinib in pazienti con SjS attiva.

Disegno dello studio
Sono stati reclutati nello studio pazienti che soddisfacevano i criteri congiunti 2016 ACR/EULAR per la SjS, positivi agli anticorpi anti-Ro/Antigene A correlati alla sindrome, con attività di malattia da moderata a grave (EULAR Sjögren’s Syndrome Disease Activity Index (ESSDAI) (basato sul punteggio ponderato) ≥ 5, EULAR Sjögren’s Syndrome Patient Reported Index (ESSPRI) ≥ 5).

Questi pazienti sono stati randomizzati a trattamento con remibrutinib (100 mg) una o due volte al giorno, oppure con placebo per un periodo di trattamento della durata pari a 24 settimane.

L’endpoint primario era rappresentato dalla variazione, dal basale alla settimana 24, del punteggio ESSDAI di attività di malattia. Tra gli endpoint secondari chiave valutati vi erano la variazione nel tempo del punteggio ESSDAI rispetto al basale, la variazione nel tempo del punteggio ESSPRI rispetto al basale e la sicurezza di remibrutinib nella SjS.

Infine, tra gli endpoint esplorativi chiave, vi erano le variazioni della portata salivare, i biomarcatori solubili, i profili trascrittomici del sangue e quelli proteomici del siero.

Risultati principali
Su 144 pazienti inizialmente reclutati in 28 centri dislocati in 12 Paesi, 73 rispondevano ai criteri di eleggibilità e sono stati randomizzati, secondo uno schema  1:1:1 ad uno dei 3 gruppi di trattamento seguenti:
– remibrutinib 100 mg una volta al giorno (n=25)
– remibrutinib 100 mg due volte al giorno (n=24)
– placebo (n=24)

Le caratteristiche demografiche e di malattia al basale erano simili tra i gruppi di trattamento. L’età mediana dei pazienti arruolati era di 53 anni (range: 22-75 anni). La maggior parte dei pazienti era di sesso femminile (71 pazienti, 97,3%) e di etnia  Caucasica (68,5%). La durata mediana della malattia in tutti i pazienti era di 8 anni (range: 1-42 anni).

Dall’analisi dei risultati è emerso che remibrutinib ha migliorato significativamente il punteggio ESSDAI nei pazienti con SjS per 24 settimane rispetto al placebo (ΔESSDAI: -2,86, p=0,003).
Non è stato osservato, invece, alcun effetto del trattamento sul punteggio ESSPRI (ΔESSPRI: 0,17, p=0,663) (NdR: ESSPRI è un endpoint composito che misura secchezza delle fauci, dolore e severità della fatigue).
C’è stata una tendenza al miglioramento del flusso salivare non stimolato con remibrutinib rispetto al placebo per 24 settimane.

Remibrutinib, inoltre, ha indotto cambiamenti significativi nell’espressione genica nel sangue e nell’abbondanza di proteine nel siero rispetto al placebo.

Da ultimo, il trattamento con questo BTKi ha mostrato un profilo di sicurezza favorevole nei pazienti con SjS per 24 settimane.

Considerazioni conclusive
Questo studio randomizzato, in doppio cieco, ha valutato la sicurezza e l’efficacia del trattamento con remibrutinib rispetto al placebo in pazienti con SjS da moderata a grave. Sulla base dei risultati favorevoli di efficacia e sicurezza alla fine della prima parte, l’azienda responsabile dello sviluppo clinico del farmaco ha deciso di valutare la risposta alla dose di remibrutinib nella SjS in studi clinici separati; pertanto, lo studio è stato interrotto.

Ciò premesso, remibrutinib ha presentato un profilo di sicurezza favorevole e ha migliorato significativamente il punteggio ESSDAI di attività di malattia dopo 24 settimane nei pazienti con SjS rispetto al placebo.

Invece, il trattamento con il BTKi non è stato in grado di indurre un miglioramento significativo di alcuni outcome riferiti dai pazienti (come documentato dall’indice ESSPRI). A quest’ultimo riguardo, i ricercatori non hanno escluso che una maggior durata del trattamento avrebbe sortito risultati migliori anche con riferimento ai PRO.

Il trattamento con remibrutinib, inoltre, si è dimostrato in grado di indurre miglioramenti nel flusso salivare, nei parametri di laboratorio rilevanti per la malattia e nei biomarcatori rispetto al placebo, anche se non sono risultati statisticamente significativi.

In conclusione, i risultati di questo trial hanno dimostrato l’esistenza di un promettente profilo di sicurezza ed efficacia per remibrutinib nella SjS. “Tali risultati – aggiungono i ricercatori – se saranno confermati da studi più ampi e di lunga durata, suggeriscono il possibile impiego futuro di questo BTKi come una terapia orale potenzialmente in grado di modificare la malattia”.

Bibliografia
Dörner T et al. Efficacy and safety of remibrutinib, a selective potent oral BTK inhibitor, in Sjögren’s syndrome: results from a randomised, double-blind, placebo-controlled phase 2 trial. Annals of the Rheumatic Diseases 2024;83:360-371.
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