Alla domanda “dobbiamo avere paura dell’intelligenza artificiale?” possiamo rispondere, tranquillamente, “no”. Certo, partendo dal presupposto che affinché sia valida, è necessario che valida, prima ancora, lo sia quella umana (di intelligenza), in modo da fornirle tutte le informazioni e le indicazioni utili a svolgere un prezioso ruolo di supporto. Per quali attività? Molteplici.
Potrebbe essere questa la sintesi della Conferenza organizzativa di AVIS, tenutasi a Bologna. Intitolata, non a caso, “Intelligenza artificiale e tecnologie al servizio dei cittadini e del Terzo Settore: la prospettiva di AVIS”, la due giorni ha avuto il compito di accompagnare i presenti in una vera e propria immersione in un mare di ambiti in cui questo strumento può essere applicato. Con un obiettivo fondamentale: fornire, con criterio e attenzione, un contributo importante all’essere umano. Dalle neuroscienze al giornalismo, dai videogame al sistema trasfusionale, dalla tutela della privacy alla musica, grazie ai numerosi esperti intervenuti, la platea dell’Hotel Savoia Regency ha potuto avvicinarsi e conoscere meglio un tema che sta ormai entrando prepotentemente nella vita di tutti noi. Ma che come ogni novità, molto spesso, viene guardato con riserva, con dubbio, con il timore che non solo possa danneggiare il ruolo umano, ma addirittura “sostituirsi” ad esso.
Dopo i saluti dei presidenti di Avis Regionale Emilia Romagna, Maurizio Pirazzoli, e AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, la prima parte della giornata di sabato è servita per fornire al pubblico un inquadramento generale su cosa si intenda effettivamente per Intelligenza Artificiale. Con il professor Emiliano Ricciardi, ordinario di Neuroscienze cognitive alla Scuola IMT di Lucca, abbiamo provato a comprendere come la conoscenza dei meccanismi neurali garantisca oggi non solo un’idea di benessere cerebrale, ma la possibilità di sviluppare approcci neuroscientifici per meglio comprendere il comportamento delle persone e sviluppare strategie più efficaci per la comunicazione e l’apprendimento. Senza dimenticare la cura delle patologie e la capacità di individuare le alterazioni che alcuni farmaci generano sulle capacità cognitive. Da qui il viaggio che, insieme alla prof.ssa Silvia Zullo, associata di Filosofia del Diritto all’università di Bologna, abbiamo intrapreso verso la necessità di fissare concetti come fiducia e reciprocità alla base della comunicazione e della relazione tra medico e paziente. Passando dalla cura al prendersi cura. Ma la tecnologia, proprio nell’era degli algoritmi, che ruolo ha? Il Servizio Sanitario Nazionale riesce a fornire risposte a chi, grazie all’intelligenza artificiale, pretende di avere già diagnosi e procedure in tasca?
Questi alcuni degli interrogativi a fronte dei quali emerge la necessità di promuovere una formazione che sia etica e non solo. Anche perché i progressi che stanno caratterizzando l’ambito recente dell’AI stanno aprendo alla possibilità di produrre testi, codici e immagini. Fino alle musiche e ai modelli 3D. È l’ambito su cui è intervenuto Fabio Mosca, Chief Technology Officer e Fondatore di AnotheReality, società specializzata nell’ambito della realtà virtuale legata anche ad apprendimento, gioco e professioni creative. Proprio analizzando come l’AI renda più agevoli le fasi di realizzazione di grafiche o giochi più o meno complessi, è stato possibile ampliare il focus sulle nuove frontiere che, grazie a tecnologie e digitalizzazione, attendono ambiti come quello del Terzo Settore.
La piattaforma Italia Non Profit, presentata dalla sua fondatrice Mara Moioli, si occupa di raccogliere dati e informazioni che aiutino i cittadini nel compiere scelte etiche e sostenibili. Durante la conferenza sono stati presentati i risultati di una ricerca, chiamata appunto “Terzo Settore e Digitale 2023”, che ha permesso di comprendere la situazione attuale e il futuro che attende a un contesto digitale in costante evoluzione. In una realtà in cui, stando ai dati ISTAT, il 75% delle organizzazioni non profit è digitalizzato, a mancare sono però le competenze. Il digitale viene sì utilizzato, ma senza un vero e proprio approccio strategico in grado di individuare gli strumenti tecnologici più efficaci per le informazioni da veicolare.
Da qui la domanda “a che punto siamo con la digitalizzazione del Terzo Settore?” ripresa da Chiara Agostini, responsabile dei progetti di ricerca Laboratorio Secondo Welfare. È un centro di ricerca e informazione legato all’Università degli Studi di Milano che dal 2011 amplia e diffonde il dibattito sui cambiamenti in atto nel welfare italiano e in particolare nel cosiddetto “secondo welfare”, cioè quell’insieme di interventi che si affiancano a quelli garantiti dal settore pubblico – il “primo welfare” – per offrire risposte innovative a rischi e bisogni sociali che interessano le persone e le comunità.
Tra queste le tematiche etiche e la comunicazione, su cui è intervenuto Colin Porlezza, senior assistant professor di giornalismo digitale all’università della Svizzera Italiana. Con lui abbiamo analizzato l’impatto che la tecnologia e i media digitali generano sui ruoli, le norme e la pratica quotidiana di chi fa informazione, senza dimenticare il progetto di ricerca DMINR (Digital Mining and Information Retrival) da lui coordinato e focalizzato sia sulle conseguenze dell’incorporazione dell’intelligenza artificiale nelle redazioni giornalistiche, sia sullo sviluppo di uno strumento per ricerca e verifica delle notizie basato appunto sull’AI.
E proprio con due giornalisti, Mafe De Baggis e Alberto Puliafito, che hanno presentato il loro libro “In principio era ChatGPT”, si è conclusa la giornata di sabato. Ma non senza l’evento a sorpresa di Marco Arata (in arte Mark The Hammer), youtuber e musicista che ha mostrato alla platea come, con capacità e ottima dose di simpatia, sia stato possibile “aiutare” l’intelligenza artificiale a sviluppare una melodia musicale. Supportandoci anche nella stesura del testo.
Più a carattere medico scientifico, la giornata di domenica è stata dedicata all’approfondimento dell’impiego dell’intelligenza artificiale nell’attività trasfusionale, con particolare attenzione alle nuove tecnologie e agli strumenti informatici predittivi. Con il professor Pierluigi Perri, associato di Informatica Giuridica e DPO dell’università Statale di Milano, il dibattito si è però prima concentrato sulla protezione dei dati personali nell’utilizzo dell’AI. Quella della riservatezza, infatti, è una delle incognite principali di questo ambito e la sfida per il futuro sta proprio nell’impedire che dati così sensibili possano essere utilizzati per scopi alternativi. Un aspetto che anche la Commissione Europea continua ad affrontare, soprattutto in riferimento alle informazioni legate all’ambito sanitario.
Da qui l’introduzione all’impiego pratico dell’intelligenza artificiale nelle attività trasfusionali, al centro di un vero e proprio case study sviluppato all’ASL di Teramo e presentato dal dirigente medico di patologia clinica, Vincenzo De Iuliis. Nella struttura abruzzese, infatti, è stata recentemente installata una nuova tecnologia che permette di eseguire degli esami del sangue grazie a un sistema di morfologia cellulare digitale chiamato “Scopio Labs”: un passo in avanti straordinario nella fornitura di soluzioni automatizzate e digitalizzate. Un po’ come gli strumenti informatici predittivi illustrati da Massimo La Raja, direttore del Dipartimento di medicina trasfusionale dell’Azienda universitaria giuliano-isontina di Trieste. Dal questionario digitale elaborato dal Centro nazionale sangue, contenente domande sullo stile di vita dei donatori, eventuali loro patologie pregresse e comportamenti a rischio, La Raja ha poi illustrato il progetto che coinvolge proprio la sua Asl di provenienza. Si tratta di un’iniziativa che prevede l’impiego dell’intelligenza artificiale per prevedere i flussi di donazioni durante l’anno, così da migliorare l’organizzazione delle attività sanitarie, la programmazione della raccolta e la gestione delle prenotazioni dei donatori.
Perché come ha poi spiegato proprio il direttore generale del Centro nazionale sangue, Vincenzo De Angelis, gli strumenti a disposizione li avremmo anche: dobbiamo però imparare ad usarli. Grazie all’AI e all’analisi dei big data, infatti, è possibile identificare ad esempio i donatori più adatti in base a un gruppo sanguigno oppure effettuare screening degli anticorpi o ancora monitorare la sicurezza del sangue. Dalla vena del donatore a quella del ricevente, le nuove tecnologie possono intervenire in molteplici aspetti. Su uno in particolare: l’ingaggio. Soprattutto in riferimento ai giovani. Le nuove generazioni, infatti, sono centrate su sistemi di coinvolgimento basati sul meccanismo del gamification. Far comprendere loro l’importanza della donazione è strategico. E per riuscirci, altrettanto strategica può essere proprio l’intelligenza artificiale.