Civitella in Val di Chiana, Cornia e San Pancrazio, 80 anni fa: oltre 200 vittime della furia nazista tra donne, uomini, bambini. Li ricorda stasera Rai Storia
«L’avete visto il mio babbo?». Tra la folla che scappa e le case in fiamme, la quattordicenne Ida Balò cerca il padre Giuseppe. Invano. Di lui rimane ancora oggi il portafoglio, impregnato di sangue e bucato dagli spari: «Lo tengo come la cosa più cara che ho». Civitella in Val di Chiana, Cornia e San Pancrazio, 80 anni fa: oltre 200 vittime, donne, uomini, bambini. Il più piccolo aveva un anno. La strage, tra le più drammatiche di quel 1944, è ripercorsa da Emanuela Lucchetti in «29 giugno 1944. La strage di Civitella», giovedì 25 aprile alle 21.10 su Rai Storia.
Ida Balò, 94 anni, è una delle ultime testimoni dirette dell’eccidio. Lei si ricorda di quella domenica, alla messa per i Santi Pietro e Paolo. I nazisti della divisione Hermann Göring fanno irruzione in chiesa e urlano in tedesco: «Uscite, uscite». L’arciprete Don Alcide Lazzari si sacrifica: «È il mio popolo». Non basterà a salvarli. Don Lazzari sarà fucilato insieme agli altri uomini.
Vittoria Lammioni ha 5 anni ed è a casa quando una bomba incendiaria uccide mamma e sorelline. Lei e il padre Luigi scappano dal tetto. Per strada lui implora un ufficiale tedesco: «Abbiate pietà di questa bambina». Si salvano. Tra le testimonianze raccolte nelle inchieste inglesi e conservate nella sala della memoria di Civitella c’è anche quella di Luigi: solo il primo luglio recupererà i corpi di sua moglie e di una figlia, dell’altra non rimane traccia.
Una memoria divisa per 70 anni, quella di sopravvissuti e partigiani – ritenuti corresponsabili della rappresaglia nazista per aver ucciso tre tedeschi al locale del dopolavoro di Civitella –, riconciliata simbolicamente nell’abbraccio tra Ida Balò e il comandante partigiano Edoardo Succhielli «Renzino» nel 2013. Per anni lui porta il peso della responsabilità dell’eccidio: «Tanti di quelli che sono morti erano fratelli miei. Io so di aver cercato di fare il mio dovere, ma a volte è difficile farlo senza errori». Nel 2006 arriva il processo al tribunale militare di La Spezia.
Tardi perché – come spiega il procuratore militare Marco De Paolis – i fascicoli erano stati insabbiati. Gli imputati sono tre: gli ufficiali Karl Stolleisen e Siegfried Böttcher – usciti di scena rispettivamente per ragioni di salute e per decesso – e il sottufficiale Max Josef Milde, condannato all’ergastolo.
Verità storica e processuale riconciliano la comunità. Tra chi è sopravvissuto c’è anche Enzo Panzieri, che a 6 mesi ha perso tutta la famiglia a San Pancrazio, dove oggi c’è un museo della memoria. Lui lì ci ha piantato un roseto, che ogni maggio fiorisce.