“Bourbon in un giro di blues” è il nuovo libro di Giovanni Coppola


Un romanzo sociale, una storia dura. Uno spaccato sul Paese dei poteri: ‘BOURBON IN UN GIRO DI BLUES’ di Giovanni Coppola. In libreria (Algra Editore)

giovanni coppola

Un pub è un microcosmo che ospita destini diversi. Così è il Charlie Brown, il posto dove Felix prepara i suoi cocktail e dove Manero, il professore, e Cirino, con i suoi sodali, trascorrono le serate. È lì dentro che i loro inferni si incrociano, tra le scorie degli anni di piombo, i frammenti di un amore scorbutico e l’algebra della malvivenza. A fare da cornice Catania con le sue trame di mafia, chiusa dentro un patto tossico di connivenze e convenienze che avvelena la città: c’è la violenza della strada, l’immobilismo di una città splendida ma tossica, droga, corruzione. Ma anche la mafia (quella nigeriana, soprattutto, con i suoi rituali violenti), la solitudine sentimentale e i ricordi dolorosi di un passato che continua a far sanguinare le ferite.  Poi c’è una piccola isola felice: al Charlie Brown si incrociano i sogni, le speranze e le delusioni dei quattro protagonisti.

Scrive l’Autore sui suoi protagonisti: «Più che vinti sono dei disillusi, dei non sognatori. Affrontano e accettano la vita con le armi del disincanto. Io credo che la felicità non consista nell’avere la vita perfetta, ma nel saper trovare la giusta forza e le giuste motivazioni per superare gli ostacoli che di volta in volta si incontrano. La perfezione non esiste e qualora esistesse sarebbe eccessivamente noiosa da raccontare».

Un romanzo sociale: contro il politically correct. Una storia dura che esce fuori dagli schemi ipocriti. Uno spaccato sul Paese dei poteri dove la politica guarda i profitti e non gli ideali.

«Il mondo è un mattatoio buono solo per macellai e affamati di ogni genere e specie. È un circo dove la fanno da padroni domatori e prestigiatori, non c’è posto per chi domanda cose tipo: “Scusi, sa, avrei della fame arretrata, la mia dispensa è piena di diritti ignorati, non ho pane, io, ma solo le vostre belle parole”. I politici stabiliscono leggi e proclamano teoremi. Facce di minchia. Ecco tutto! Il resto lo facciamo noi con la nostra ingenuità. Siamo noi a creare il loro mondo. Quando chiedono il microfono è perché bramano carne fresca, sanguinolenti brandelli di vita, hanno bello e pronto il loro alfabeto di torture, sono pronti a svuotare il loro pitale di veleni sulle nostre teste e preparano orizzonti di forche e di ossa. Non servono più un’idea, una visione di passione, servono i tassi di interessi, e il diavolo è nato proprio dentro il calcolo dei profitti. Ti sibila che sta lavorando per te, il diavolo, e ti congeda con un untuoso: “Caro amico”. Il grande imbonitore ieri ha invitato gli ignari alla cena del voto. C’erano tutti: rivoluzionari della chiacchiera, gli eroi della sesta, i riempi spazi, gli eiaculatori di sciocchezze, i distributori di frasi fatte.»

Giovanni Coppola è nato a Catania, dove vive e lavora. Ha pubblicato il saggio Il Cavaliere, l’elefante e il Leviatano, la raccolta di poesie L’estasi della menzogna (Premio “Fortunato Pasqualino” 2011) e, per i nostri tipi, il romanzo Una comune storia sbagliata (Premio della critica “Etnabook” 2022). È autore dell’opera teatrale Morte di un giudice che ha riscosso un notevole successo di pubblico e i favori della critica. Ha collaborato, per alcuni anni, con il quotidiano “Giornale di Sicilia” e con diversi periodici locali, occupandosi di sport, cultura e spettacolo. Ama i suoi tre figli, il genio di Celine, il bourbon e il Catania calcio.