Il ddl sul premierato è sbarcato al Senato dopo 6 mesi in commissione Affari costituzionali. Punto per punto, in cosa (e come) cambierebbe il nostro ordinamento
Il ddl Premierato, considerato la ‘madre di tutte le Riforme’ da Giorgia Meloni, è sbarcato da poco in Aula del Senato dopo l’esame della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama durato circa sei mesi. Il provvedimento, giunto leggermente modificato rispetto al testo originale del Governo, è ora atteso da oltre tremila emendamenti da parte dell’opposizione, che annuncia battaglia, dentro e fuori dal Parlamento.
L’ELEZIONE DIRETTA DEL PREMIER
Cuore della riforma, che va a modificare gli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione, è l’elezione del Presidente del Consiglio, votato direttamente dai cittadini, per un mandato di 5 anni. Così il premier non riceverebbe più l’incarico dal Presidente della Repubblica sulla base del risultato elettorale e avrebbe il limite di due mandati.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Il Presidente della Repubblica, su proposta del Capo del Governo, potrà nominare o revocare i ministri. Sempre per quel che riguarda i poteri del Capo dello Stato, il testo prevede l’abolizione del semestre bianco. Il Quirinale potrà quindi sciogliere le Camere anche nei 6 mesi finali del suo mandato. Il Presidente della Repubblica, infine, non potrà più nominare i senatori a vita.
IL PREMIO DI MAGGIORANZA
Tema scottante, che sarà certamente oggetto di accesi dibattiti in Aula, è il premio di maggioranza per la coalizione vincente nelle urne. Inizialmente previsto al 55%, è stato poi rivisto in commissione. L’ipotesi al momento sul tavolo è quella di un ballottaggio per i due candidati premier che otterranno più voti e che non raggiungerebbero la soglia minima del 42-44%. La questione sarà comunque regolata dalla nuova legge elettorale che, nei progetti della maggioranza, andrebbe discussa e approvata dopo la prima lettura del ddl. I disegni di legge di modifica costituzionale necessitano infatti della doppia lettura da parte di entrambe le Camere. Tra la prima e la seconda lettura quindi, troverebbe spazio la definizione della nuova legge elettorale.
LA VERSIONE DELLE OPPOSIZIONI
La palla passa ora ai senatori. I partiti di opposizione hanno promesso battaglia con la valanga di emendamenti presentati in Aula e proteste di piazza. La segretaria Dem, Elly Schlein, ne ha annunciata una a Roma per il 2 giugno, Festa della Repubblica. La premier Meloni, dal canto suo, sembra non temere l’eventualità di dare la parola ai cittadini. Infatti, se la riforma non dovesse essere approvata con almeno i due terzi dei rappresentanti in Parlamento, a decidere sarà il referendum confermativo.