ENEA ha partecipato al team internazionale che ha mappato ad altissima risoluzione il genoma della Coffea arabica, la specie più pregiata e diffusa
L’ENEA ha partecipato al team internazionale che ha mappato ad altissima risoluzione il genoma della Coffea arabica, la specie più pregiata e diffusa di caffè -con il 60% della produzione mondiale- ma anche la più sensibile alle malattie e ai cambiamenti climatici. I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Nature Genetics, consentiranno di selezionare le piante più resistenti e più adattabili agli stress ambientali.
“Nel 2014 abbiamo pubblicato su Science la mappatura del genoma della specie Robusta del caffè (Coffea canephora), ma ora con questo secondo lavoro, al quale hanno contributo ben 40 istituzioni da 19 paesi, siamo arrivati a decodificare il patrimonio genetico, ben più complesso, dell’Arabica e delle sue specie progenitrici, con il quale abbiamo ricostruito l’affascinante storia della ‘nascita’ di questa specie e della sua espansione a livello mondiale -spiega il responsabile ENEA del progetto Giovanni Giuliano, ricercatore della Divisione Biotecnologie e agroindustria-. E i dati di mappatura del genoma faciliteranno le attività di miglioramento genetico e di conservazione del germoplasma di Arabica, che sono necessarie per la protezione di questa specie da future malattie, siccità e dai cambiamenti climatici” aggiunge.
L’Arabica è nata tramite una ibridazione fra due specie diverse – Robusta e Coffea eugenioides, rispettivamente il padre e la madre, avvenuta fra i 300 e i 600 mila anni fa. Il luogo esatto dell’ibridazione è ignoto, ma il progenitore selvatico più vicino è stato individuato sull’altopiano etiopico, nella Great Rift Valley, un centro di biodiversità del pianeta. L’ibridazione fra specie diverse è un fenomeno frequente nella storia delle piante: tutte le piante dicotiledoni[1] derivano da una ibridazione a tre avvenuta circa 120 milioni di anni fa, mentre specie coltivate come cotone, frumento, tabacco, colza, derivano da ibridazioni più recenti. Nel lavoro, oltre a quello di Arabica, sono stati mappati ad altissima risoluzione anche i genomi delle due specie progenitrici, dimostrando che l’ordine dei geni di origine paterna e materna si è conservato in Arabica, pur rimescolandosi fra di loro nelle generazioni successive, come avviene in un incrocio fra individui della stessa specie.
Domesticata probabilmente in Etiopia, Arabica è stata poi trasportata in Yemen, da dove si è diffusa in tutto il mondo: prima in India nel 17° secolo da monaci sufi, poi in Indonesia dagli olandesi e nell’isola della Riunione dai francesi e infine nei Caraibi e in Sud America. Ognuno di questi spostamenti ha coinvolto pochissimi semi e/o piante, creando dei “colli di bottiglia genetici” che sono alla base della bassissima diversità genetica di Arabica, responsabile fra l’altro della sua sensibilità a una serie di malattie, fra cui la terribile ruggine del caffè (Hemileia vastatrix). Agli inizi del 20° secolo nell’isola di Timor in Asia, Arabica si è reincrociata spontaneamente con Robusta, acquisendo alcuni geni di resistenza alla ruggine che si sono diffusi in molte cultivar moderne.
“La mappatura del genoma ha permesso di ricostruire i rapporti di parentela fra le diverse cultivar e di mappare le zone in cui si sono introdotti i geni di resistenza alla ruggine. Ma è possibile la comparsa in futuro di nuovi ceppi di ruggine capaci di superare la resistenza della pianta, come sta già avvenendo per la banana. Ora, grazie a questo lavoro, i breeder avranno gli strumenti per difendere uno dei prodotti agricoli più importanti, come il caffè, che ha una produzione annua di circa 10 milioni di tonnellate per un valore commerciale di oltre 40 miliardi di euro”, conclude Giuliano.