I più recenti protocolli di cura per la leucemia linfoblastica acuta prevedono intensità di trattamento diversificate per limitare il più possibile gli effetti collaterali
Negli anni Sessanta, quando un bambino si ammalava di leucemia linfoblastica acuta (LLA), la forma più comune di leucemia infantile, non aveva praticamente possibilità di guarire. Oggi invece più del 90 per cento dei bambini con LLA trattati con la chemioterapia supera la malattia. L’ultima conferma dei progressi fatti nelle terapie e nella gestione dei piccoli pazienti arriva da un articolo pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, in cui si parla anche di cure più mirate e precise. Si può infatti calibrare l’intensità dei trattamenti, intensificandola in caso di tumori molto aggressivi e riducendola (riducendo così anche gli effetti collaterali) quando le caratteristiche del tumore lo consentono o quando i pazienti sono particolarmente vulnerabili.
Meno ricadute
In un articolo pubblicato di recente, Rob Pieters, direttore del Princess Máxima Center for Pediatric Oncology di Utrecht, e i suoi colleghi descrivono i risultati ottenuti con il protocollo chemioterapico ALL11 messo a punto dal Gruppo olandese di oncologia pediatrica (DCOG) in oltre 800 pazienti con leucemia linfoblastica acuta. In questo gruppo di pazienti, di età compresa tra 1 e 18 anni, il tasso di sopravvivenza a 5 anni ha raggiunto il 94 per cento.
Gli esperti avevano notato che il protocollo precedente (ALL10) funzionava bene (il 92 per cento dei pazienti era vivo a 5 anni dalla diagnosi), ma non era efficace nei casi in cui il tumore presentava una specifica mutazione nel gene che codifica la proteina Ikaros. Nei pazienti con questi tumori particolarmente aggressivi, la malattia si ripresentava poco dopo il termine dei 2 anni di cicli di chemioterapia.
I medici olandesi hanno perciò deciso di modificare il protocollo, aggiungendo un anno di chemioterapia di mantenimento per i pazienti con la mutazione di Ikaros. Così facendo, il rischio di ricaduta si è ridotto di circa 3 volte: a distanza di 2 anni dalla fine delle terapie la percentuale di ricaduta è passata dal 26 al 9 per cento.
Meno tossicità
Un altro aspetto che gli esperti hanno affrontato sono gli effetti collaterali. La chemioterapia in uso risultava particolarmente tossica nei bambini con sindrome di Down. Per questi pazienti si è quindi deciso di escludere dal protocollo terapeutico una classe di farmaci, le antracicline, che possono danneggiare il cuore e rendono molto suscettibili alle infezioni. Il protocollo modificato è risultato ugualmente efficace, pur permettendo di ridurre effetti indesiderati anche a lungo termine.
La stessa modifica al protocollo (ovvero l’esclusione delle antracicline) è stata quindi estesa ai pazienti con una forma di leucemia linfoblastica acuta che generalmente guarisce. Anche in questo caso i risultati sono stati ottimi e il rischio di effetti collaterali è stato ridotto.
Referenze
- Pieters R, et al. Improved Outcome for ALL by Prolonging Therapy for IKZF1Deletion and Decreasing Therapy for Other Risk Groups. J Clin Oncol. 2023 Jul 17. doi: 1200/JCO.22.02705