Enfortumab vedotin e pembrolizumab riducono progressione del carcinoma vescicale


La combinazione enfortumab vedotin e pembrolizumab in prima linea di terapia del carcinoma vescicale ha ridotto del 55% il rischio di progressione della malattia

carcinoma vescicale

L’utilizzo della combinazione enfortumab vedotin e pembrolizumab in prima linea di terapia del carcinoma vescicale localmente avanzato o metastatico non precedentemente trattato ha ridotto del 55% il rischio di progressione della malattia o di morte e del 53% quello di morte rispetto alla chemioterapia standard a base di platino.

E’ quanto hanno riscontrato Thomas Powles, del Barts Cancer Institute Biomedical Research Centre, Queen Mary University of London, Londra, e colleghi a conclusione dello studio EV-302 pubblicato sul New England Journal of Medicine. La standing ovation dell’ESMO quando lo studio fu presentato in anteprima  aveva fondate ragioni.

Il miglioramento dei parametri di sopravvivenza nel cancro della vescica in stadio avanzato acquista particolare rilevanza considerando che, come sottolineato nel paper dagli autori dello studio, gli outcome del trattamento con la chemioterapia standard a base di platino sono scarsi con una bassa percentuale di sopravvivenza a 5 anni. Inoltre, per quanto sia stato dimostrato che la terapia di mantenimento con avelumab determini una sopravvivenza globale (OS) più lunga rispetto alla sola terapia di supporto, una percentuale notevole di pazienti non riceve questo trattamento a causa della progressione della malattia o del decesso.

Recentemente è stato documentato un modesto miglioramento dell’OS con l’aggiunta di nivolumab alla doppietta gemcitabina-cisplatino, tuttavia, altri studi con una combinazione di chemioterapia e immunoterapia non hanno mostrato un miglioramento della sopravvivenza in pazienti con cancro uroteliale localmente avanzato o metastatico.

Background della terapia di combinazione
Enfortumab vedotin, coniugato anticorpo-farmaco diretto contro la nectina-4, e pembrolizumab, inibitore di PD1, sono stati singolarmente associati a un miglioramento della sopravvivenza in pazienti con cancro vescicale localmente avanzato o metastatico precedentemente trattato.

In studi preclinici, la combinazione di enfortumab vedotin e un inibitore di PD1 aveva mostrato il potenziamento dell’attività antineoplastica con una duratura risposta immuno-mediata antitumorale.
In uno studio di fase Ib/II, il trattamento del cancro della vescica localmente avanzato o metastatico con la combinazione di enfortumab vedotin e pembrolizumb si è associato a tassi di risposta elevata e duratura, tanto che sulla base di questi dati la Food and Drug Administration statunitense lo ha approvato con procedura accelerata per questa tipologia di tumore.

Le caratteristiche dello studio
EV-302 è uno studio randomizzato globale, in aperto, di fase III che ha confrontato l’efficacia e la sicurezza di enfortumab vedotin e pembrolizumab con l’efficacia e la sicurezza della chemioterapia a base di platino in 886 pazienti con cancro uroteliale localmente avanzato o metastatico non trattato in precedenza.

I pazienti sono stati assegnati in modo casuale in un rapporto 1:1 a ricevere cicli di 3 settimane di enfortumab vedotin e pembrolizumab (n=442) o gemcitabina e cisplatino o carboplatino (n=444).
Gli endpoint primari erano la sopravvivenza libera da progressione (PFS), valutata mediante revisione centrale indipendente in cieco, e l’OS.
La durata mediana del follow-up per la sopravvivenza è stata di 17,2 mesi (all’ultima valutazione fatta l’8 agosto 2023).

I risultati del trial
La sopravvivenza libera da progressione è stata prolungata nel gruppo enfortumab vedotin-pembrolizumab rispetto al gruppo chemioterapia, con una mediana di 12,5 mesi contro 6,3 mesi [ hazard ratio (HR) per progressione della malattia o morte, 0,45; IC al 95%: 0,38 – 0,54; P<0,001], lo stesso è stato osservato per la sopravvivenza globale, con una mediana di 31,5 mesi contro 16,1 mesi (HR per morte, 0,47; IC al 95%, 0,38 – 0,58; P<0,001).
Il numero mediano di cicli è stato 12 (intervallo da 1 a 46) nel gruppo enfortumab vedotin-pembrolizumab e 6 (intervallo da 1 a 6) nel gruppo chemioterapia.

La percentuale di pazienti che hanno avuto una risposta completa con enfortumab vedotin e pembrolizumab è stata superiore alla percentuale osservata con la chemioterapia ed è superiore ai risultati riportati in precedenza. I benefici in termini di efficacia sono stati osservati in tutti i sottogruppi prespecificati, come quelli definiti in base alla presenza o assenza di metastasi epatiche, allo stato di idoneità al cisplatino e allo stato di espressione di PD-L1.

Al momento del cut-off dei dati, il 31,7% dei pazienti nel braccio enfortumab vedotin e pembrolizumab aveva ricevuto trattamenti antitumorali successivi, nella maggior parte dei casi rappresentati da chemioterapia a base di platino come terapia di seconda linea, e il 32,6% dei pazienti ha continuato a ricevere il trattamento in studio.

In merito alla sicurezza, eventi avversi correlati al trattamento di grado 3 o superiore si sono verificati nel 55,9% dei pazienti nel gruppo enfortumab vedotin-pembrolizumab e nel 69,5% di quelli nel gruppo chemioterapia.

Commento allo studio
In un editoriale sullo stesso numero della prestigiosa rivista scientifica,  Günter Niegisch, Department of Urology, University Hospital and Medical Faculty of the Heinrich Heine University Düsseldorf, Germania, ha sottolineato che, alla luce del miglioramento significativo e clinicamente rilevante degli outcome oncologici prodotti dalla combinazione di enfortumab vedotin e pembrolizumab, questo studio stabilisce un nuovo regime standard di cura rispetto al quale dovranno essere confrontati gli studi futuri.