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Metilprednisolone inefficace per bloccare la sclerosi sistemica

Sclerosi sistemica: per un modello di predizione clinica di EUSTAR, l'impiego di inibitori piastrinici risulta associato ad una minore probabilità di sviluppo di ulcere digitali

Studio dimostra che l’impiego di un glucocorticoide, il metilprednisolone, è inefficace nell’arrestare la progressione della sclerosi sistemica all’esordio

I risultati di uno studio recentemente pubblicato su Rheumatology hanno dimostrato che l’impiego di un glucocorticoide (metilprednisolone) è inefficace nell’arrestare la progressione della sclerosi sistemica (SSc) all’esordio, dato che un terzo dei pazienti con malattia molto precoce è andato incontro a progressione di SSc dopo 1 anno, nonostante il trattamento.

Razionale e disegno dello studio
Numerose evidenze presenti in letteratura suggeriscono che alcuni meccanismi infiammatori guidano la vasculopatia e la fibrosi nella sclerosi sistemica (SSc), soprattutto nelle fasi iniziali della malattia. Pertanto, è stato ipotizzato che alcune terapie antinfiammatorie, come i glucocorticoidi (GC), potrebbero essere efficaci in questa fase patofisiologica iniziale.

In base ai criteri VEDOSS, i pazienti possono essere classificati come affetti da SSc molto precoce quando è presente una combinazione di fenomeno di Raynaud, autoanticorpi associati alla SSc, pattern capillare ungueale SSc precoce e tumefazioni alle mani.

Gli autori di questo studio hanno voluto verificare la fondatezza dell’ipotesi secondo la quale i GC, inibendo il processo infiammatorio, potessero indurre la remissione nei pazienti con SSc molto precoce.
“Hit hard and early” (Colpisci duramente e precocemente), questo il nome del trial, era uno studio multicentrico randomizzato e controllato, in doppio cieco, condotto in pazienti che soddisfacevano i criteri VEDOSS, avente l’obiettivo di analizzare l’efficacia di una dose elevata di metilprednisolone.

Il trial è stato avviato tra gennaio 2017 e febbraio 2021 presso il Dipartimento di Reumatologia del Radboud University Medical Centre di Nijmegen, Paesi Bassi, e il Dipartimento di Reumatologia dell’Ospedale Universitario di Gent, Belgio. I pazienti reclutati nello studio erano stati randomizzati, secondo uno schema 2:1, a trattamento endovena con metilprednisolone 1000 mg per 3 giorni consecutivi al mese per 3 mesi, oppure a placebo. Questi erano stati stratificati per sesso, età e centro di afferenza.

L’endpoint primario era rappresentato dalla differenza di densità capillare ungueale, misurata mediante microscopia ungueale alla 13a settimana.
Tra gli outcome secondari valutati nello studio vi erano, inoltre, le variazioni di densità capillare dopo 52 settimane, la variazione del numero di mega-capillari, i segni e i sintomi di progressione della malattia, il tempo alla progressione di malattia e alcuni indici relativi allo stato di salute generale.

Risultati principali
Le caratteristiche cliniche di base erano sovrapponibili tra i due gruppi in studio. Trenta pazienti erano stati randomizzati a trattamento con metilprednisolone (n= 21) o con placebo (n=9).

Alla settimana 13, non è stata riscontrata alcuna differenza significativa nella variazione della densità capillare ungueale, con una media di -0,5 (IC95%_ 1,1 – 0,2). Inoltre, non sono state osservate differenze tra i gruppi per quanto riguarda gli outcome secondari, ad eccezione di una differenza nei disturbi gastrointestinali, su scala VAS, valutati dal questionario del tratto gastrointestinale, a favore del gruppo metilprednisolone.
Il 37% dei pazienti, 4 nel gruppo placebo e 7 nel gruppo metilprednisolone, ha sperimentato una progressione della malattia durante il follow-up di 1 anno, senza differenze tra i gruppi.

Un declino rilevante della funzione polmonare è stato osservato nel 23% dei pazienti, rispettivamente 2 nel gruppo placebo e 5 nel gruppo metilprednisolone.

Da ultimo, non sono stati segnalati eventi avversi (AE) gravi.

Riassumendo
Nel complesso, lo studio non è stato in grado di dimostrare un effetto benefico del metilprednisolone. Inoltre, dai risultati è anche emerso che una percentuale sostanziale di pazienti ha mostrato una progressione della malattia e che, grazie all’adattamento dei criteri VEDOSS, è possibile identificare i pazienti a rischio di progressione di malattia ad un anno.

A questo punto, sarebbero necessari nuovi studi che dovrebbero confermare, in primis, quanto osservato e focalizzarsi sull’impiego di altri trattamenti immunomodulanti in grado di prevenire la progressione di SSc.

Bibliografia
Kersten BE et al. Efficacy of methylprednisolone in very early systemic sclerosis: results of the “Hit hard and early’’ randomized controlled trial. Rheumatology 2024.
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