I farmaci impiegati contro l’osteoporosi, bisfosfonati in particolare, riducono in modo simile il rischio di fratture indipendentemente dall’età al di sopra e al di sotto dei 70 anni
I farmaci impiegati contro l’osteoporosi (OP) – bisfosfonati in particolare – riducono in modo simile il rischio di fratture indipendentemente dall’età (al di sopra e al di sotto dei 70 anni). Il loro impiego, inoltre, è risultato associato ad un incremento della densità minerale ossea (BMD) maggiore negli individui ultra70enni. Queste le conclusioni rassicuranti di uno studio recentemente pubblicato su JBMR che suffragano l’impiego di questi farmaci anche in età avanzata, a dispetto di risultati contrastanti provenienti da altri studi.
Razionale e disegno dello studio
“L’età avanzata rappresenta un fattore di rischio noto per le fratture da fragilità – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio -. Di conseguenza, una percentuale maggiore di persone anziane viene trattata per l’osteoporosi (OP) e, pertanto, è importante capire se l’età influenza il beneficio del trattamento”.
Tra i farmaci attualmente utilizzati per l’OP abbiamo gli agenti antiriassorbitivi [bisfosfonati (orali e parenterali), modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM), denosumab, trattamento ormonale sostitutivo (HRT)], i farmaci anabolizzanti [analoghi dell’ormone paratiroideo (PTH) e delle proteine correlate al PTH (teriparatide e abaloparatide)] e l’anticorpo inibitore della sclerostina, romosozumab, che aumenta la formazione ossea e diminuisce il riassorbimento.
Ad oggi, esistono risultati contrastanti sull’efficacia di questi farmaci nei pazienti in età avanzata e si ritiene comunemente che i farmaci contro l’OP siano meno efficaci negli adulti più anziani.
L’obiettivo del nuovo studio è stato quello di approfondire la questione, passando in rassegna i dati dei trial clinici randomizzati per verificare se l’efficacia anti-frattura dei trattamenti e i loro effetti sulla densità minerale ossea (BMD) differissero negli individui di età pari o superiore ai 70 anni rispetto a quelli di età inferiore ai 70 anni di età.
A tal scopo, i ricercatori hanno utilizzato i dati a livello di singolo paziente dei partecipanti a 23 trial clinici randomizzati sull’impiego di farmaco per l’OP, raccolti nell’ambito del progetto SABRE di FNIH-ASBMR, che sta utilizzando questi dati per proporre alla Fda l’impiego della variazione di BMD come endpoint surrogato di frattura nei trial sull’impiego di nuovi farmaci candidati per il trattamento dell’OP.
E’ stata valutata l’incidenza delle fratture seguenti:
– vertebrali radiografiche
– non vertebrali
– dell’anca
– tutte le fratture cliniche
– tutte le fratture (combinazione di fratture non vertebrali, vertebrali cliniche e vertebrali radiografiche)
Inoltre, i ricercatori hanno utilizzato il modello di regressione proporzionale di Cox per stimare l’effetto del trattamento per gli outcome delle fratture cliniche; quello di regressione logistica per gli outcome delle fratture vertebrali radiografiche e quello di regressione lineare per stimare l’effetto del trattamento sulla variazione a 24 mesi della BMD dell’anca e della colonna vertebrale in ciascun sottogruppo di età.
I partecipanti allo studio sono stati stratificati in due gruppi: pazienti di età <70 anni e pazienti con età ≥70 anni. E’ stata scelta questa soglia di età in quanto era quella che assicurava un numero simile di individui con incidenza di fratture di ogni tipo.
Risultati principali
L’analisi ha incluso 23 RCT [11 sull’impiego di bisfosfonati (5 con alendronato, 2 con ibandronato di cui uno per via endovenosa, 2 con risedronato e 2 con zoledronato), 1 sull’impiego di odanacatib, 3 sull’impiego di farmaci anabolizzanti (1 con PTH (1-84), 1 con abaloparatide, 1 con teriparatide), 1 con denosumab, 1 con romosozumab, 2 con terapia ormonale sostitutiva (HRT) e 4 con modulatori selettivi dei recettori estrogenici (SERM)].
Lo studio ha incluso i dati relativi ad un totale di 123.164 persone (99% donne), con il 43% di età ≥ 70 anni. In media, i partecipanti di età superiore ai 70 anni mostravano un BMI più basso e avevano maggiori probabilità di andare incontro fratture vertebrali e non vertebrali.
Dall’analisi dei dati è emerso che Il trattamento con farmaci anti-osteoporosi ha ridotto in modo simile e statisticamente significativo le fratture in entrambi i sottogruppi [es: OR = 0,47 e 0,51 per le fratture vertebrali nei soggetti di età inferiore e superiore ai 70 anni, interazione p = 0,19; HR per tutte le fratture: 0,72 vs 0,70, interazione p = 0,20)].
I risultati sono stati simili anche se limitati agli studi sui bisfosfonati, con l’eccezione della riduzione del rischio di frattura dell’anca, che è stata leggermente maggiore nei soggetti di età inferiore a 70 anni (HR = 0,44) rispetto a quelli di età ≥70 (HR = 0,79) (interazione p = 0,02).
L’assegnazione a farmaci anti-OP, infine, ha comportato un aumento significativamente maggiore della BMD dell’anca e della colonna vertebrale a 24 mesi nei soggetti >70 rispetto a quelli <70 anni.
Implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato, tra i punti di forza dello studio l’inclusione dei dati a livello di singolo paziente e l’armonizzazione delle varie definizioni di fratture utilizzate nei singoli trial, che ha permesso la creazione di un ampio database dettagliato di pazienti con OP sottoposti a diversi trattamenti.
Hanno ammesso, invece, di essere rimasti sorpresi dal fatto che i soggetti di età superiore ai 70 anni avessero sperimentato un incremento maggiore della BMD, mentre la riduzione delle fratture per tutti i trattamenti è risultata simile tra i gruppi in studio.
Nel tentativo di fornire spiegazioni di quanto osservato, i ricercatori hanno invocato l’esistenza di altri fattori che potrebbero influenzare l’efficacia antifratturativa in questa popolazione. “Ad esempio – spiegano – la forza della relazione tra BMD e il rischio di frattura diminuisce con l’età sia negli uomini che nelle donne. Inoltre, l’incidenza di cadute aumenta notevolmente con l’aumentare dell’età e potrebbe spiegare perché una maggiore BMD non abbia portato ad una maggiore riduzione delle fratture nella fascia di età più avanzata. Infine, un’altra spiegazione per i maggiori aumenti di BMD negli anziani potrebbe essere il più alto turnover osseo di base, anche se, ad oggi, tuttavia non abbiamo dati sufficienti per esaminarlo”.
Nel complesso, concludono i ricercatori, i risultati di questa analisi dimostrano che i farmaci contro l’OP, compresi I BSF, riducono in maniera simile il rischio di fratture negli individui di età inferiore e superiore ai 70 anni, suffragandone l’impiego nei pazienti in età più avanzata.
Ciò è di particolare rilevanza e potrebbe avere un impatto sul trattamento dei pazienti, andando contro un errato pregiudizio comune secondo il quale i farmaci sarebbero meno efficaci nelle persone più anziane.
Bibliografia
Schini M et al. Influence of age on the efficacy of pharmacologic treatments on fracture risk reduction and increases in BMD: RCT results from the FNIH-ASBMR-SABRE Project. JBMR 2024
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