Tumore dell’endometrio: la combinazione di lenvatinib con l’immunoterapia con l’anti-PD-1 pembrolizumab migliora la sopravvivenza globale
La combinazione di lenvatinib con l’immunoterapia con l’anti-PD-1 pembrolizumab migliora la sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla chemioterapia nella maggior parte delle pazienti con cancro dell’endometrio avanzato/recidivante. Lo dimostrano i risultati dello studio di fase 3 ENGOT-en9/LEAP-001 presentati al congresso annuale della Society of Gynecologic Oncology (SGO), a San Diego.
Nel sottogruppo di pazienti con sistema di riparazione dei mismatch integro (Proficient Mismatch Repair, pMMR), tuttavia, non sono stati soddisfatti i criteri prespecificati di differenza statisticamente significativa fra i due bracci di trattamento.
Nella popolazione all-comers, la PFS mediana è risultata di 12,5 mesi nel braccio trattato con lenvatinib più pembrolizumab contro 10,2 mesi nel braccio assegnato alla (HR 0,91; IC al 95% 0,76-1,09), mentre l’OS mediana è risultata rispettivamente di 37,7 mesi contro 32,1 mesi (HR 0,93; IC al 95% 0,77-1,12).
Nella popolazione dell’analisi prespecificata, tra le pazienti con pMMR la PFS mediana è risultata di 9,6 mesi nel braccio trattato con la combinazione lenvatinib più immunoterapia contro 10,2 mesi in quello sottoposto alla chemioterapia (HR 0,99; IC al 95% 0,82-1,21), mentre l’OS mediana è risultata rispettivamente di 30,9 mesi contro 29,4 mesi (HR 1,02; IC al 95%, 0,83-1,26).
Tra le pazienti con deficit del sistema di riparazione dei mismatch (dMMR), la PFS mediana è risultata di 31,8 mesi con lenvatinib più pembrolizumab contro 9 mesi con la chemioterapia (HR 0,61; IC al 95% 0,40- 0,92), mentre l’OS mediana non è stata raggiunta (NR) né con la combinazione né con la chemioterapia (HR 0,57; IC al 95% 0,36-0,91). Da notare che una percentuale maggiore di pazienti nel braccio assegnato al trattamento chemioterapico ha ricevuto una qualsiasi terapia successiva.
«Questi dati confermano che lenvatinib più pembrolizumab è una combinazione attiva per il tumore dell’endometrio e dovrebbe essere considerata un’importante opzione terapeutica anche per il tumore dell’endometrio avanzato con pMMR andato in progressione dopo una precedente terapia sistemica in qualsiasi setting», ha affermato durante la presentazione dei risultati l’autore principale dello studio, Christian Marth, direttore e professore del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia presso l’Università di Innsbruck.
Lo studio LEAP-001
Lo studio LEAP-001 (NCT03884101) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in aperto, che ha coinvolto 842 pazienti assegnate in modo casuale, secondo un rapporto di randomizzazione 1:1, al trattamento con lenvatinib alla dose di 20 mg per via orale una volta al giorno più pembrolizumab alla dose di 200 mg per via endovenosa ogni 3 settimane per un massimo di 35 cicli oppure paclitaxel alla dose di 175 mg/m2 per via endovenosa più carboplatino (AUC6) per via endovenosa ogni 3 settimane per un massimo di 7 cicli.
I due endpoint primari dello studio erano la PFS valutata in modo centralizzato da revisori indipendenti in cieco utilizzando i criteri RECIST v1.1 e l’OS. Gli endpoint secondari includevano, invece, il tasso di risposta obiettiva (ORR), la sicurezza e la qualità della vita correlata alla salute (HRQOL), mentre la durata della risposta (DOR) era un endpoint esplorativo.
Allo studio potevano partecipare donne affette da carcinoma dell’endometrio in stadio III, stadio IV o ricorrente, con malattia radiograficamente evidente. Ulteriori criteri di idoneità includevano un performance status ECOG pari a 0 o 1 e la disponibilità di tessuto tumorale per poter eseguire il test per valutare lo stato del sistema di riparazione dei mismatch. Inoltre, potevano essere arruolate pazienti che non avessero effettuato alcuna chemioterapia precedente tranne una linea precedente di chemioterapia contenente platino neoadiuvante o adiuvante se la recidiva si era verificata 6 o più mesi dopo l’ultima dose.
Le caratteristiche delle pazienti
La popolazione con pMMR comprendeva 320 pazienti nel braccio di lenvatinib/pembrolizumab e 322 nel braccio della chemioterapia, mentre quella con dMRR era costituita da 100 pazienti in ciascun braccio.
Nella popolazione all-comers, l’età mediana era di 63 anni nel braccio assegnato alla combinazione (range: 22-93) e 64 anni (range: 32-88) in quello trattato con la chemioterapia, e rispettivamente il 17,6% delle pazienti contro il 16,1% era stato sottoposto in precedenza alla chemioterapia e/o alla chemioradioterapia. Inoltre, la maggior parte delle pazienti presentava un’istologia endometrioide (rispettivamente 66,7% e 67,1%), che includeva le pazienti con carcinoma endometrioide di alto grado (33,1% e 30,1%) e quelle con carcinoma endometrioide di grado non elevato (33,6% e 37,0%).
Risultati nelle pazienti sottoposte a una precedente chemioterapia neoadiuvante o adiuvante
Nel sottogruppo di pazienti che avevano effettuato in precedenza una chemioterapia neoadiuvante o adiuvante, nella popolazione all-comers la PFS mediana è risultata di 15 mesi nel braccio trattato con lenvatinib più pembrolizumab contro 8,3 mesi nel braccio trattato con la chemioterapia (HR 0,52; IC al 95% 0,33-0,82), mentre il tasso di PFS a 12 mesi è risultato rispettivamente del 56,1% contro 25,1% e il tasso di PFS a 24 mesi rispettivamente del 31,8% contro 8,6%.
Inoltre, in questo sottogruppo nella popolazione all-comers, l’OS mediana è risultata rispettivamente di 34,2 mesi contro 22,1 mesi (HR 0,64; IC al 95% 0,40-1,03), mentre il tasso di OS a 12 mesi è risultato rispettivamente dell’84,1% contro 82,8% e quello di OS a 24 mesi rispettivamente del 66,7% contro 46,6%.
Tra le pazienti con pMMR che avevano effettuato una precedente chemioterapia neoadiuvante o adiuvante, la PFS mediana è risultata di 12,5 mesi con lenvatinib più pembrolizumab contro 8,3 mesi con la chemioterapia (HR 0,60; IC al 95% 0,37-0,97) mentre il tasso di PFS a 12 mesi è risultato rispettivamente del 51% contro 25,4% e quello di PFS a 24 mesi rispettivamente del 26,6% contro 8,5%.
Inoltre, in questo sottogruppo l’OS mediana è risultata rispettivamente di 34,2 mesi contro 21,1 mesi (HR 0,67; IC al 95% 0,41-1,11) ), mentre il tasso di OS a 12 mesi è risultato rispettivamente dell’81,1% contro 80,4% e quello di OS a 24 mesi rispettivamente del 62,3% contro 45,1%.
Tassi di risposta migliori con la combinazione
Nelle pazienti sottoposte in precedenza alla chemioterapia adiuvante o neoadiuvante, la combinazione di lenvatinib con l’immunoterapia ha migliorato anche gli ORR rispetto alla chemioterapia, a prescindere dallo stato del sistema di riparazione dei mismatch.
Nella popolazione all-comers l’ORR è risultato del 63,5% nel braccio sperimentale contro 43,1% nel braccio di confronto e la DOR mediana è risultata di 19,9 mesi (range: da 2,1+ a 35,4+) contro 8,3 mesi (range: da 2,2+ a 30,6+).
Nella popolazione con pMMR, l’ORR è risultato rispettivamente del 60,4% contro 43,1%, mentre la DOR mediana in questa popolazione è risultata di 16,6 mesi (range: da 2,1+ a 35,2+) contro 8,3 mesi (range: da 2,2+ a 30,6%).
Infine, tra i pazienti con dMMR l’ORR è risultato rispettivamente del 72% contro 58%, mentre la DOR mediana non è stata raggiunta nel braccio della combinazione (range: da 2,8 a 49,0+) ed è risultata di 11,7 mesi (range: da 2,1+ a 46,9+) in quello trattato con la chemioterapia.
Qualità della vita comparabile
Secondo quanto riferito da Marth, i risultati relativi all’HRQOL sono risultati generalmente comparabili tra i due bracci, anche se con la combinazione sperimentale si sono osservati miglioramenti nella neuropatia e nell’alopecia.
La durata mediana del trattamento è stata di 316,5 giorni (range: 1,0-1.568,0) con lenvatinib più pembrolizumab contro 126 giorni (range: 1,0-554,0) con la chemioterapia. Inoltre, il 99,5% e il 98,5% delle pazienti di ciascun rispettivo braccio hanno manifestato effetti avversi di qualsiasi grado, e rispettivamente il 97,9% e 96,8% hanno manifestato eventi avversi correlati al trattamento, il 71,7% e il 40,9% effetti avversi che hanno portato all’interruzione del trattamento, e il 47,4% e il 19,5% eventi avversi che hanno comportato l’interruzione del trattamento.
Gli eventi avversi correlati al trattamento di qualsiasi grado più comuni nel braccio trattato con lenvatinib più pembrolizumab sono stati ipertensione (62,6%), ipotiroidismo (59%) e diarrea (42,1%), mentre nel braccio della chemioterapia sono stati alopecia (52,6%), anemia (48,2%) e nausea (40,1%). Gli eventi avversi di qualsiasi grado di particolare interesse osservati nel braccio lenvatinib/pembrolizumab sembravano essere paragonabili a quelli riportati in precedenza a carico di pembrolizumab in monoterapia, al di là degli aumenti di incidenza dell’ipotiroidismo (62,6%), dell’ipertiroidismo (16,4%) e della colite (5,2%).
Bibliografia
C. Marth, et al. Lenvatinib plus pembrolizumab versus chemotherapy as first-line therapy for advanced or recurrent endometrial cancer: primary results of the phase 3 ENGOT-En9/LEAP-001 study. Presented at: Society of Gynecologic Oncology 2024 Annual Meeting for Women’s Cancer; March 16-18, 2024; San Diego, CA.