AIFA ha ammesso alla rimborsabilità loncastuximab tesirine, come monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B
L’AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco ha ammesso alla rimborsabilità loncastuximab tesirine, primo e unico coniugato anticorpo-farmaco mirato verso il CD19, come monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) e linfoma ad alto grado a cellule B (HGBL) recidivanti o refrattari, dopo due o più linee di terapia sistemica.
Nell’aprile 2021, l’FDA statunitense ha concesso l’approvazione accelerata a loncastuximab tesirine, come trattamento in monoterapia per pazienti adulti con DLBCL recidivato o refrattario dopo due o più linee di terapia sistemica e nel dicembre 2022 il farmaco ha ricevuto l’approvazione da parte dell’EMA per la medesima indicazione.
I linfomi sono un gruppo di tumori maligni del sangue caratterizzati da una crescita anomala dei linfociti (cellule del sistema immunitario che in condizioni normali ci proteggono da infezioni e tumori). Si distinguono due categorie: il linfoma di Hodgkin e il linfoma non Hodgkin.
Il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) è il tipo di linfoma non Hodgkin più frequente tra gli adulti. Si manifesta in forma aggressiva, caratterizzata da una rapida crescita dei linfociti B, e successivo accumulo nei linfonodi o in altri organi (fegato, milza, etc). L’incidenza a livello mondiale è di circa 150.000 persone, in Europa di 36.000 e in Italia, le stime parlano di 4.000 casi. Tra questi pazienti, circa il 40% è refrattario alle terapie o va incontro a recidiva, dopo aver mostrato una risposta completa. Il tasso di sopravvivenza globale a 5 anni per i pazienti è del 64%.
Il DLBCL generalmente si manifesta in persone con età superiore ai 60 anni, l’incidenza aumenta con il passare degli anni e l’età mediana alla diagnosi è compresa tra 64 e 74 anni.
“Il linfoma diffuso a grandi cellule è la forma più frequente di linfoma nei Paesi occidentali – ricorda Carmelo Carlo Stella, Professore Ordinario di Ematologia presso Humanitas University, che ha partecipato allo studio registrativo – Si tratta di un sottotipo di linfoma non-Hodgkin, ad elevata aggressività, che origina dai linfociti B presenti nei linfonodi, milza, midollo osseo e tanti altri organi. A causa della sua natura aggressiva la prognosi può essere infausta, in particolare nei pazienti molto pretrattati o con malattia refrattaria e recidivata, ovvero in quei pazienti in cui i trattamenti iniziali non dimostrano di funzionare in modo duraturo. Si tratta di una popolazione di pazienti con un grande bisogno clinico e terapeutico insoddisfatto, per le quali la disponibilità di nuove terapie può davvero fare la differenza, anche in termini di remissione completa di lunga durata”.
La terapia standard di prima linea è in grado di curare circa i 2/3 dei pazienti trattati. Dopo il fallimento della terapia in prima linea, per i pazienti in seconda linea, che non sono eleggibili al trapianto di cellule staminali autologhe a causa dell’età, delle co-morbilità o della chemio-refrattarietà e per tutti i pazienti oltre la seconda linea, l’approccio terapeutico è prevalentemente di tipo contenitivo.
L’approvazione si basa sui risultati positivi dello Studio registrativo di Fase II LOTIS-2, un trial internazionale a braccio singolo, che ha valutato loncastuximab tesirine in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con DLBCL recidivato o refrattario, dopo due o più linee precedenti di terapia sistemica. Lo studio ha arruolato 145 pazienti e ha dimostrato risposte rapide e durature, confermando i dati già osservati nel precedente studio LOTIS-1 su altri 139 pazienti con DLBCL recidivato o refrattario.
Nello studio LOTIS-2 sono stati inclusi pazienti con caratteristiche ad alto rischio come il linfoma ad alto grado a cellule B, refrattari alla terapia più recente, e soggetti che avevano ricevuto una precedente terapia cellulare con autotrapianto o CAR-T. I risultati hanno dimostrato che loncastuximab – somministrato come monoterapia, 1 volta ogni 21 giorni in regime ambulatoriale – ha indotto una risposta completa nel 24,8% (n=36/145) dei pazienti, e che il 48,3% (n=70/145) ha ottenuto una risposta completa o parziale. Tra coloro che hanno ottenuto una risposta completa, l’82,9% (IC 95%: 60.0-93.3) ha mantenuto la risposta a 12 mesi, e la durata mediana della risposta completa non è stata raggiunta. Il tempo mediano per ottenere una risposta completa è stato di soli 41 giorni (IC 95%: 38-44). Gli eventi avversi (EA) più comuni sono stati neutropenia (riduzione dei globuli bianchi [40%]), anemia (riduzione della conta dei globuli rossi [26%]), trombocitopenia (riduzione della conta piastrinica [33%]) e aumento dell’enzima γGT (gamma glutamil-transferasi [40%]).
“I risultati dello Studio LOTIS-2 hanno dimostrato un significativo beneficio clinico per i pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante e refrattario” – precisa Pier Luigi Zinzani, Presidente della Commissione attività formative della SIE e Professore ordinario di Ematologia all’Università di Bologna, che ha partecipato allo studio registrativo di loncastuximab tesirine e ha trattato già diversi pazienti nell’ambito dell’uso compassionevole attivo in Italia – “Per i pazienti affetti da linfoma DLBCL recidivato o refrattario, trattati con almeno due precedenti linee di terapia, l’indicazione di loncastuximab permetterà di avere una nuova opzione terapeutica, per la quale è possibile prevedere un beneficio clinico significativo, come provato dai risultati dello Studio globale di fase II LOTIS-2 in termini di remissione completa e di durata della risposta al trattamento. Si tratta, dunque, di un’opzione che si aggiunge al nostro armamentario terapeutico per questo tipo di linfoma che, grazie anche alla singola somministrazione eseguita a livello ambulatoriale, costituisce un programma estremamente vantaggioso anche dal punto di vista logistico”.
“L’esperienza maturata con lo sviluppo di loncastuximab nel trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B recidivato o refrattario dopo almeno due precedenti linee di terapia si è rivelata un’importante innovazione per tanti pazienti, anche in Italia e rappresenta il presupposto per il suo ulteriore sviluppo – oggi in corso – anche in fasi più precoci della malattia, con l’obiettivo di aumentare in modo significativo i benefici a lungo termine. Oggi, con questa indicazione, la prima in ambito onco-ematologico, siamo felici di poter ampliare il raggio di azione delle nostre terapie anche verso i pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante o refrattario, fornendo loro una speranza di esiti migliori”. conclude Carina Fiocchi, Direttore Medico Sobi Italia.
Lo Studio LOTIS-2
Lo Studio, multicentrico, di Fase II, ha arruolato pazienti di età pari o superiore a 18 anni affetti da DLBCL R/R dopo due o più terapie sistemiche e con malattia misurabile. I pazienti idonei hanno ricevuto loncastuximab tesirine per via endovenosa ogni 21 giorni, al dosaggio di 150 μg/kg per i primi due cicli, e successivamente al dosaggio di 75 μg/kg per un anno o fino a recidiva/progressione della malattia, o tossicità inaccettabile. L’endpoint primario era l’overall response rate (ORR) valutato mediante revisione centrale. L’attività antitumorale e le analisi di sicurezza sono state eseguite su tutti i pazienti che avevano ricevuto almeno una dose, quando tutti i pazienti avevano almeno sei mesi di follow-up dalla documentazione iniziale della risposta.
Informazioni sul DLBCL
Il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) è una malattia ematologica aggressiva, maligna e orfana, con un’incidenza in Europa di circa 8,8 casi per 100.000 adulti all’anno. Ben il 40% di tutti i pazienti affetti da DLBCL necessiterà almeno di un trattamento di seconda linea poiché la loro malattia è recidivante o refrattaria. Per questi pazienti, le opzioni terapeutiche efficaci sono limitate e rappresentano un bisogno clinico non soddisfatto.
Informazioni su loncastuximab tesirine
Loncastuximab tesirine è un coniugato anticorpo-farmaco (ADC) diretto verso il CD19. Una volta legato a una cellula che esprime il CD19, il farmaco viene internalizzato dalla cellula, dove gli enzimi rilasciano un carico di pirrolobenzodiazepine (PBD). Il potente carico utile si lega al solco minore del DNA con poche distorsioni, rimanendo meno visibile ai meccanismi di riparazione del DNA. Questo provoca l’arresto del ciclo cellulare e la morte delle cellule tumorali.