Il reportage “Sforo Olimpico”, di Claudia Di Pasquale con la collaborazione di Giulia Sabella apre “Report”, con Sigfrido Ranucci, stasera su Rai 3
Nel 2019 l’Italia con il tandem Milano-Cortina si è aggiudicata le Olimpiadi invernali del 2026, c’è riuscita presentando un dossier di candidatura che aveva alcuni punti saldi: Olimpiadi sostenibili sia da un punto di vista ambientale che economico, utilizzo di impianti sportivi già esistenti così da non costruire nuove cattedrali nel deserto, solo due nuove strutture permanenti, ma finanziate da investitori privati. Lo Stato in pratica non doveva spendere un soldo. Olimpiadi a costo zero s’era detto. A distanza di quasi cinque anni le cose sono un po’ cambiate. Lo racconta il reportage “Sforo Olimpico”, di Claudia Di Pasquale con la collaborazione di Giulia Sabella che apre “Report”, con Sigfrido Ranucci, in onda domenica 19 maggio alle 20.55 su Rai 3 e su RaiPlay. L’ultimo piano delle opere olimpiche, che risale al settembre 2023, prevede 3,6 miliardi di costi, finanziati per la maggior parte dallo Stato, e dentro non ci sono solo gli impianti sportivi, ma anche opere infrastrutturali, soprattutto strade. Saranno veramente sostenibili le Olimpiadi del 2026, per l’ambiente e per le nostre tasche?
A seguire “Tera Nostra” di Luca Chianca con la collaborazione di Alessia Marzi. A far scoppiare lo scandalo dei fondi della Lega è stato Giovanni Mari, un giornalista del Secolo XIX di Genova, che ai primi di gennaio del 2012 pubblica la notizia dei conti offshore del partito. Un’operazione da 1 milione di euro in corone norvegesi, circa 1,2 milioni in un fondo basato a Cipro e soprattutto i 4,5 milioni di euro in Tanzania. Tutto ruotava intorno alla figura del tesoriere della Lega Francesco Belsito che dopo quella vicenda viene cacciato dal partito e indagato dalla Procura di Milano e da quella di Genova per truffa aggravata ai danni dello Stato, poi prescritta, appropriazione indebita per la gestione dei fondi della Lega, costati al partito una confisca da 49 milioni. Soldi che nessuna Procura ha mai trovato. Dopo 7 anni da quelle indagini si scopre che Belsito e il figlio del Senatur, Renzo Bossi, hanno fatto ancora affari insieme. Una storia inedita che ha messo “Report” sulle tracce della “Tera Nostra”, una società aperta a Londra proprio da Bossi con un capitale sociale di 1,5 milioni di sterline e poi chiusa dopo poco tempo. Un viaggio tra imprenditori nel mondo dell’arte, visionari, fiduciari e cavalieri prima a Londra, poi a Malta, Lugano e infine a Bucarest, per capire se una parte dei 49 milioni di euro fosse stata distratta in conti offshore e società all’estero.