Amori immaginati sullo sfondo di una città che si sgretola, errori gelosamente custoditi, anime messe a nudo, vite sradicate che fioriscono altrove nell’album dei Coanda
Esce “LE VITE ALTROVE” (Etichetta e distribuzione digitale: AngappMusic) , il primo album di COANDA,(Marcello Colaninno, chitarra e voce, Toni Dedda, arrangiamenti e tastiere, coi i testi di Cosimo Lamanna) formazione pugliese che ha nel nome il suo manifesto stilistico. Coandà è, infatti, un noto effetto della fisica in base al quale i fluidi a contatto con una superficie curva tendono a seguirne il profilo; “così la musica – dicono – aderisce alla superficie della parola scritta, dando vita a una sintesi originale e interessante”.
“LE VITE ALTROVE” è il racconto delle vite della gente che si incontra, per caso o per destino, da qualche altra parte del mondo. “Perché per incontrarsi- spiegano- bisogna essere tutti altrove, per una comune esigenza o una straordinaria coincidenza”.
È quello che è successo tre anni fa a loro: ritrovatisi insieme a mettere in musica versi di poesie, parole scritte che improvvisamente trovavano voce, esistenze fuori luogo e fuori programma da raccontare.
LE VITE ALTROVE è la sintesi di questo fortunato incontro: nove brani che raccontano brevi frammenti di esistenze che vivono una contemporaneità fuori luogo. Sono storie di amori soltanto immaginati sullo sfondo di una città che si sgretola, errori gelosamente custoditi nell’alveare dei sentimenti, anime messe a nudo, vite sradicate che fioriscono altrove, pomeriggi di luce inaspettata su una strada provinciale, notti di messaggi affidati al vento, minuti inseguiti sul quadrante del tempo, sorrisi che per un attimo si aprono in un giorno di pioggia.
Le vite altrove sono pensieri e, talvolta, parole prese in prestito ai poeti e restituite con gli interessi della musica. I testi infatti sono ispirati a versi di Cosimo Lamanna, anima del collettivo, ma traggono anche suggestioni da testi della tarantina Mara Venuto e dell’argentina Marisa Martinez Persico. Le musiche sono composte ed eseguite da Toni Dedda (pianoforte, arrangiamenti e computer programming) e Marcello Colaninno (voce e chitarre).
Accanto a loro, il disco si avvale della collaborazione di musicisti che hanno messo al servizio del progetto la loro esperienza ma soprattutto la loro amicizia: Michele Errico alle chitarre, Paolo Romano al basso elettrico, Lele Diana alla batteria, Leo Gadaleta agli archi, Gaetano Partipilo al sax, Giuseppe Todisco alla tromba.
La copertina dell’album è opera della scultrice Ezia Mitolo.
TRACCIA DOPO TRACCIA (Guida all’ascolto)
1) La vita che volevi
Il brano era inizialmente un esercizio poetico alla maniera della celebre poesia If di Joseph Rudyard Kipling. È un invito, da padre a figlio, a cogliere il bello e il senso della vita soprattutto dal rapporto con gli altri, dalle storie che ognuno di noi incarna. Ma è anche un invito a prendersi cura delle proprie paure e dei propri lati bui, a saper riconoscere e stanare le nostre inutili ossessioni e le ipocrisie. Cercarsi nei propri silenzi, nelle vite degli altri per ritrovare il sogno della vita che si voleva vivere.
L’arpeggio delle strofe caratterizza l’anima più malinconica e oscura della canzone, mentre il ritmo energico dei ritornelli esprime la rinnovata fiducia nella possibilità di riprendere in mano la propria vita.
2) Immaginare un amore
E’ il singolo che ha anticipato l’album. Il brano prende vita da una poesia di Mara Venuto dedicata al dolore di Taranto e dei suoi abitanti, alla fine delle illusioni, al conflitto con una terra che tradisce i sogni. Il destino appare ineluttabile, la città è metafora di un amore sofferto e del bisogno di trasformazione per non lasciarsi vincere dal disincanto e dalla rassegnazione.
L’arrangiamento essenziale, basato su un arpeggio di pianoforte appena “sporcato” da suoni elettronici, sottolinea liricamente il testo, fino alla tensione della parte centrale movimentata dall’ingresso degli archi per poi di nuovo attenuarsi nella coda finale.
L’uscita dal singolo è stata accompagnata da un videoclip di animazione realizzato dal fumettista tarantino Leocifero su sceneggiatura del giornalista Stefano Maria Bianchi.
IL VIDEO: https://youtu.be/gORhj_bcncE
3) Miele da accudire
Il testo è contenuto, insieme a £Dalla tua notte alla mia”, nella raccolta Canzoni controfuoco di Lamanna, ed è tra le prime composizioni ad essere musicata dal gruppo. Il brano canta l’essenza che ognuno di noi custodisce in sé, la complessa architettura dei tratti che ne costituiscono il carattere, il vissuto personale. Un piccolo scrigno di felicità, dolori, fallimenti, amori, debolezze, bellezza e miserie, che ognuno coltiva, tracciando il solco di una nuova fioritura sulle proprie ferite.
Il brano è caratterizzato da un arpeggio evocativo, che scandisce l’inizio, è ripreso con una variazione tonale nel mezzo del brano e ritorna poi nel congedo finale.
4) Quando ridi
È dedicata al sorriso di una donna, al suo fascino ma anche al suo segreto. Un sorriso che apre uno spiraglio di luce in un mattino annuvolato, che riscalda dal freddo in un giorno di pioggia, che svela l’enigma di inafferrabili malinconie nascoste. Quando ridi è una canzone che ci sorprende alle spalle, quando rientriamo a casa tardi e richiudiamo dietro la porta di casa il suono confuso che viene dall’esterno.
La canzone si snoda lungo un arpeggio ostinato, che si mescola ai rumori del traffico e dei pensieri, per poi spegnersi lentamente nella coda finale.
5) Canzone nuda
È la canzone che mette a nudo le paure, le incertezze di chi ha perso la sua direzione, e non riesce più a resistere alle raffiche controvento delle inquietudini e delle incomprensioni. Mentre il mondo sembra rallentare e la vita è come paralizzata, anche le parole per descriversi e raccontarsi vengono a mancare. Ma una voce amica invita a riprendere le giuste distanze dalle cose, a dare il giusto peso alla gravità del mondo, a lasciar scorrere le inquietudini per rivendicare il nostro diritto alla felicità: così si intravedono le luci di un porto ancora lontano, dove le insicurezze troveranno un approdo sicuro.
Il crescendo ritmico del brano sottolinea questa tensione, che si libera nell’ariosa orchestrazione di archi finale, arrangiata da Leo Gadaleta.
6) Talea
Nasce da una poesia di Mara Venuto sulla nostalgia dell’esilio, sulla separazione dai luoghi familiari e la nascita di una nuova identità. Come la talea è un frammento della pianta che dà origine a un nuovo esemplare, così dal distacco da un luogo, da un amore o un sogno, può generarsi una nuova vita.
Il brano si sviluppa su un arpeggio di chitarra classica, che conduce all’ariosa apertura dei ritornelli trascinati dalle ritmiche della chitarra acustica.
7) Le vite altrove
La title track del disco è nata dopo un incontro quasi causale di amici poeti e musicisti, ritrovatisi insieme a parlare di versi scritti e parole cantate; così anche i suoni delle parole e le armonie musicali si sono ritrovate, recuperando il legame, complesso e antico, tra musica e poesia. Il testo racconta esistenze dispari, suoni, parole appena accennate in una via di una città, al ritorno a casa di sera. Sono le vite della gente che si incontra, per caso o per destino, da qualche altra parte del mondo. Perché per incontrarsi bisogna essere tutti altrove, per una comune esigenza o una straordinaria coincidenza.
La musica si origina da un rumore di fondo iniziale, che sottolinea la difficoltà a stabilire contatti e rapporti, si apre con un arpeggio di chitarra classica sostenuto dagli archi, si conclude con una coda nella quale anche la voce della poetessa argentina Marisa Martinez Persico, che legge una strofa del suo componimento “INVÁLIDA EN EL DESIERTO DE MI DESEO DE VOS”, diviene uno strumento musicale.
8) Incabloc
Il titolo fa riferimento al sistema di protezione degli orologi da polso, il meccanismo che ne protegge i delicatissimi ingranaggi. È la storia di un uomo innamorato che riflette dolorosamente sulla volatilità del tempo, sulla sua ostinazione a contare i minuti e a fissare lo scorrere inesorabile degli istanti di una storia, mentre la sua donna vive un tempo più inconsapevole, ma forse più libero dalle trappole e dagli ingranaggi.
Il brano presenta una progressione molto suggestiva di accordi di pianoforte e si apre nel ritornello con una ritmica più sostenuta.
9) Dalla tua notte alla mia
Il testo è contenuto nella raccolta poetica di Lamanna “Canzoni controfuoco”, pubblicata subito dopo la pandemia. È una delle prime canzoni composte per il disco, scaturita dalla forte esigenza di voltare pagina e ritrovare un contatto autentico con le cose e le persone. Mentre il mondo appare quasi sospeso nel silenzio della notte, nella solitudine immobile dei bicchieri capovolti, in attesa di una ragione per potersi di nuovo raccontare, un messaggio è affidato a un filo di vento, per stabilire un contatto possibile. Così lo stesso verso si ripete a inizio di ogni strofa, prima “dalla mia notte alla tua” e poi “dalla tua notte alla mia”, come un messaggio segreto di andata e ritorno. Dalla tua notte alla mia è una canzone di andata e ritorno, una ninna nanna per restare svegli, a vegliare sul sonno della persona amata, mentre si immagina una nuova primavera e le parole accartocciate sono riprese dal destino come appunti di futuro.
Il ritmo sostenuto dalla progressione cromatica degli archi invita a cullarsi, ad abbandonarsi al silenzio della notte; ma il sussulto del tempo dispari ci invita a restare vigili, fino al crescendo finale del solo del sax di Gaetano Partipilo.