Mesotelioma pleurico non epitelioide: l’innovativa cura basata sulla deplezione di arginina indotta da un nuovo composto più chemioterapia ha esteso la sopravvivenza
In pazienti con mesotelioma pleurico non epitelioide l’innovativa strategia di trattamento basata sulla deplezione di arginina indotta da un nuovo composto (la arginina deiminasi pegilata o “pegargiminasi”) più chemioterapia ha esteso la sopravvivenza rispetto alla sola chemioterapia con un profilo di sicurezza favorevole.
Lo evidenziano i risultati dello studio ATOMIC-Meso (ADI-PEG20 Targeting of Malignancies Induces Cytotoxicity-Mesothelioma), condotto da Peter W. Szlosarek e colleghi del Center for Cancer Biomarkers and Biotherapeutics, Barts Cancer Institute, Queen Mary University of London, Londra e pubblicata su Jama Oncology.
Per l’endpoint primario dello studio, la sopravvivenza globale mediana (OS) ha raggiunto 9,3 mesi con l’aggiunta di pegargiminasi (indicata dalla sigla ADI-PEG20) alla chemioterapia standard (pemetrexed e cisplatino) rispetto a 7,7 mesi con il placebo alla chemioterapia standard (HR 0,71, IC al 95%: 0,55-0,93; P=0,02). Anche la sopravvivenza libera da progressione (PFS) è migliorata quando l’agente first-in-class è stato aggiunto al regime chemioterapico standard (6,2 vs 5,6 mesi con placebo; HR 0,65, IC al 95%: 0,46-0,90; P=0,02).
Il razionale biologico
«I tumori con perdita di argininosuccinato sintetasi 1 (ASS1), un soppressore tumorale e un enzima del ciclo dell’urea, dipendono in modo critico dall’arginina per la sopravvivenza e sono intrinsecamente sensibili alle strategie di deprivazione degli aminoacidi», spiega Szlosarek.
«La pegargiminasi degrada l’arginina in citrullina e ammoniaca e innesca la citotossicità in più tumori silenziati con ASS1 a livello preclinico, con evidenza di attività di un singolo agente in clinica».
I dati di fase I hanno mostrato che la pegargiminasi in combinazione con la chemioterapia era associata ad un buon profilo di sicurezza e ad un alto tasso di controllo della malattia nei tumori toracici con deficit di ASS1, e anche che il tasso di deficit tumorale di ASS1 era tre volte più alto nel mesotelioma non epitelioide rispetto a quello epitelioide (60% contro 20%).
Szlosarek e colleghi hanno quindi voluto verificare in un trial randomizzato se la combinazione pegargiminasi più chemioterapia offrisse un vantaggio clinico rispetto al solo regime chemioterapico in pazienti con mesotelioma pleurico non epitelioide.
Caratteristiche dello studio ATOMIC-Meso
Lo studio di fase 2-3 ATOMIC-Meso ha randomizzato 249 pazienti affetti da mesotelioma pleurico non epitelioide in rapporto 1:1 a pemeterxed e cisplatino più pegargiminasi settimanale o placebo in 43 centri in tutto il mondo. Pegargiminasi è stata somministrata alla dose di 36,8 mg/m2 per via intramuscolare fino alla progressione della malattia o alla tossicità inaccettabile, per un massimo di 24 mesi.
Per essere idonei allo studio, i pazienti dovevano avere una storia documentata di malattia non resecabile ed essere naive al trattamento, avere un buon performance status, una funzione organica adeguata e una sopravvivenza prevista di almeno 3 mesi.
L’età media dei partecipanti era di 69 anni, l’83% erano uomini e il 93% erano bianchi. La maggior parte dei pazienti è stata arruolata in Europa (70%), con il 21% proveniente dal Nord America. Nel complesso, il 17% aveva una malattia in stadio I, l’11% aveva una malattia in stadio II, il 29% aveva una malattia in stadio III e il 23% aveva una malattia in stadio IV, mentre il resto era sconosciuto. Un precedente intervento chirurgico è stato registrato nel 15% e una radioterapia nel 5%.
I tassi di risposta complessivi tra i bracci dello studio e quelli del placebo erano simili (circa il 14% in ciascuno).
In termini di sicurezza, il gruppo trattato con pegargiminasi ha avuto un tasso più elevato di eventi avversi di grado 3/4 (28,8% contro 16,9% nel gruppo placebo). Ipersensibilità al farmaco e reazioni cutanee sono state osservate rispettivamente nel 2,4% e nell’1,6% dei pazienti nel gruppo pegargiminasi, ma in nessuno dei pazienti trattati con placebo.
Limiti dello studio e conclusioni degli autori
Deve essere rimarcato che il trattamento standard per il mesotelioma pleurico non epitelioide è cambiato rispetto a quello in vigore al momento dell’avvio del trial ATOMIC-Meso, lanciato nel 2017. Infatti, in base ai risultati dello studio CheckMate 743, la terapia combinata con ipilimumab e nivolumab è ora considerata il trattamento iniziale di prima scelta del mesotelioma pleurico maligno; in particolare, nel sottogruppo con mesotelioma pleurico non epitelioide, è stato osservato nel CheckMate 743 un importante miglioramento dell’OS con l’immunoterapia rispetto alla chemioterapia (18,1 vs 8,8 mesi, rispettivamente).
«Dato il miglioramento più modesto dell’OS osservato nel nostro studio rispetto alla doppietta immunoterapica, pegargiminasi più chemioterapia non può essere considerato come approccio di prima linea per la maggior parte dei pazienti», sottolineano gli autori. «Ciononostante, pegargiminasi rappresenta un progresso chemioterapico per i pazienti con malattia non epitelioide essenzialmente refrattaria alla chemioterapia. Pertanto, l’impiego di pegargiminasi potrebbe essere previsto in seconda linea insieme al platino-pemeterxed e potrebbe invece essere una scelta iniziale per i pazienti con malattia autoimmune attiva», concludono gli autori.
Fonte
Szlosarek PW, Creelan BC Sarkodie T et al. Pegargiminase Plus First-Line Chemotherapy in Patients With Nonepithelioid Pleural Mesothelioma. The ATOMIC-Meso Randomized Clinical Trial
JAMA Oncol. doi:10.1001/jamaoncol.2023.6789 Published online February 15, 2024. LINK