Studio conferma la teoria per cui, in situazioni di minacce collettive – come quella della pandemia da Covid-19 – le norme sociali tendono a essere più rigide
La pandemia da Covid-19 ha imposto un cambiamento nei comportamenti sociali all’interno dei vari Paesi, dove i governi nazionali hanno intrapreso strategie di contenimento del virus talvolta molto diverse tra loro.
Uno studio coordinato da Giulia Andrighetto dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr di Roma (Cnr-Istc) e da Aron Szekely del Collegio Carlo Alberto di Torino ha analizzato i comportamenti di un campione di oltre 30.000 persone in 43 Paesi, mettendo a confronto i dati relativi alla situazione pre-pandemica con quelli della prima fase dell’infezione (marzo-giugno 2020). I risultati sono pubblicati su Nature Communications: ne emerge la conferma della teoria per cui, in situazioni di minacce collettive – come quella della pandemia da Covid-19 – le norme sociali tendono a essere più rigide.
“Lo studio ha inteso verificare se ci sia stato un cambiamento nella percezione delle norme sociali nel momento in cui ci si è trovati ad affrontare un’emergenza sanitaria a livello globale. Quanto è emerso ha messo in evidenza come l’irrigidimento, in un contesto complesso determinato dal diffondersi del virus nei primi mesi del contagio, ha riguardato in particolare le norme che avevano a che fare con il rischio specifico, come quelle relative all’igiene delle mani. Molto probabilmente questo è avvenuto perché tali regole sono state percepite come necessarie per contrastare il diffondersi del virus. Per quanto riguarda le altre tipologie di regole tacite, nella fase iniziale della pandemia, sono rimaste abbastanza stabili”, spiega Giulia Andrighetto, ricercatrice del Cnr-Istc e autrice della ricerca.
La ricerca è stata realizzata attraverso una collaborazione tra più di 40 istituzioni, tra cui l’Università di Stanford (USA), Trinity College (Irlanda), l’Università di Ashoka (India), la Pontificia Universidad Católica del Perú, l’Università di Osaka Metropolitan (Giappone), l’Università di Guangzhou (China), l’Università della Nigeria, e l’Università di Melbourne (Australia).
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