Lettere, interviste, documenti, testimonianze a cura di Giovanni Sessa, Andrea Scarabelli e Luca Siniscalco con un saggio introduttivo di Joscelyn Godwin
Una raccolta eterogenea di documenti rari o inediti, molti dei quali provenienti dagli
archivi della Fondazione J. Evola, che integrano ciò che si sa della sua “biografia
spirituale”: numerosi carteggi con personalità del Novecento, interviste dimenticate,
saggi, lettere dedicate all’arte, bozzetti pubblicati per la prima volta, voci “magiche”
bocciate dall’Enciclopedia Treccani, il “manifesto ideale” della rubrica Diorama
Filosofico, due capitoli di Rivolta contro il mondo moderno espunti dall’autore nel
corso degli anni, un racconto erotico, forse destinato a Playmen, e molto altro
ancora.
Julius Evola (19 maggio 1898 – 11 giugno 1974) è stato filosofo, pittore, poeta e scrittore, esoterista e il principale esponente del dadaismo italiano.
Nasce a Roma da famiglia siciliana di nobili origini. Si forma sulle opere di Nietzsche, Michelstaedter, Weininger e partecipa alla prima guerra mondiale come ufficiale di artiglieria.
L’esperienza artistica lo avvicina a Papini e a Marinetti, a Balla e a Bragaglia, ma è l’incontro epistolare con Tzara che lo impone come principale esponente di Dada in Italia: dipinge ed espone i suoi quadri a Roma e a Berlino, collabora alle riviste Bleu e Noi, elabora testi teorici (Arte astratta, 1920, definito da M. Cacciari “uno degli scritti filosoficamente pregnanti delle avanguardie europee”), scrive poemi e poesie (La parole obscure du paysage intérieur, 1921).
Si iscrive alla facoltà di Ingegneria ma giunto alle soglie della laurea rinuncia per disprezzo dei titoli accademici.
Il dadaismo – di cui oggi viene considerato il maggior esponente italiano – è però solo un primo passo per “andare oltre”: completa un suo ampio lavoro filosofico iniziato nelle trincee del Carso, che intende presentarsi come un superamento dell’idealismo classico e lo fa precedere da una raccolta di scritti (Saggi sull’idealismo magico, 1925; Teoria dell’Individuo assoluto, 1927; Fenomenologia dell’Individuo assoluto, 1930).
Attira l’attenzione di Croce, Tilgher e Calogero. Contemporaneamente scopre le dottrine di realizzazione estremo-orientali, cura una versione italiana del Tao-tê-ching (Il Libro della Via e della Virtù, 1923) e pubblica la prima opera italiana sui Tantra (L’uomo come potenza, 1926), seguita da un libro molto polemico sui rapporti tra fascismo e cristianesimo (Imperialismo pagano, 1928).
Diviso tra l’elevazione spirituale dell’Io e gli interventi nella vita culturale del tempo, collabora (1924-6) a Ignis, Atanòr, Bilychnis ma anche a Il Mondo e Lo Stato democratico, e pubblica i quaderni mensili di Ur (1927-8) e Krur (1929), dove scrivono Reghini, Colazza, Parise, Onofri, Comi, Servadio; poi il quindicinale La Torre (1930), chiuso d’autorità per le sue interpretazioni troppo eterodosse del fascismo.
Continua la sua indagine sulle forme di realizzazione interiore e si interessa quindi di alchimia (La tradizione ermetica, 1931), di neo-spiritualismo (Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, 1932), di leggende cavalleresche ed esoteriche (Il mistero del Graal, 1937), intese come vie iniziatiche occidentali.
Alla base della sua Weltanschauung antimoderna, antimaterialista, antiprogressista – che gli faceva criticare sia bolscevismo che americanismo, considerati due facce della stessa medaglia nel profetico saggio omonimo apparso sulla Nuova Antologia (1929) – c’è Rivolta contro il mondo moderno (1934), la sua opera più importante e famosa, ampio panorama della civiltà tradizionale contrapposta alla civilizzazione contemporanea.
“Dopo averlo letto ci si sente trasformati” scrisse Gottfried Benn, che ne rivide anche la traduzione tedesca (1935).
Cerca d’introdurre queste tematiche nel dibattito di quegli anni curando la pagina Diorama filosofico (1934-1943) del quotidiano Il Regime Fascista di Cremona, che ospitò tutte le migliori firme degli intellettuali conservatori dell’epoca.
Sviluppa anche contatti personali con questi ambienti tenendo molte conferenze, soprattutto in Germania, e viaggiando nella Mitteleuropa (Vienna, Praga, Bucarest, Budapest).
Fa conoscere in Italia autori come Spengler, Guénon, Meyrink, Bachofen.
Fra il 1933 e il 1943 s’interessa – ben prima che l’argomento diventasse d’attualità – allo studio e all’esame dei problemi delle razze, “respingendo ogni teorizzazione del razzismo in chiave esclusivamente biologica” (R. De Felice); e scrive: Tre aspetti del problema ebraico (1936), Il mito del sangue (1937), Indirizzi per una educazione razziale (1941), che suscita l’interesse di Mussolini il quale lo convoca a Palazzo Venezia nel settembre di quell’anno: “È il libro che ci occorreva”, gli disse.
In piena guerra, quasi l’indicazione di una via da seguire, pubblica un saggio sull’ascesi
buddhista: La dottrina del risveglio (1943). Dopo l’8 settembre raggiunge fortunosamente la Germania
ed è presente all’arrivo di Mussolini al Quartier Generale di Hitler. Ritorna quindi in Italia e lascia
definitivamente Roma quando gli americani entrano nella capitale (4 giugno 1944).
Nel 1945, a Vienna, poco prima dell’ingresso dei sovietici, si trova coinvolto in un bombardamento e, in seguito ad una lesione al midollo spinale, subisce una paresi permanente agli arti inferiori.
Rientra in Italia nel 1948 ed è ricoverato a Bologna, quindi soggiornerà fra la città petroniana e la capitale, sino a stabilirsi definitivamente nella sua abitazione romana dalla fine del 1951. Ma non rimase inattivo, perché tra un ospedale e un altro rivede il giovanile L’uomo come potenza, già riscritto negli Anni Trenta, che diventa Lo Yoga della potenza (1949), rielabora ed adatta i testi apparsi in Ur e Krur nei tre volumi di Introduzione alla Magia quale Scienza dell’Io (1955-6), rivede anche Teoria dell’Individuo assoluto (che in questa forma uscirà solo nel 1973) e riprende le collaborazioni giornalistiche che gli procureranno anche una avventura giudiziaria da cui uscirà completamente scagionato (il cosiddetto “processo dei FAR”, 1950-1).
L’opuscolo Orientamenti (1950) contiene in nuce tutte le posizioni poi sviluppate in tre libri successivi, dove sono esposte le sue idee per vivere nel mondo del post 1945 che sempre più Evola vede come espressione dell’età ultima, il Kali-yuga, l’èra oscura: quelle sulla politica in Gli uomini e le rovine (1953), sull’erotismo in Metafisica del sesso (1958) e sugli orientamenti esistenziali in Cavalcare la tigre (1961).
Nel 1963 viene riscoperto come dadaista: Enrico Crispolti organizza una mostra dei suoi quadri alla Galleria “La Medusa” di Roma. Seguono un’autobiografia attraverso i suoi libri (Il cammino del cinabro, 1963), un saggio d’interpretazione storico-ideologica (Il fascismo, 1964), due volumi miscellanei (L’arco e la clava, 1968; Ricognizioni, 1974), la raccolta di tutte le sue poesie (Raâga Blanda, 1969).
Fonda e dirige per le Edizioni Mediterranee dal 1968 al 1974 – anno della sua scomparsa – la collana Orizzonti dello Spirito, nella quale inserisce opere e autori dei più ampi e diversi orientamenti spirituali e tradizionali.
L’ultima fase della vita vede Julius Evola nella insospettata veste di un anti-Marcuse: il nascere della “contestazione” anche in Italia (1968) fa riscoprire il suo pensiero non solo a “destra” ma anche a “sinistra”, talché nel periodo 1968-1973 una dozzina di suoi libri vengono ristampati una o anche due volte, mentre suoi interventi sono richiesti da varie riviste.
Pochi mesi prima della morte detta lo statuto della Fondazione che porta il suo nome.
Dopo la sua scomparsa sono state pubblicate numerose scelte antologiche – a tema e non – di suoi articoli e saggi.
Quadri e disegni di Julius Evola sono presso musei e collezioni private (Paesaggio interiore ore 10.30 è alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma). I suoi saggi e i suoi libri sono stati tradotti e pubblicati in Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Svizzera, Gran Bretagna, Russia, Stati Uniti, Messico, Canada, Romania, Argentina, Brasile, Ungheria, Polonia, Turchia.