Andrea Favero, accusato della morte di Giada Zanola gettata da un cavalcavia, le aveva mandato un messaggio al mattino, quando lei era già morta
Avrebbero dovuto sposarsi il 21 settembre, avevano scelto il posto, ordinato gli anelli e i vestiti e preparato tutto. Ma poi, visto che da tempo non facevano altro che litigare e vivevano da separati in casa, lei aveva deciso di annullare le nozze. E pare che si fosse invaghita di un altro, che lavorava in un distributore di benzina dove anche lei sarebbe dovuta andare a lavorare a breve. Sono alcuni degli elementi che, nell’ultimo periodo, avrebbero contribuito a far crescere la rabbia in Andrea Favero, il camionista di 39 anni che due giorni fa avrebbe ucciso la compagna, Giada Zanola, buttandola giù dal cavalcavia a Vigonza e facendole fare un volo di 15 metri. Non è ancora chiaro se la donna sia stata uccisa prima del volo, in qualche modo, oppure se sia morta straziata dalle automobili e in particolare da un Tir che non è riuscita ad evitare il corpo: oggi l’autopsia cercherà di chiarirlo.
LITIGI CONTINUI E ANCHE VIOLENZA
Stando alle testimonianze raccolte dai Carabinieri dopo la tragica fine della ragazza, diverse amiche sapevano che Andrea era diventato violento nell’ultimo periodo. La aveva afferrata per il collo e le aveva provocato lividi in diverse occasioni. Alcuni testimoni hanno detto di aver ricevuto da lei fotografie che provavano i maltrattamenti. Anche i vicini di casa hanno confermato i litigi continui, per motivi economici o per questioni legate al bambino. Lei minacciava spesso di portarlo via e Andrea Favero, nella lacunosa e per nulla chiara ricostruzione che ha fatto della sera in cui poi Giada è morta, ha detto che lei “continuava a offenderlo e a ricattarlo” dicendo che “avrebbe portato mio figlio”.
I MESSAGGI FINTI E IL TENTATIVO DI DEPISTAGGIO
Come ricostruisce il Corriere della Sera, lo snodo che ha fatto capire agli inquirenti che Favero era colpevole è il fatto che lui fosse insieme alla donna al cavalcavia, alle 3,.30 di notte, ma che poi sia tornato a casa (dove i Carabinieri l’hanno trovato alle 7.30) lasciandola là. Lui ha sostenuto che lei si sia suicidata, ma ha anche detto di non ricordare nulla di quando lei sia caduta e di avere “un vuoto”. Tra questi racconti contraddittori e i lividi trovati sulle sue braccia (probabilmente per la colluttazione avuta con la donna), i Carabinieri si sono resi conto che l’uomo nascondeva qualcosa e hanno deciso di procedere con il fermo di indiziato di delitto per omicidio aggravato. L’uomo, poi, avrebbe anche cercato di costruirsi un alibi e depistare le indagini, mandando messaggi finti sia a Giada (“Sei andata al lavoro? Non ci hai nemmeno salutato“) sia ad un’amica di lei, fingendo di non sapere nulla di cosa le fosse successo e dicendo che gli risultava fosse al lavoro. Una messinscena fatta proprio per discolparsi e allontanare da lui i sospetti.