Obesità: il futuro della cura è anche negli integratori


Per aiutare il paziente nel suo impegno a perdere peso si stanno mettendo a punto in questi ultimi anni numerosi interventi: dai farmaci attivi sul pancreas agli integratori alimentari

Perdere il 15% del peso corporeo dovrebbe essere un obiettivo terapeutico primario per la maggior parte delle persone che soffrono di diabete di tipo 2

Uno dei più frequenti e più gravi mali del secolo, l’obesità. Ne soffre oltre il 50% degli adulti in Europa, con picchi negli over 60 e un trend purtroppo ancora in crescita. Altissime le percentuali anche nei bambini e negli adolescenti di tutto il mondo.

Taglia XXL? Prova bikini in fumo? Non è questo il problema. Sovrappeso e obesità accrescono in modo esponenziale il rischio di malattie croniche: dalle patologie cardiovascolari al diabete di tipo 2, ipertensione, e addirittura cancro. Senza contare le ricadute psicologiche, prime fra tutte la depressione.

Non solo donne, uomini e bambini. A soffrirne sono anche i “nuovi bambini” a quattro zampe, entrati a far parte a tutti gli effetti delle nostre famiglie. Stime mondiali riferiscono che circa la metà dei nostri cani e gatti soffrono di sovrappeso o obesità: un pesante esercito di circa 10 milioni, per restare solo in Italia!

Nel congresso dell’Associazione Europea per lo Studio dell’Obesità (EASO) si è parlato delle più avanzate tendenze su questo delicato tema.  

Vanno dalla scoperta dei legami con l’immunità e l’infiammazione, al coinvolgimento di organi come il fegato e il sistema nervoso, alle ricadute su muscoli, ossa e articolazioni. Uno spazio a parte per trattare i disturbi del comportamento alimentare. Numerosi momenti per confrontarsi tra esperti sulle nuove terapie, quelle per agire precocemente sui fattori di rischio, e quelle per intervenire su situazioni ormai conclamate.

Se, infatti, la terapia d’eccellenza è fatta da una combinazione di dieta ed esercizio fisico, il miracolo non sempre avviene; anche quando il paziente è sufficientemente compliante, il cammino è lungo e il risultato non sempre duraturo.

Per aiutare il paziente nel suo impegno a perdere peso si stanno mettendo a punto in questi ultimi anni numerosi interventi: dai farmaci attivi sul pancreas (come gli agonisti del recettore GLP-1) agli integratori alimentari.

Due novità vengono dall’olio di oliva, entrambe frutto della ricerca scientifica italiana. Gli studi – presentati   al Congresso Europeo sull’Obesità in corso al Lido di Venezia – riguardano composti naturalmente presenti nell’olio extravergine di oliva (EVO).

Entrambi vengono dal Dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli. Il primo ha messo in luce l’effetto benefico di un composto antiossidante dell’olio di oliva (l’idrossitirosolo) nell’epatopatia cronica associata all’obesità. A fare effetto non è l’idrossitirosolo da solo, ma l’associazione con PEARUT, una composizione brevettata di PEA, una sostanza lipidica del nostro organismo, e Rutina, un altro potente antiossidante di origine vegetale. Questo trio protegge dallo sviluppo di steatosi epatica indotta da una dieta grassa ed esercita un effetto sinergico contro i temibili radicali liberi dell’ossigeno. La Professoressa Rosaria Meli, coordinatore del gruppo di ricerca spiega che “si tratta di conferme importanti per un nutraceutico già disponibile, soprattutto perché ne sostiene la capacità di contrastare non solo i danni a carico del fegato, ma anche l’infiammazione a livello dei nervi, la neuroinfiammazione, che sostiene la neuropatia periferica in pazienti con Diabete e Sindrome Metabolica”

Il Dottor Claudio Pirozzi, del medesimo gruppo di ricerca, parla del secondo studio. “In questo caso –  spiega – abbiamo usato una miscela di sostanze derivate dall’olio extravergine di oliva e nota come Olaliamid. La scoperta è che questa miscela riduce l’infiammazione metabolica legata all’obesità e riprogramma le cellule del tessuto adiposo. In particolare le trasforma da serbatoio di accumulo di grassi a centrali che bruciano energia. Viene così stimolata non solo la perdita di peso, ma anche la riduzione dell’infiammazione legata all’obesità e dei danni ad essa secondari”.